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27/04/25
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Paul Chain Violet Theatre - Opera 4TH
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07/05/2022
( 1018 letture )
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Opera 4th, edita dalla Minotauro Records nel 1987 è l’ultima pubblicazione a nome Paul Chain Violet Theatre e segna uno spartiacque nella carriera artistica del musicista pesarese. Il progetto, nato come contenitore per poter esprimere liberamente la propria indole e ispirazione, ha già regalato pagine importanti al metal italiano in quegli anni, ma l’insoddisfazione e l’inquietudine, perenni motori di tutta la variegata carriera di Paolo Catena, in arte Paul Chain, lo spingono a sondare nuove strade e nuovi territori, lontani dai modi più canonici di fare musica. Una tensione artistica che non conosce tregua e che diviene il propellente di una ricerca musicale e ideologica che prosegue tutt’ora imperterrita e insaziabile. Non è dunque un caso che la quarta pubblicazione dei Paul Chain Violet Theatre, Opera 4th appunto, rifletta nella propria struttura e nei generi proposti questa irrequietezza, risultando un prodotto artistico palesemente scisso in due metà antitetiche e contrapposte: da un lato una lunga suite strumentale elettronica, dall’altro tre nere perle di metal e doom. Un album quanto mai asimmetrico che raccoglie due dei volti artistici più evidenti di Paul Chain, la musica elettronica e il metal, ma che non tenta mai un improbabile quanto audace punto d’incontro tra i due, risultando di fatto una pièce teatrale schizofrenica che inscena due atti totalmente avulsi uno dall’altro, ma che racchiudono entrambi il genio del loro creatore. Una scelta che forse è il frutto di un inconsapevole timore di spiccare il balzo verso nuovi lidi, di non scontentare e non traumatizzare un pubblico fedele che lo ha sempre seguito con passione e fedeltà.
La lunghissima suite iniziale, Our Solitude (Birth, Life, Death) , con i suoi trenta minuti di durata, è un componimento strumentale che riesce a mescolare e fondere new age, psichedelia space rock, ambient e synthwave, in un affannoso ed inquietante rincorrersi di organo, tastiere ed effetti campionati. L’artista pesarese si era già cimentato precedentemente nella musica ambient ed elettronica, ma senza esserne riuscito a padroneggiare l’essenza, e mai con questa dovizia di particolari e sfumature. Come spesso accade nelle composizioni di Paul Chain, il confronto con la morte e l’aldilà sono temi centrali della poetica. Mentre fino ad ora il musicista ha quasi sempre espresso in strutture armoniche collaudate e parole questa sua ossessione, con Our Solitude (Birth, Life, Death) , abbandona definitivamente la forma canzone per avventurarsi in una visione strumentale destrutturata e surrealistica, dove sono gli stimoli sensoriali, e non i testi, ad innescare emozioni e suggestioni ipnotiche e conturbanti nell’ascoltatore. La suite si avvale di lunghe divagazioni tastieristiche tra le quali affiorano brevi e fugaci accenni di melodie e suoni, che vengono presto e nuovamente sommersi dalla marea dei synth. Un viaggio trascendente che accompagna il viaggiatore negli stadi della vita verso quell’enigma a cui il musicista pesarese tenta da anni di dare una forma e un significato, la morte. Se in parte la suite è debitrice tanto delle colonne sonore dei film di Carpenter quanto delle opere dei Goblin, dall’altra colpisce per accostamenti stridenti ed audaci che esulano dalla musica elettronica prodotto fino ad allora. Dove la tradizione richiede una melodia portante che riverberi alla base del componimento, Paul Chain sceglie invece di non lasciare facili appigli all’ascoltatore, preferendo stordirlo e travolgerlo con un amalgama sonoro che raramente offre atmosfere e forme riconoscibili, amplificando esponenzialmente il senso di disagio e spaesamento. Il secondo atto di Opera 4th si sposa invece con la tradizione doom e horror metal delle composizioni antecedenti di Paul Chain e dei Death SS, tornando ad una forma canzone molto più canonica e strutturata, grazie ad un testacoda stilistico quanto mai repentino e disorientante. In Evil Metal: Obscurity of Error è davvero pesante l’eredità dei Death SS; il brano è memore dei primissimi componimenti in carriera della storica band pesarese, veloce e tirato, e vede finalmente all’opera una scatenata sezione ritmica che annovera Paul Dark al basso e Alex Di Andrea alla batteria. Alla stregua di Steve Sylvester, Paul Chain si lancia in una prestazione vocale maligna e teatrale, mentre la sua chitarra è finalmente libera di ruggire, quasi a voler riconquistare il palcoscenico in una veemente lotta di sopravvivenza contro le tastiere dell’opener. Con Bath-Chair’s Mary si ritorna ad un doom solido e massiccio, dove riff e voce imperversano liberatorie. L’andamento cadenzato, il ritornello ipnotico ed ossessivo ne fanno un degno epigono dei Black Sabbath, con tanto di break arpeggiato che prelude al lungo assolo centrale, la conclusione, impreziosita dalle note del carillon che riecheggiano nel silenzio degli strumenti, è tanto inquietante quanto suggestiva. Opera 4th si chiude con Resurrection in Christ, una semi ballad che si riconcilia con la melodia, grazie a sonorità più armoniose ed arrangiamenti più immediati. La prova canore di Paul Chain è a volte incerta e mostra il fianco a qualche cedimento, specialmente nelle note alte dove, con trasparenza, si mette a nudo nei pregi e nei difetti, rinunciando a qualsiasi artificio da studio, ma la chitarra solista sopperisce ampiamente a queste mancanze, dando lustro e spessore ad un brano diretto, crudo e coinvolgente. Il commiato avviene in tono dimesso, minimale, e la sei corde di Paul Chain sprigiona note amare, tinte di malinconia, quasi a scandire la fine di un’epoca e la nascita di una nuova fase, in parallelo con il titolo più che emblematico del brano.
Opera 4th pur essendo a tutti gli effetti il secondo full length targato Paul Chain Violet Theatre, si presenta quasi come la raccolta, il contenitore, di due EP totalmente diversi e distanti l’uno dall’altro. Our Solitude (Birth, Life, Death) è un lodevole tentativo di trovare e proporre soluzioni innovative al di fuori degli schemi prestabiliti di un genere chiuso ed introverso come il metal. Considerati i trascorsi musicali dell’artista non si può che applaudire questa scelta comunque coraggiosa, incurante delle aspettative dei fan e dei dogmi restrittivi e vincolanti del genere. Ad un primo ascolto frettoloso si ha in effetti l’impressione che la lunga composizione strumentale nell’insieme dell’album strida, quasi un corpo avulso che non trovi collocazione né armonia in uno schema più grande. Il passaggio alla seconda parte di Opera 4th, marcatamente heavy metal, è inevitabilmente traumatico, e questo brusco cambio di fronte, voluto o meno, colpisce con violenza. Solo una mente aperta, di larghe vedute, libera da preconcetti, è in grado di apprezzarne l’effetto d’insieme, ed è proprio a questo tipo di pubblico che Paul Chain si rivolgerà con la produzione artistica successiva ad Opera 4th. I tre componimenti più brevi imprimono all’album una vertiginosa rotazione in senso contrario, quasi a voler ripercorrere un’ultima volta quei suoni e quei generi che hanno marchiato e decretato la grandezza di Paul Chain fino ad allora. Alla luce di queste considerazioni non è difficile intuire come nel 1987 per Paolo Catena i Paul Chain Violet Theatre siano divenuti oramai un indumento stretto e scomodo; da cui, dunque, matura la decisone di sciogliere il progetto a favore di una carriera che porterà l’artista pesarese su nuove strade ricche di traguardi prestigiosi, sempre e comunque all’insegna di una perenne e libera ricerca del nuovo.
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Ad essere sinceri questo non è tra i miei preferiti di Paul Chain, per quanto sia senz’ombra di dubbio un lavoro molto interessante. Molto belle Evil Metal e soprattutto Resurrection in Christ, mentre Bath Chair’s Mary l'ho sempre trovata tirata un po’ troppo per le lunghe. Il pezzo ambient (scelta coraggiosa che dimostra comunque una forte personalità) va preso per quello che è: l’apprezzamento dipende anche dal mood del momento. Certo che 30 minuti sono una bella botta. Nel complesso però - anche solo limitandosi al periodo Violet Theatre - preferisco le cose precedenti. Voto 75 |
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Peccato sia un po instabile...ma che genio e che musicista fenomenale che é Paolino Catena! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Our Solitude (Birth, Life, Death) 2. Evil Metal: Obscurity of Error 3. Bath-Chair’s Mary 4. Resurrection in Christ
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Line Up
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Paul Chain (Voce, Chitarra, Tastiera, Pianoforte) Paul Dark (Basso) Alex Di Andrea (Batteria)
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RECENSIONI |
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