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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Axel Rudi Pell - The Ballads VI
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28/05/2023
( 1948 letture )
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È indubbio che Axel Rudi Pell sia un chitarrista e songwriter tra i più prolifici degli ultimi trent'anni, con ben ventuno lavori in studio, oltre a svariate compilations e live album in carniere. Less is more non è certo il mantra del biondo chitarrista teutonico, il quale diede inizio a una attivissima carriera solista a fine anni Ottanta (dopo le prime apparizioni in quattro album con gli Steeler), che ha visto picchi di qualità negli anni Novanta grazie a ottimi lavori come Eternal Prisoner, Between the Walls, Black Moon Pyramid, Magic (con Jeff Scott Soto ai tempi davvero in stato di grazia), seguiti da altre buone uscite come Oceans of Time e Masquerade Ball (con Johnny Gioeli al microfono). Da quel momento ispirazione e qualità dei tanti dischi prodotti da Pell si sono andate ad appiattire e a diluire sempre più in una serie di uscite davvero troppo prevedibili e simili tra loro, con un trend discendente solo parzialmente corretto dagli ancora recentissimi Diamonds Unlocked (discreta raccolta di cover avvalorate da grandi interpretazioni di Gioeli) e l’ultimo Lost XXIII.
Questo nuovo The Ballads VI è l'ennesima raccolta di ballads, giunta addirittura al sesto episodio di una saga iniziata ormai dalla prima edizione del 1993. Tredici brani per interminabili 74 minuti in cui si alternano pochi inediti come le scontatissime strumentali Revelations e Hidden Secrets, in cui la Fender del biondo chitarrista di Bochum fatica a graffiare, o la cantata Morning Star discretamente interpretata da un Gioeli di maniera, nonché le due nuove covers Dust in the Wind, gran pezzo dei Kansas qui ahimè mozzato da batteria e dinamica originali, e la più riuscita versione di Diamonds and Rust, brano originariamente proposto dalla raffinata interprete folk Joan Baez nel 1975 e dalle liriche che fanno riferimento alla sua storia con Bob Dylan, qui ben cantata da Gioeli. Il resto del disco non è che la riproposizione fedele e pedissequa di una sfilza di ballads e cover già sentite nei precedenti due lavori in studio e dunque dal limitatissimo appeal o valore aggiunto, dove un songwriting scontato, ripetitivo e prolisso finisce per oscurare anche una complessivamente buona prova vocale dell'ormai rodatissimo Gioeli, mentre il lavoro di chitarra di Pell risulta semplicemente di maniera finendo addirittura per risultare irritante negli oltre sette minuti della conclusiva strumentale e dozzinale Quarantine 1.
Axel Rudi Pell ha dalla sua un riscontro commerciale decisamente (e a questo punto sorprendentemente) buono, trascinato da solide vendite in Germania che gli permettono di stipendiare da anni musicisti di oltreoceano come Gioeli e il nonnetto Rondinelli, o i due fedeli scudieri tedeschi Volker Krawczak e Ferdy Doernberg, con una line-up ormai stabilissima e capace di esibirsi con regolarità anche in brevi tour europei praticamente ogni anno. Ciò non toglie che queste copiose raccolte siano davvero superflue e stucchevoli al di fuori dello zoccolo duro di fan domestici, non aggiungendo ma anzi togliendo smalto alla buona reputazione che il nostro aveva costruito con talento e mestiere negli anni Novanta. Sometimes less is more, dear Axel...
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16
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I primi valevano un Rosso di Montalcino, questo al massimo un Gutturnio da Cantina Sociale. |
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15
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Io sono veneto, bevo di tutto! Cabernet, refosco, prosecco, amarone, fragolino, raboso, torbolino...basta chel sia vin! A parte questo, sono dell idea che quest\'album sia buono come playlist di sottofondo da ascoltare mentre si fa altro |
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14
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Tutti intenditori di vini, boh io bevo solo Sorbara e pignoletto |
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13
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Domanda: a chi può interessare acquistare il sesto (sesto!!!) disco che raccoglie le ballad di ARP? Ovviamente ad un fan, che, però, quelle canzoni le avrà già nei dischi originali. E quindi, prezzo pieno per cosa? La raccolta dei lenti degli ultimi tre album, più quattro inediti?
Secondo me si poteva fare di più, rendendo più golosa la collezione con live, alt versions, e b sides.
Che poi ad ARP gli si vuole bene; e si vede nei commenti. Con il Barone concordo su Gioeli (quanto è bravo?) e sulle preferenze per i batteristi passati. Jorg Micheal resta nel mio cuore per i suoi lavori con Strato, Running Wild e ARP. Uno dei miei batteristi preferiti, anche dal vivo. Terrana idem, un carro armato.
Quanto ai vini, il Marchese ha sempre ragione: il Gutturnio ha etichette eccellenti nel panorama nazionale. Per ragioni geografiche lo bevo poco, preferendogli una Freisa ruspante dell\'astigiano. Ovviamente plin e Masquerade Ball a latere. |
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12
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Ma infatti il problema e’ la qualità decaduta negli anni, non il fatto che si ripeta. Axel ha scritto ottimi albums e fatto anche buonissime ballads, ma fino al 2.000 |
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11
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Bonsoir Marchese, che non Le piacesse il frizzante già lo si era capito.
Mi permetta di segnalarLe il “Terrafiaba” Gutturnio D.O.C. (Azienda Agricola La Tosa), frizzante ovviamente.
Accompagni la degustazione con “Gettin’ Dangerous” del nostro Axel Rudi Pell, e mi raccomando, alzi pure il volume, non si spaventi. |
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10
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Mi sono segnato i Gotturnio segnalati dal Marchese (anche se apprezzo il frizzante) ma soprattutto gli Afsky. |
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9
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Well, Monsieur Le Baron Boy, guardi che il Gotturnio Classico Superiore (Roberto Manara o Perinelli) o il Classico Riserva di Barattieri, non sono niente male. Come la musica di Axel Rudi Pell. Personalmente, del Gotturnio, non amo molto il frizzante. Abbiamo diverse partecipazioni in proprietà sui Colli Piacentini e non abbiamo sprecato i nostri investimenti... Basta saper appezzare nel contesto giusto, come un disco come The Ballads VI. Ieri sera eravamo sul Lago di Garda e mi sono fermato a guardare il temporale con Om Hundrede År degli Afsky in cuffia... Contesto diverso, naturalmente... Ma non denigrerei Axel Rudi Pell come un \"vino annacquato\". Probabilmente lei frequenta i posti del \"menu turistico tutto incluso...\". Non penso servano il Gotturnio. Au revoir. |
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8
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Sotto questa recensione non me la sento di discutere della poca qualità dei suoi dischi in studio, non voglio parlare del pessimo songwriting e delle produzioni poco incisive, non parlo dello zio Bobby che oltre a saperci fare con le ballads, fa un favore a noi ascoltatori, ci lascia tutta la voglia e la fantasia di ripescare a caso tra le performance di Jorg Michael e Mike Terrana sui vecchi dischi; dischi che presentavano anche del power metal di pregio.
(Sostituire quei due con Rondinelli, è come chiedere alla Honda di sostituire Marquez con Agostini)
Qui sotto parlo solo della raccolta numero sei (6!!!): patetica, ogni progetto di Axel è salvato (forse) dal grande cantante che ha.
Qui non si tratta di vino di poco pregio, che di per se regala le sue belle soddisfazioni (provate il Gutturnio per esempio), qui si tratta di vino annacquato. |
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7
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Passino gli ultimi dischi di inediti, ma le raccolte proprio no. Stop!!!! |
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6
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Ascoltate per curiosità Diamonds and Rust e Dust in the Wind.. Buona la prima, opaca la seconda.. |
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5
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Diciamo che come certi vini (penso a dei Lambrusco, per esempio) non sono ai vertici qualitativi e hanno poco di innovativo. Ma in alcune situazioni, con le cucine emiliane o mantovane ad esempio, ci stanno proprio benissimo e sono graditissimi. Cosi i dischi di Axel Rudi Pell. Sono sempre gradevoli se si vuole ascoltare quel tipo di musica. Lui fa quel tipo di musica. Mi stupirebbe se facesse thrash o black metal old school, tipo Norvegia. Gioeli è sempre bravissimo e la band suona bene. Perché dovrebbe cambiare?
Trovo poi solamente positivo, il fatto che venda bene in Germania (anche noi con certe produzioni vinicole) e trovo invece di cattivo gusto, in una recensione, dare del \"nonnetto\" a qualcuno.
In ogni caso, la versione di Diamond and Rust è senz\'altro migliore di quella dei Judas Priest. Au revoir. |
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4
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Il problema è che da quando c’e’ Rondinelli i pezzi sparati si contano sulle dita di una mano. Insufficiente. @Metallized, mancano le recensioni dei primi degli anni Novanta che sono giustamente listati nella recensione di DJ come in migliori di ARP |
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3
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Già gli ultimi dischi sono noiosi. Qui si raccoglie la noia della noia. Farebbe meglio a lanciare le raccolte \"fast songs\" |
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2
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Si salva solo la cover di Joan Baez tra gli inediti. Voto 50. |
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1
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Credo che arrivare a sei (6!!!) dischi di Ballads sia un traguardo a dire poco imbarazzante.
Ho amato Axel Rudi Pell per i suoi dischi con Soto (Black Moon Pyramid il suo capolavoro) e per averlo rimpiazzato poi con un altro grande cantante, Gioeli è sempre stato tra i miei preferiti in ambito Hard Rock….
Ma le uscite degli ultimi vent’anni sono inascoltabili, prolisse, ripetitive, e prive di ogni minima ispirazione; mi sono spinto all’acquisto dei suoi dischi fino a “Game of Sins “ attraversando la delusione cocente per quello scempio che è “Circle of The Oath”… per fortuna ora c’è lo streaming.
Come faccia a vendere così tanto in Germania è un mistero.
(Complimenti per le argomentazioni espresse nella recensione, sono d’accordo su ogni punto) |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Revelations 2. Diamonds and Rust 3. Morning Star 4. Dust in the Wind 5. Hidden Secrets 6. Gone with the Wind 7. She’s a Lady 8. Room with a View 9. Fly with Me 10. As Blind as a Fool Can Be 11. I Put a Spell on You 12. Beyond the Light 13. Quarantined 1
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Line Up
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Johnny Gioeli (Voce) Axel Rudi Pell (Chitarra) Ferdy Doernberg (Tastiere) Volker Krawczak (Basso) Bobby Rondinelli (Batteria)
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