|
27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
|
|
Fu Manchu - California Crossing
|
17/08/2024
( 841 letture )
|
Di tutti i pesi massimi dello stoner rock americano, i Fu Manchu decisamente non possono essere considerati i più fantasiosi e versatili. Pur con una lunga carriera alle spalle, che li ha portati a pubblicare ormai tredici album in trent’anni, con l’ultimo The Return of Tomorrow uscito di recente, il gruppo da Orange County, California, si è fatto una nomea sostanzialmente facendosi forza di pochi quanto chiari e sentiti assunti. Avendo superato numerosi cambi di formazione, con in particolare l’uscita dell’intera line up tra il primo e il terzo album, col solo Scott Hill rimasto in sella e al comando, la band ha conosciuto poi una seconda giovinezza con l’arrivo di Bob Balch e del celeberrimo Brant Bjork, guadagnando credibilità e puntando tutto sulla coerenza. Riff grassi e puzzolenti di olio motore, psichedelia, blues, tematiche eternamente legate al mondo dei motori e delle ruote in generale, tra macchine, moto, truck, skateboard e con l’inevitabile corollario di tutto quello che ha reso famosa la California in tutto il mondo e un’attitudine sempre positiva, come caldissime e desertiche sono rimaste le atmosfere evocate dalla loro musica. Una coerenza che qualcuno ha voluto avvicinare a quella di altre grandi band come Motorhead e Ramones, che hanno avuto un trademark sempre identificabile, ripetendo e rinnovando costantemente una formula sempre “giovane”. Il che, per inciso, conferma la profondità e fecondità di quegli assunti.
Inevitabilmente, arrivano per forze di cose dei momenti nei quali ripetere costantemente se stessi rimanendo ispirati e convincenti semplicemente non è possibile. Un passaggio che, a dirla tutta, i Fu Manchu sorpassano piuttosto bene e che corrisponde, in questo caso, al loro settimo album, California Crossing. Trovato in Matt Hyde il produttore ideale, i nostri si fanno convincere da lui a passare più tempo possibile in fase di preproduzione del disco, rifinendo i brani, studiando e preparando le linee melodiche e i cori e, insomma, arrivando in sala registrazione con le idee già chiare, definite ed elaborate, pronte a essere registrate. Niente di più facile per un gruppo che vive appunto di costanza, per il quale la sfida non accolta sarebbe stata piuttosto quella di sfruttare questa occasione per rivedere e aggiornare un po’ la propria formula compositiva. Niente di tutto questo, se non forse una maggiore attenzione ai cori e ai testi, che nel portare avanti l’esaltazione totale degli stereotipi californiani, si prendono il lusso di giocarci sopra, trovando il modo di rendere il tutto un po’ distorto, come in un riflesso sfuocato e vagamente inquietante. Per il resto, tempi medi piuttosto sostenuti e ottimamente retti dalla premiata coppia Davis / Bjork, riff stordenti grossi come case e al contempo dinamici, incursioni soliste sempre valide di Balch e la voce atonale di Hill a completare un quadro ben noto e rassicurante. In effetti, risulta un po’ difficile trovare qualche brano che spicchi in particolare rispetto agli altri e rispetto alla classica produzione della band e si avverte anche un po’ di ripetitività di fondo, di incapacità di andare oltre gli assiomi stabiliti, che non aiuta ad affezionarsi a questo album in mezzo agli altri. Non che manchino le canzoni: alla fine, tanto Separated Kingdom quanto Hang On sono pezzi piacevolissimi, riusciti, suonati alla grande e “classici”, nei quali si nota una maggior cura nei cori, come richiesto da Hyde, ma già la successiva Mongoose, col suo cowbell e gli ottimi fraseggi chitarristici di Balch ci dimostra che quando i quattro ingranano davvero, il livello sale e la differenza si nota. L’alleggerimento di Thinkin’ Out Loud, che potrebbe sembrare un classico brano rock quasi tendente al glam con distorsioni da paura costituisce un break interessante, ma è la titletrack che ci mostra davvero il lato migliore dell’approccio “estivo” e scazzone del disco, con la carica lanciata da una sventagliata di rullante da parte di Bjork che poi tiene il livello di velocità alto per tutto il brano e il refrain “catchy” (non poi così distante dall’omonimo brano di Lenny Kravitz di tre anni successivo) che sembra annunciarci dei Fu Manchu radiofonici ai quali davvero non eravamo abituati. E’ il momento migliore e la successiva Wiz Kid lo rilancia alla grande, col suo riff spezzato e il ritornello irresistibile che apre la dinamica del brano. Sul finale si fa notare Bultaco, cantata assieme a Keith Harris dei leggendari Circle Jerks, grazie a un andamento blues vibrante e divertente che spezza pur mantenendo la consueta distorsione e un ritmo sostenuto, mentre la chiusura strumentale di The Wasteoid senza brillare in modo accecante, è retta da un riff stoner/doom pesantissimo che è impossibile non amare nella sua ottusa ripetitività.
A termine ascolto, California Crossing non si rivela uno dei dischi più ispirati dei Fu Manchu, tutt’altro. Eppure, proprio per questo, consente di tirare una linea e fare delle considerazioni sulla band che, anche in un disco come questo, onesto e senza grossi picchi qualitativi, dimostra di avere sufficiente qualità e capacità per risultare comunque divertente, pesantissima, carica di dinamica e groove e di saper coinvolgere e travolgere l’ascoltatore, rimanendo costantemente sopra la media delle band del genere, con la facilità che solo i Maestri hanno. Si tratta in ogni caso di un disco che segna un momento di svolta nel gruppo e, infatti, sarà l’ultimo registrato con Brant Bjork che avvierà la sua carriera solista, pur fornendo una delle sue prestazioni più solide proprio in California Crossing. Non il migliore dei dischi della band, eppure resta validissimo e consigliabile a chiunque per quaranta minuti di intrattenimento di alto livello, senza pretese, ma con molta concretezza.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Separate Kingdom 2. Hang On 3. Mongoose 4. Thinkin' Out Loud 5. California Crossing 6. Wiz Kid 7. Squash That Fly 8. Ampn' 9. Bultaco 10. Downtown in Dogtown 11. The Wasteoid
|
|
Line Up
|
Scott Hill (Voce, Chitarra) Bob Balch (Chitarra) Brad Davis (Basso) Brant Bjork (Batteria)
Musicisti Ospiti Keith Morris (Voce su traccia 9)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|