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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Leprous - Melodies of Atonement
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05/10/2024
( 2028 letture )
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Chi, udendo il primo singolo Like A Sunken Ship, pensava a un ritorno ad atmosfere più pesanti e metalliche in casa Leprous, rimarrà deluso da Melodies of Atonement. Si tratta infatti dell’unico episodio vagamente metal che può ricordare le radici stilistiche della band norvegese. E’ ormai da diversi album che la componente più energica del sound dei nostri è stata ampiamente ridotta e cova ammansita sotto tonnellate di arrangiamenti elettronici e schiacciata dalla voce pulita del frontman Einar Solberg. Non solo l’ottavo album in studio del gruppo continua a seguire questo trend, ma snellisce e semplifica ulteriormente la loro proposta discostandosi anche dalle atmosfere progressive di stampo puramente tecnico, tanto che ormai volendo dare una definizione ai Leprous del 2024 si fa fatica a inserirli nel calderone progressive metal. Piuttosto sarebbe onesto affermare che ci si trova davanti a un robusto ma raffinato rock dotato di arrangiamenti barocchi e sinfonici e abbellito da un portamento ritmico più complesso e meno lineare di quanto ci si potrebbe aspettare: in poche parole, ormai i Leprous sono Einar Solberg e Baard Kolstad. Anche se le chitarre e specialmente il basso giocano sempre la loro importanza nell’economia del sound dei norvegesi, i veri trademark della band sono diventati la voce svolazzante e tecnicamente ineccepibile accompagnata dai synth che poggia su un tappeto ritmico imprevedibile, mai scontato e spesso schizoide fornito dalla batteria.
Fatta questa premessa e tralasciando la copertina di una bellezza non certo memorabile, Melodies Of Atonement si apre con i tempi dilatati e quasi marziali di Silently Walking Alone, che riporta al sound di Malina, per poi sparare subito uno dei pezzi forti del platter, ovvero Atonement. Ci si trova davanti a un pezzo sicuramente easy listening, però dalla melodia dannatamente efficace e ricco di trovate interessanti. My Specter è oscura, pervasa da un mood dove la pesantezza è espressa in maniera sottile e sottotraccia, mentre I Hear the Sirens risulta più umorale ed eseguita in maniera dinamicamente splendida. Like A Sunken Ship è un altro pezzo forte del disco, esplosivo e violento ma comunque senza rinunciare alla classe e alla fantasia negli arrangiamenti a cui gli ultimi Leprous hanno abituato. E così si chiude la prima metà del disco, che è anche la più diretta e “semplice”. La seconda si apre con due tracce dall’andamento simile, che partono in sordina per poi esplodere dalla metà in poi: la prima, Limbo, più groovy e suadente (e in verità riuscita), la successiva, Faceless, che si trascina un po’ troppo sul refrain finale perdendo di efficacia. Starlight accompagna suadente l’ascoltatore in un viaggio musicalmente fluttuante e sognante fino al brano meno riuscito dell’album, Self-Satisfied Lullaby, che pare più un outtake dell’album solista di Einar Solberg, legato all’elettronica e quasi più ad atmosfere pop che rock. Di per sé non un brutto episodio, ma troppo prolisso e qualitativamente un gradino sotto al resto. Per fortuna Melodies of Atonement chiude in bellezza con un grande colpo di coda, Unfree My Soul, dove la band offre il massimo dell’espressività e il livello delle emozioni si alza di parecchio.
In definitiva i Leprous con questa ottava uscita confermano il loro percorso sempre più lontano dal progressive metal tout-court e confermano come ormai tutto il loro impianto si basi sempre più sulle figure di Solberg e Kostald: questo approccio può risultare da una parte riuscito perché effettivamente la formula anche questa volta è di classe, appagante e melodicamente piacevole, però ha anche il duplice effetto collaterale di scontentare chi li vorrebbe più vicini alle sonorità dell’inizio (o comunque li vorrebbe prog metal) e limita pure le possibilità di ampliare un ventaglio di sonorità e scelte stilistiche che ormai iniziano a diventare un po’ ripetitive e troppo dipendenti dai gusti del frontman e del batterista.
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7
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Mah, tanto entusiasmo per nulla. |
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6
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Ho ascoltato fino allo sfinimento Bilateral, Tall Poppy Syndrome ed il pur imperfetto Aeolia, ma Coal e The Congregation delusioni cocentissime. Mai più sentito nulla, forse darò una possibilità a questo. |
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5
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Indubbiamente un gran disco di classe come da tradizione Leprous. Però ribadisco per l\'ennesima volta la mia opinione sul fatto che, da The Congregation in poi, la struttura delle canzoni tenda sempre più Einar Solberg - centrica. Voce stupenda, emozionante, ma il comparto strumentale si è ridotto all\'osso. E stiamo parlando di progressive metal/rock. |
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4
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Molto meglio delle ultime due uscite secondo me, più diretto.
Like a sunken slip è il terzo singolo, non il primo.
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3
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Pur riconoscendo ai Leprous un\'indiscutibile classe, il disco non mi ha fatto sobbalzare. Stanno andando sempre più verso raffinate sonorità art-rock, ma non mi comunicano più molto. Li preferivo quando si affiancavano a band quali Wheel, VOLA, TesseracT. Ne riconosco anche il valore attuale, but not my cup of tea. |
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2
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Grazie Bruno! A questo proposito, sono sempre aperto a suggerimenti per migliorare la qualità delle rece, se avete commenti o osservazioni dite pure che cercherò di farne tesoro 😀 |
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1
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Forse non il loro miglior lavoro, ma un bell\'80 se lo merito tutto. Comunque bella recensione |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Silently Walking Alone 2. Atonement 3. My Specter 4. I Hear the Sirens 5. Like A Sunken Ship 6. Limbo 7. Faceless 8. Starlight 9. Self-Satisfied Lullaby 10. Unfree My Soul
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Line Up
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Einar Solberg (Voce, Tastiera) Tor Oddmund Suhrke (Chitarra) Robin Ognedal (Chitarra) Simen Børven (Basso) Baard Kolstad (Batteria, Percussioni)
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