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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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28/08/2017
( 8356 letture )
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Due anni sono un intervallo standard tra un’uscita dei Leprous e l’altra; è dal debutto Tall Poppy Syndrome datato 2009 che regalano al mondo con cadenza regolare un album di inediti. Sembra incredibile come, nel giro di soli otto anni, siano riusciti a rendere così vasto il proprio repertorio, non tanto nel numero quanto piuttosto negli orizzonti che sono stati capaci di aprire, con pezzi dalle caratteristiche più disparate ma con la medesima identità di fondo. Il successo di Bilateral ha dato ai Leprous la possibilità di essere liberi, di sperimentare con strutture, suoni, tempi e armonie. Se The Congregation era volutamente monotematico, un flusso di suggestioni in continuo mutamento ma pur sempre in viaggio su una precisa linea emotiva, questo Malina non potrebbe essere più diverso. Undici pezzi scollegati, dal sapore e dal gusto variabile, che spaziano dal pop d’avanguardia ad altro senza difficoltà e -soprattutto- senza paura.
From the Flame, singolo rilasciato due mesi prima dell’uscita ufficiale dell’album, poteva far pensare a una sempre più prepotente virata su versanti pop con arrangiamenti comunque curati e fantasiosi. Le altre anteprime, Illuminate e Stuck, nella sua versione tagliata, non ci allontanavano molto da questa ipotesi. C’era il rischio di avventurarsi in una preoccupante monotonia, in un’ora di musica ridondante e vuota. Ma già da Bonneville, traccia d’apertura di Malina, si capisce che non è questo il caso. Su un arpeggio intriso di armonici si installa un inizio riflessivo, con la solita batteria jazzata di Baard e la voce sugli scudi di Einar Solberg. Quando poi il tutto sfocia in uno splendido cambio di dinamiche, reso perfettamente da una produzione in grande spolvero, come da tradizione, non si può che rimanere a bocca aperta. Stando attenti ai dettagli si nota subito l’attenzione maniacale di Einar per i suoni della sua Nord Stage, ma soprattutto in sottofondo si ode già l’apporto di Raphael Weinroth-Browne, gradito ospite al violoncello e agli archi. A questo punto Stuck, nella sua versione integrale, acquisisce ancor più forza di quanta non ne avesse già come singolo, esule dal contesto. Il pezzo riesce a catturare con disinvoltura l’ascoltatore, grazie al ritornello forse più sentito del disco; di certo il più memorabile. Ciò che la Radio Edit aveva eliminato sono un minuto buono di intermezzo in bilico tra l’elettronica e la classica e un outro che forse allunga eccessivamente il pezzo, ma che dimostra la volontà dei Leprous di fare della propria arte ciò che vogliono. Questo aspetto è incredibilmente riscontrabile anche da quello che è a conti fatti l’unico vero singolo dell’album: From the Flame, un pezzo che vive del tipico lirismo malinconico della band norvegese e degli arrangiamenti elaborati di un’impressionante sezione ritmica alla quale alle volte è veramente difficile stare dietro. Captive si riallaccia a idee finora accantonate ma proprie dello stile del gruppo, molto debitore di math e djent, che poi si libra verso nuovi territori, rinnovando il linguaggio degli ultimi due album in qualcosa di inaudito. La distorsione è resa quasi impercettibile dalla produzione, che la attutisce, la calibra, la distanzia dagli standard metal ai quali siamo abituati. Stupisce anche un break di sintetizzatore a metà brano, perfetto, segno tangibile della maturità di Solberg, evidenziata anche dall’incipit della successiva Illuminate. Anche questa si avvicina alla definizione di singolo, ma ne fugge con idee sempre nuove che rendono la canzone mai stagnante, ma viva e pulsante.
Leashes ci riporta, almeno armonicamente, dalle parti di Bilateral, ma quello che ne esce è un pezzo essenziale, dove i nostri si esprimono in maniera genuina, senza bisogno di esibire un ostentato estro creativo tramite i propri strumenti. Anche qui il crescendo è dei migliori: le due sette corde gestiscono al meglio l’emotività del pezzo, sostenendo una voce che, vale la pena ricordarlo anche a rischio di essere ripetitivi, è portentosa. Il synth torna a farsi sentire con Mirage, sviluppata su un tempo intricato (17/8) che non sembra nemmeno tale da quanto sono abili i Leprous a nasconderne la difficoltà. Il basso del fondamentale Simen Børven tiene su il pezzo, fino a condurre la band in uno sfogo liberatorio, cullato da quei vocalizzi che tanto risaltavano nel lavoro precedente. La titletrack Malina è forse la più particolare del lotto. La struttura portante è basata sul cantato di Einar, che sembra voler fare da sottofondo alle varie divagazioni strumentali: la tastiera che si affianca al violoncello, la batteria che improvvisamente va a mille, le chitarre che incalzano e poi riposano, per poi duettare assieme alla voce in chiusura di brano. Forse un testo più ricercato avrebbe innalzato ulteriormente la traccia, ma il ritornello scandito nel finale riesce a donare le emozioni giuste all’ascoltatore. Coma è un mezzo filler che non aggiunge granché al platter, anzi, sembra un po’ riprendere spunti già captati in precedenza, anche se in fin dei conti risulta un episodio piacevole. The Weight of Disaster invece ne presenta di nuove, sfruttando al massimo le potenzialità del gruppo tra un richiamo e l’altro a diversi rami del progressive moderno. Anche qui non si tratta di uno dei pezzi migliori dell’album, ma fortunatamente l’ultima traccia viene in aiuto: l’apice assoluto di Malina infatti sta qui, nel suo epilogo. The Last Milestone è un pezzo quasi indescrivibile: neoclassico, lirico, d’avanguardia, sette minuti e mezzo di archi che elevano la voce di Einar oltre ogni immaginazione. L’intuizione orchestrale è uno degli aspetti più geniali di quest’opera, che non cessa praticamente mai di svelarsi all’ascoltatore nella sua ora di musica, rivelando sempre nuove sfaccettature e nuovi particolari sparsi al suo interno.
Malina è ancora una volta un lavoro importante all’interno del mondo metal e non solo, degno di nota e di attenzione. Il percorso dei Leprous è sempre più deciso; la sostituzione ufficiale del chitarrista storico con l’ottimo Robin Ognedal e l’ingresso in pianta stabile del bassista (turnista in The Congregation) potrebbero segnare l’inizio di un nuovo equilibrio all’interno della band, che di questo passo ha sicuramente tanto da dare al mondo della musica.
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VOTO LETTORI
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61.66 su 165 voti [
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Album spettacolare, il mio preferito della loro discografia. Per me siamo sul 90...
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l\'ho scoperto da poco grazie ad un consiglio di un amico..per me un gran disco. Chiaro, piace a chi ha voglia di non sentire i soliti clichè metal..secondo il mio modesto parere in questo disco trovo la formula perfetta che ogni artista dovrebbe seguire ossia essere sofisticati e popolari allo stesso tempo. |
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Gran disco, davvero affascinante, raffinato ed avvolgente.
Sì, anche per me non si può parlare più di Metal o di Prog: è "Leprous".
Hanno un gusto, una capacità compositiva ed una bravura, davvero unici.
Una miscela particolare che qui crea un groove ad alto livello, svariando tra le proposte, gli strumenti ed i generi.
Sicuramente non per apprezzabili da tutti. |
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che discone ragazzi! la coppia "Mirage"/"Malina" da lacrime. Ogni tot DEVO tornare a riascoltarlo |
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Non li conoscevo, mea culpa. Disco splendido, toccante senza essere stucchevole. Ora ripercorreró a ritroso la loro discografia. Voto 85 |
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nulla da ridire sullo scritto di qua sopra, è stato uno dei dischi più interessanti della scorsa annata, composto da uno dei gruppi più interessanti del panorama rock/metal attuale. Davvero tanta classe. |
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Per quanto mi riguarda uno dei pochi gruppi in circolazione autenticamente in grado di emozionare; di metal non c'è quasi più niente, la voce di Solberg è più accumunabile ad un Antony che uno screamer, ma quando si compongono e cantano pezzi come From the flame, Malina, Bonneville, Stuck o The last milestone c'è poco da dire e molto da ascoltare. 83 |
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Ottima recensione per un lavoro che continua a crescere con gli ascolti, regalando ancora intense emozioni per tutta la sua durata. |
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bravi ma non mi fanno impazzire! |
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Non li conoscevo, è il loro primo disco che ascolto e mi è piaciuto tantissimo, davvero di gran classe. Sono curioso di approfondire il resto della discografia. |
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Ok, ascoltato e riascoltato, effettivamente è parecchio salito. Ottimo lavoro, ma The Congregation continua a dargli le piste. Per non citare TPS e Bilateral. Alla fine, per assurdo, il pezzo che mi è rimasto di più è proprio il singolo orecchiabile From the Flame...un'orecchiabilità raffinatissima di livello superiore. Nell'insieme comunque non va sopra gli 80. Restano sempre una band della madonna che non mi ha mai deluso (..forse giusto un pochino con Coal, ma si sono fatti perdonare) |
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Probabilmente album dell’anno, ripresa incredibile rispetto a the congregation, non mi aspettavo un album del genere, mi hanno stupito e completamente catturato, non posso fare a meno di ascoltare quest’opera a ripetizione. |
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Anche quest'album è un.lavoro pregevolissimo, ovviamente. Ma dopo quell'albumone spettacolare di TheCongregation (su questo sito inspiegabilmente stroncato da una recensione indecorosa) mi aspettavo qualcosa di meglio. Per me sono un po' calati. Non parlerei di passo falso, ma no, non mi ha entusiasmato. D'altronde non che una band può sempre sfornare masterpiece. Mi concedo qualche altro ascolto prima di votare. |
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Band di spessore assoluto che però secondo me sta appesantendo un pelino troppo la proposta. Non che sia necessariamente un male, ma inizio ad avere poca voglia di tornare su questo album. Non so chi ha parlato di pop ma siete fuori strada, secondo me anzi si stanno rendendo indigesti ai più...fossi in loro nel prossimo disco opterei per uno snellimento delle composizioni, viste le qualità eccelse dei componenti ne uscirebbe comunque qualcosa di interessante e magari dal piglio leggermente più "easy", se vogliamo usare questo termine. Comunque si confermano sempre di un altro pianeta rispetto al 90% dei gruppi in circolazione. |
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Band di livello superiore! ELIMINATE il 58 a The Congregation, fate le persone serie. |
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E' uno spettacolo. Non so dove vediate la svolta pop, qui l'unica cosa pop sono i ritornelli catchy (che già c'erano su Bilateral). |
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Ai tempi Coal mi aveva spiazzato, ora, dopo anni lo sto lentamente rivalutando. Il successore The congregation mi piacque molto di più e questo Malina per ora mi sembra stupendo. Band che è riuscita a scrivere e suonare 5 album completamente diversi, pur mantenendo integrità e personalità. Magari mi sbaglio, ma tra qualche anno Malina sarà considerato una pietra miliare del prog moderno. |
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io a sto giro trasecolo, non li reggo più, al limite dell'insopportabile per me, salvo solo l'ultima traccia (che comunque di originale ha soltanto il fatto che provenga da un gruppo prog e ci sia la voce di einar) e non credo ritenterò, già con the congregation non erano più per me. mi fa comunque piacere che l'album piaccia ai più, un in bocca al lupo per loro, me li godrò piacevolmente sui vecchi album. |
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Ben venga il pop se serve a far rosicare i metallari fermi al 1986. La classe e la qualità non hanno genere. |
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Un album che conferma le loro qualità, un po' meno ostico di the congregation e ancora un po' meno "prog". Per me cmq sono dei grandi, tolto in parte coal, hanno fatto sempre ottimi album. |
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Lo sto ascoltando in questi giorni....mi sembra il migliore dopo Bilateral, gli ultimi 2 per me avevano ottime canzoni, ma anche altre non esaltanti...in questo caso la qualità mi sembra omogenea, anch'io voto 75-80. |
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Gruppo di gran classe. Questo "Malina" segue la stessa direzione musicale intrapresa con il precedente "The Congregation" e prima ancora con "Coal". Direi che hanno piena consapevolezza sulla strada intrapresa. La voce di Einar Solberg è sublime e rappresenta il vero punto di forza di questa band. Promossi a pieni voti anche a questo giro. |
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Lo sto ascoltando in questi giorni. Forse è anche presto per tirare le somme, ma posso dire che lo trovo piacevole, ricco di sfumature e con un Einar in forma strepitosa. Forse "Stuck" è quella che apprezzo di più, ma pure "Leashes" "Mirage" e "Malina" sono gran bei pezzi. Ancora non so dove collocarlo nella mia classifica personale, ma ho la sensazione che mi piacerà più di "The Congregation", che già mi aveva dato ottime impressioni. Sul genere non saprei che dire: può essere un prog rock mischiato a pop d'avanguardia con qualche sprazzo di metal, ma sono concorde col dire che è semplicemente genere Leprous; una delle poche band ad avere una vera e propria identità. |
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se li hai amati dall'inizio non puoi abbandonarli ,in ogni disco ci sarà sempre qualcosa che te li fa piacere |
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Anch'io presente al barrio. Dovremmo dunque esserci tutti Amato visceralmente bilateral, più che Poppy che è comunque un gran lavoro. Non ho apprezzato Coal tanto che ho preferito non acquistare il seguente. Sto ascoltando quest'ultimo ritrovando la scintilla creativa che credevo inaridita: tornerò dopo più ascolti ma, ad ora, notevolissimo. |
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Morti e sepolti dopo Bilateral |
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beh,a me da congregation piacciono la title track, slave,lower,anche coal ha delle perle come cloak,l'ultimo direi che va ascoltato più volte prima di giudicarlo,comunque sono molto cambiati,ma hanno cercato di farlo seguendo un loro stile unico,certo che se li vedi dal vivo adesso il set sarà composto perlopiù da estratti degli ultimi 3 dishi prediligendo "malina" |
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Ayeron, al Barrio i pochi che c'erano sono in qui che ne parlano!!!! certo che The Poppy è diverso da Bilateral...il problema è che dopo è stata la decadenza totale..........mi parli di 2 capolavori direi che l'ultimo ha diversi spunti di interesse e soprattutto si fa ascoltare |
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album discreto ma non di più. Qualche belle melodia e intuizioni azzeccate, ma alla fine ci si perde nella confusione tre le eccessive pippologie ritmiche e i vocalizzi ripetitivi del cantante. |
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Presente anch' io al Barrio e in tutte le altre occasioni in cui hanno calcato suolo italico, quella è stata una data memorabile (anche per i Persefone). Bei tempi |
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ebbene si, io al barrio c'ero e fu bellissimo, il loro look era anche molto meno curato |
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@ayreon Eri una delle altre 15-20 persone presenti quella sera al Barrio's? Provai quasi imbarazzo al pensiero che una band di quella statura, reduce dall'uscita del miglior disco prog metal dell'anno, dovesse esibirsi davanti ad una platea così misera. Eppure, nonostante la scarsissima partecipazione, sfornarono una prestazione da urlo, mettendo in mostra una tale convinzione che in quel momento mi convinsi che erano pronti per dominare il mondo e che l'intera scena prog sarebbe si sarebbe prostrata ai loro piedi. Purtroppo invece poi le cose hanno preso una piega differente... |
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se per te tall poppy syndrome e bilateral sono simili .... |
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Finalmente dopo 4 uscite alla Ligabue qualcosa di veramente particolare. Questo è un gran disco che spazza via la noia e la monotonia dei primi lavori, che a dire il vero, dopo l'eccitazione iniziale,dovuta all'apparizione della madonna, si sono rivelati la brutta copia l'uno dell'altro.....valanghe di note e note e note e note ma alla fine........... voto 85 Discone da sentire e basta |
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valutando il disco per quello che è, senza considerare la band che lo ha prodotto, bisogna ammettere che siamo davanti a qualcosa di innovativo e sofisticato. Sinceramente dai Leprous non mi aspettavo un progetto così particolare ed ambizioso, troppo spesso chi suona prog tende a dimenticare la vera essenza del prog...ovvero la sperimentazione e la voglia di osare! I Leprous ci dimostrano di essere un gruppo progressivo nel vero senso del termine. Ammetto che l'album non sia di semplice ascolto, per coglierne l'oscurità servono più ascolti. infine ho trovato molto azzeccata l'idea di mettere gli archi, essi donano una maestosità a certi pezzi; pezzo inaspettato ma geniale: The Last Milestone |
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Mediocre... Già ascoltando il singolo ho capito che hanno decisamente cambiato rotta, in negativo a mio parere. Album dell'anno??? Ma per favore..... |
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Poche ciancie. Uno dei top del 2017. Non importa se é prog metal pop. ... É semplicemente arte. |
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io li seguo da tps ,visti per la prima volta di spalla gli amorphis e poi a milano in un posto squallido al tour di bilateral ,per me il più bel loro disco.va ascoltato più volte,e comunque per me non raggiunge i picchi dei precedenti ( neanche di congregation),non so se andrò a vederli perchè già al legend da bilateral avevano fatto poco e da tps niente ,comunque per me il voto è troppo alto |
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Jo-lunch, dove sarebbe virante al pop? Per qualche melodia orecchiabile? Un po' poco. E anche fosse, nel pop ci sono disconi mastodontici che nulla hanno di noioso o ripetitivo, chiedere a Susanne Sundfor e Roisin Murphy. Che poi quello nuovo dei Leprous non sia il tuo genere, ci sta: de gustibus...!  |
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Detto ciò, per me quest'album è davvero molto bello. Non ho ancora deciso un voto preciso, ma sicuramente sopra l'84. Non è al livello di The Tall Poppy Syndrome e Bilateral, anche se il confronto ha poco senso per via del cambio di sound, ma è comunque un discone. A meno di sorprese, magari da parte dei Ne Obliviscaris o dei Diablo Swing Orchestra, Malina si candida a essere il disco dell'anno. |
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Spiacente ma, già da Congregation, non li apprezzo più. E questo è un disco decisamente virante al pop. Non è il mio genere, noioso e ripetitivo. Sono cambiati ma in negativo, almeno per il sottoscritto. Rispetto il parere di tutti ma parlare di un grande album, in questo caso, è decisamente fuori luogo. Buona serata. |
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Perché i Leprous che fanno? C'è molta più melodia rispetto agli album precedenti e ci sono i synth, sì, e quindi? Ci sono anche le chitarre elettriche in primo piano, i tempi dispari intricati e via discorrendo. È progressive rock con vari momenti synth rock e passaggi sinfonici. Non basta qualche melodia catchy per fare paragoni con gli a-ha, non con quelle chitarre e quelle ritmiche. |
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...e no, non mi piacciono molto gli a-ha. Quello che hai citato è sicuramente il più apprezzabile desolé |
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vuoi dire quel capolavoro di "hunting high and low" ? |
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...e me gli a-ha a parte un pezzo, no grazie... Non un complimento per i leprous |
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chi ha parlato di progressive è fuori strada di km,qui siamo di fronte agli a-ha più colti,in questo disco non c'è ne prog,ne rock ne metal,ci sono solo i leprous |
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Il disco mi è piaciuto subito fin dal primo ascolto. Le parti cantate sono straordinarie, davvero eleganti, hanno virato verso la "classe" e di metal anche io non ci trovo più nulla. |
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Notevole questa cover futuristica, mi incuriosisce particolarmente. Ormai il filone prog sta prendendo sempre piu' piede prepotentemente in tutte le sfumature del metal, dalle più toste alle più delicate, dalle piu' classiche alle piu' estreme. Però devo ascoltarlo |
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bell'album ma non si può più parlare di metal |
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Trovai The Congregation un album notevole (nonostante qui dentro non sia stato "capito", se posso lanciare una frecciatina) e sono curioso di ascoltare questo nuovo. |
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@alex mi nomini i radiohead, mi costringi quindi ad ascoltare malina il prima possibile. se mi delude vengo a cercarti  |
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Io non ho mai ascoltato con gran interesse il gruppo in questione, apprezzandone solo pochi pezzi nei loro dischi precedenti. Ma mi è capitato di ascoltare qualche giorno fa questo disco e che dire, mi ha preso moltissimo, lo trovo un lavoro più che progressive, ai limiti di un alt rock, un rock intelligente, articolato e stratificato, pur nella sua apparente essenzialità, che spesso si ispira a realtà quali Radiohead su tutti (l'uso dell'orchestra all'interno delle composizioni qui si potrebbe paragonare benissimo a quello fatto da Yorke e soci sull'ultimo disco), specie nella gestione della voce - Einar non mi piace come cantante, non ne metto in dubbio le qualità, ma mi fa proprio lo stesso effetto che molti denunciano nella voce di, per l'appunto, Thom Yorke - che in questi brani trovo invece perlopiù azzeccata. Non ci sono eccessi, la pulizia e la concretezza regnano sovrane e basta ascoltare con attenzione e in silenzio le partiture di "The Last Milestone " per capire che siamo di fronte a un eccellente brano di musica contemporanea e fuori dal tempo, chissà dove si spingerà la fantasia creativa dei Leprous, partendo da questo pezzo! Infine un altro paragone mi viene da farlo con l'ultimo album di Steven Wilson: in entrambi i dischi l'intento di dare una svolta più "easy listening" al proprio sound è chiara, ma la complessità e la chiarezza del songwriting emergono senza difficoltà ad un ascolto attento, così che anche i tre singoli dei Leprous diventano dei pezzi memorabili e degni di nota all'interno del disco intero (e sì, anche Permanating ha un senso e la sua incredibile gradevolezza all'interno del contesto dell'intero album di Steven Wilson). In conclusione per me siamo sul 92 almeno. Alta classe. |
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3
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Gran disco. Nuove prospettive per il rock progressivo. |
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Non so, sto ancora aspettando che mi arrivi a casa quindi non do alcun giudizio finale, ma non nascondo che i tre singoli mi hanno perplesso -e onestamente annoiato- oltremodo. Non per fare necessariamente i cattivoni che vogliono sempre le esplosioni, che oltretutto erano parte fondamentale della loro produzione, ma spero che tutto l' album non segua interamente la deriva pop dei tre singoli o per me iniziano a scricchiolare pesantemente |
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sono cambiati ma la qualità è rimasta molto alta. Canzoni orecchiabili ma non per questo banali. Voto troppo basso. per me almeno 85 |
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Tracklist
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1. Bonneville 2. Stuck 3. From the Flame 4. Captive 5. Illuminate 6. Leashes 7. Mirage 8. Malina 9. Coma 10. The Weight of Disaster 11. The Last Milestone
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Line Up
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Einar Solberg (Voce, Tastiere) Tor Oddmund Suhrke (Chitarra) Robin Ognedal (Chitarra) Simen Børven (Basso) Baard Kolstad (Batteria)
Musicisti Ospiti: Raphael Weinroth-Browne (Violoncello, Archi)
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RECENSIONI |
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ARTICOLI |
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