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Grand Funk Railroad - Survival
12/04/2025
( 762 letture )
In poco più di qualche manciata di mesi, un’Era si stava già chiudendo: chiusa la stagione dei grandi ritrovi hippie, purtroppo accompagnata anche dalla prematura scomparsa di alcuni dei grandi protagonisti di un’epoca intramontabile e già rimpianta, si aprivano gli anni Settanta e la prepotente ascesa del movimento hard rock. Per i Grand Funk Railroad, arrivati sulla scena proprio in quel meraviglioso finale di anni Sessanta, l’esplosione dei primi tre dischi, coronata dal monumentale Live Album, aveva rappresentato un trampolino di lancio clamoroso. La qualità stordente del loro materiale, così come la veemenza incredibile anche e soprattutto dal vivo, ne avevano fatto dei nascenti Dei del Rock fin da subito e il ritmo infernale imposto dal produttore Terry Knight alle uscite discografiche, tutte concentrate nell’arco di pochi mesi, aveva esattamente lo scopo di imporre il gruppo di Detroit all’attenzione del grande pubblico e nella Top 40 di Billboard. Un obbiettivo che richiedeva un piccolo aggiustamento nelle sonorità del gruppo e che arriverà proprio a partire da Survival, quarto album in studio.

Si tratta del primo disco per il quale la band riesce ad avere più di due giorni per le registrazioni e, indubbiamente, questo ha un peso sia nella rifinitura dei brani che nella prova strumentale. Parliamo ovviamente e sempre dei Grand Funk Railroad e il loro approccio resta molto diretto, così come le strutture dei brani, ma è evidente che qualcosa rispetto ai primi album vada cambiando: l’aggressività è parzialmente ridotta, le canzoni assumono sempre più una connotazione propriamente rock, con chitarre acustiche e tastiera che fanno più volte capolino, mentre le influenze soul e funky emergono in maniera più evidente. Anche a livello di produzione Knight sceglie un suono più “mellow”, più dolce, evidenziando molto il già presentissimo basso di Schacher e la voce di Farner, qui autore di una delle sue prove più vibranti in assoluto. Anche la batteria di Brewer viene leggermente smorzata nei suoni, seppur rimanendo sempre in primissimo piano, assieme alla solista. Mentre appena più indietro resta proprio la ritmica di Farner, comunque protagonista dei suoi consueti raid. Scendendo nel dettaglio dei brani, inevitabilmente veniamo subito catturati dall’ottima Country Road e dal suo riff, con Schacher che co-conduce il brano e Farner che domina con la sua bellissima voce e un refrain che non si scorda. L’incastro dei musicisti è perfetto, basilare ma irresistibile e il gruppo sa davvero come dare ritmo e groove al brano che cresce clamorosamente sull’assolo con una furia che neanche la produzione riesce a smorzare davvero. Decisamente più rockeggiante e funky la seguente All You Got Is Money, con un’interpretazione decisamente votata al soul da parte di Farner e un gran lavoro della sezione ritmica, fino allo stupendo e lungo sfogo solistico con tanto di urla selvagge del cantante in sottofondo. Comfort Me prende decisamente un’altra piega, rivelandosi canzone dalle atmosfere mutevoli e dal forte impatto emotivo, tra ballata e ombre più oscure che si innervano nel brano, ricordando in certi passaggi la celeberrima I’m Your Captain, per l’uso dell’acustica. Il brano è forse appena troppo lungo, ma resta uno dei più significativi, in termini di “ricercatezza” dello sviluppo, del disco. La versione di Feelin’ Alright, brano già proposto tra gli altri anche da Joe Cocker, si sposa decisamente con il mood del disco, entrando a pieno titolo nelle scalette del gruppo. La seconda parte del disco parte con una curiosa registrazione del gruppo in studio e con I Want Freedom, introdotta da un giro di organo poi presto seguito da tutto il gruppo in una intro che ricorda quella che in versione estesa aprirà Phoenix e che poi sfocia nel brano vero e proprio. Si tratta indubbiamente del primo di una tripletta di livello superiore anche a quello ascoltato finora, con un coro di voci femminili ad accompagnare uno scatenato Farner e la consueta maestria della sezione ritmica a tenere assieme il brano. Ancora più emozionante la successiva I Can Feel Him in the Morning, nella quale il feeling soul è ancora più accentuato e che, come Comfort Me, vive di luce e ombre, con l’introduzione fatta dalla registrazione di voci di bambini che ne rivelano la natura profondamente emotiva e ancora il fondamentale apporto di organo e contrapposizioni vocali tra Farner e le voci femminili. In particolare qui, come già in altre tracce del disco, emerge il tentativo e la volontà di scrivere testi di un certo rilievo, a carattere sociale e religioso, con sempre una certa attenzione al tema della guerra (il Vietnam era sempre dietro l’angolo, d’altra parte). Chiude il disco la spettacolare cover di Gimme Shelter, brano dei Rolling Stones che viene reso con un tiro e una grinta da meritarsi il plauso degli autori e da diventare fin da subito una delle cover più celebri e valide di sempre. Spettacolo puro.

La volontà di Terry Knight e della band di imporsi a più alto livello porterà i Grand Funk Railroad a pubblicare un disco leggermente diverso da quanto fatto in precedenza, che non può definirsi di transizione, anche se sicuramente, arrivando dopo il Live, segna uno spartiacque nella loro carriera. Tanto che per molti amanti dell’hard rock esiste un prima e un dopo, col prima decisamente preferibile al dopo. Certo, la grezza quanto esaltante furia dei primi album qua subisce una bella ripulitura, ma è difficile sostenere che Survival ne risenta in peggio. Il disco è molto bello, con una seconda parte particolarmente intensa, coronata da una grandissima ed epocale cover. L’effetto si farà comunque sentire, con la band che continuerà a vendere milioni di copie e i singoli estratti che sempre più si avvicineranno all’obbiettivo preposto. La Leggenda andava costruendosi velocemente e, ancora, le frizioni interne restano lontane, con la band che si esprime in tutto il suo splendore. Da avere, senza ombra di dubbio.



VOTO RECENSORE
88
VOTO LETTORI
86 su 3 voti [ VOTA]
Fabio Rasta
Giovedì 24 Aprile 2025, 20.27.26
5
Bella la recensione del Lizard. Mi ha fatto venire voglia di riascoltarlo xché è uno di quelli che ho ascoltato meno, visto anche il fatto che le due + memorabili sono le cover. Prima o poi lo riscoprirò.
Jonathan
Venerdì 18 Aprile 2025, 17.02.56
4
Recensione ben curata per questo album dei nostri amici \"ferrovieri\" che reputo uno dei più maturi della discografia dei GFR con pezzi come la tripletta iniziale \"Country Road\", \"All You Got Is Money\" e \"Confort Me\" da livelli altissimi che poi vengono confermati dai pezzi successivi, soprattutto, la cover degli Stones \"Gimme Shelter\" anche meglio dell\'originale. Voto 90.
Rob Fleming
Lunedì 14 Aprile 2025, 10.51.44
3
Questo è il loro disco che più spesso trovato come imprescindibile. E quindi è stato il primo che ho preso. E invece è quello che mi ha sempre preso di meno. Bello (potrebbe essere diverso?), ma - per dirne uno - E Pluribus Funk lo trovo superiore. Per non parlare dei primi tre grezzissimi, ma con perle (anche melodiche) assolute. Ovviamente basta che Mark Farmer apra bocca per chiedersi perché ce lo dimentichiamo tutti come tra i cantanti più dotati, ma è come se fosse un disco di passaggio tra la furia degli esordi e l\'eleganza successiva. 77
Duke
Domenica 13 Aprile 2025, 8.05.14
2
...ottimo lavoro...una band che ha lasciato un segno...nella storia del rock...da tramandare alle nuove generazioni...
Fabio
Sabato 12 Aprile 2025, 20.13.12
1
Fa parte del periodo migliore della band che per me va da Closer To Home a Pluribus Funk
INFORMAZIONI
1971
Capital Records
Hard Rock
Tracklist
1. Country Road
2. All You’ve Got Is Money
3. Comfort Me
4. Feelin’ Alright
5. I Want Freedom
6. I Can Feel Him in the Morning
7. Gimme Shelter
Line Up
Mark Farner (Voce, Chitarra, Armonica, Tastiera)
Mel Schacher (Basso)
Don Brewer (Batteria, Voce)
 
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