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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Ross the Boss - New Metal Leader
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( 3786 letture )
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Devo essere sincero, quando ho ricevuto il presente dischetto non riuscivo davvero a credere a quello che avevo tra le mani: vuoi perchè il personaggio ha fatto la storia dell'heavy metal, vuoi perchè i Manowar hanno contribuito alla mia crescita musicale, vuoi perchè l'attesa per questa release è stata davvero lunga, in sostanza trovarmi a recensire l'album solista di Ross Friedman è stato davvero un compito piacevole ma anche da prendere con la dovuta cautela.
Credo che inquadrare il soggetto con qualche nota biografica sia alquanto superfluo; dirò solo che il Nostro - quando era ancora alle prime armi - durante un tour di supporto ai Black Sabbath conobbe un tale di nome Joey DeMaio con il quale fondò quello che da molti è considerato il custode del verbo del metallo più puro e duro: i Manowar. La militanza nel gruppo si interruppe subito dopo la fine del tour a supporto di Kings of Metal - nel 1989 - pare per divergenze artistiche. Successivamente collaborò con diverse band tra cui The Hellacopters, Majesty e il suo gruppo storico i Dictators.
Ora veniamo all'album. Dire che le aspettative erano alte è dire poco ma, nonostante questo, nutrivo dentro di me il sospetto che il buon Ross non si sarebbe discostato più di tanto dallo stile che lo aveva reso famoso. In effetti l'album raccoglie l'eredità della produzione “manowariana” con qualche inserto molto interessante di hard rock che contribuisce a dare un minimo di originalità al lavoro. Ad aprire le danze è il maestoso intro I.L.H., che lancia quello che è il primo singolo dell'album Blood Of Knives strutturato secondo uno schema abbastanza semplice ma al tempo accattivante e di immediata presa, soprattutto nel ritornello che rimane in testa anche dopo il primo ascolto. Si prosegue con I Got The Right, tradizionale cavalcata metal che fa il paio con We Will Kill e dove in entrambe si evidenzia l'ottima prova del vocalist Patrick Fuchs, che si alterna tra alti e bassi in modo egregio. Richiami a Stratovarius si hanno con Death & Glory giocati sulla doppia cassa di Matze Mayer e sul guitarwork ossessivo e veloce di Ross. Grande pezzo di hard rock è invece Plague Of Lies, dove finalmente emerge - anche se in minima parte - il basso di Carsten Kettering, che fino a questo momento si è limitato ad un lavoro essenziale e lineare senza spingersi in una qualche soluzione che potesse qualche scossa alle canzoni. Un intro acustico apre God Of Dying che poi esplode col passare dei secondi in ennesima metal song in senso classico che, alla lunga, annoia. May The Gods Be With You si muove su tonalità maggiori e registra ancora una buona prova di Kettering, questa volta un pò piu ispirato e libero. Ammetto che a questo punto dell'album, a parte pochi scossoni, il mio tasso di sopportazione giunge ad un livello piuttosto alto: anche dopo diversi ascolti ho avuto la sensazione che i brani risultino ripetitivi e con un songwriting che definire essenziale è politicamente corretto. Per fortuna c’è qualche freccia in grado di andare ancora a segno nella faretra di Ross che, con offre a mio avviso il brano migliore dell'album sia per tecnica musicale dei singoli membri sia per scrittura che si muove tra sfuriate heavy e richiami al thrash(non prendetemi per matto ma il ritornello mi ricordava i Pantera!). Si ritorna purtroppo su schemi abbastanza consueti con la orientaleggiante Matador, che ravviva la mia noia. A chiudere l'album è però un grande pezzo che riprende la maestosità dell'intro e alterna soavi passaggi acustici che fanno da contrappunto alla possenza che si respira nell'intero brano. Particolarmente ispirato è ancora Patrick Fuchs -che marca con forza i diversi episodi- e il buon Ross, questa volta davvero al servizio della band e non impegnato, come nei pezzi precedenti, a dare sfogo al suo estro chitarristico a volte slegato dal resto.
Sia la produzione che la tecnica musicale non solo di Ross, sono una garanzia di qualità e spingono l'album verso la sufficienza. L'album piacerà sicuramente ai fan del genere perchè presenta tutte le caratteristiche che hanno reso famoso l'axeman americano. Per quel che mi riguarda credo che aspettarsi di più da un personaggio simile sia d'obbligo e trovarmi davanti a questo tipo di prodotto, con una pochezza di scrittura e una mancanza di originalità davvero consistente, mi ha fatto storcere il naso non poco. Ma questo è solo il mio giudizio da umile recensore.Voi che ne pensate?
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3
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Buon album, e buon esordio "solista" x Ross the Boss. Lo amo per i vecchi album dei Manowar, e penso che la band, perdendolo, ci abbia perso, pur avendo poi acquisito dei buoni chitarristi (David Shankle e Karl Logan). Bisogna però giudicarlo per i lavori odierni, e non x il passato, pur "glorioso" ed "epico". C'è d'aggiungere che Patrick Fuchs, pur avendo una voce gradevole, non è Eric Adams, e chi ascoltase qst Cd x risentire i vecchi Manowar, farebbe bene a ripigliarsi i vecchi Cd della band newyorchese. Inoltre, Ross ha collaborato con la band Epic Metal italiana dei Wotan, eccellente gruppo musicale (non "clone" manowariano come i Majesty, purtroppo, band, a mio dire, inutile che scopiazza troppo, nel look e nei testi i Manowar) |
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2
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hai centrato il punto caro direttore...... |
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1
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Con un titolo così ci si aspetta qualcosa di buono . Buono per i fan dei manowar forse... |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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01.I. L. H. 02.Blood of Knives 03.I Got the Right 04.Death & Glory 05.Plague of Lies 06.God of Dying 07.May the Gods Be with You 08.Constantine's Sword 09.We Will Kill 10.Matador 11.Immortal Son
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Line Up
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Ross Friedman - guitar Patrick Fuchs - vocals Carsten Kettering - bass Matze Mayer - drums
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