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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 4442 letture )
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I Mustasch sono una di quelle tante band nordeuropee dedite ad un rock'n'roll vitaminizzato con una sana dose di compattezza metalliaca. Provengono dalla Svezia, da Goteborg, e si sono formati addirittura nel 1998: in dodici anni di attività hanno prodotto cinque album (compreso l'ulimo Mustasch; che ci apprestiamo a recensire), trattando argomenti vicini a tutti noi come l'amore, i problemi quotidiani, la solitudine; tuttavia la creatura di Ralf Gyllenhammar non è ancora riuscita ad elevarsi dal rango di band 'secondaria', poco conosciuta alle grandi platee di appassionati e arroccata al suo ruolo di cult band che punta innanzitutto a divertarsi suonando giorno per giorno la propria musica. Sulla genuinità della proposta, qui non si discute. Rock ordinato e potente, molto omogeneo nelle parti vocali e privo di un'eccessiva componente commerciale. Un sound robusto ma talvolta ripetitivo e poco incline al trasporto emotivo: sopratutto nelle vocals, troppo spesso incapaci di dare personalità ai singoli pezzi. Il disco segue un canovaccio in cui ad un inizio nella norma seguono i due pezzi migliori del lotto, prima di una manciata troppo corposa di tracce discrete prive di mordente e di una ballad piacevole: troppo poco per risollevare le sorti del lavoro di questi musicisti svedesi, che danno il meglio in Damn It's Dark: la notevole musicalità del ritornello, la voce in primo piano, i brevi assoli melodici. Rock semplice, lontano da trame intricate e avvolto da una notevole potenza che riveste di metallo lo stile del quartetto. In certi frangenti si nota il riferimento allo stile cupo e possente dei Metallica del Black Album, quasi a volersi collocare a metà tra quel disco ed il moscio successore Load: i Mustasch ci riescono solo in parte, dando più energia ed immediatezza ai primi pezzi della tracklist (interessanti i cambi di tempo di Mine) ma perdendo il filo del discorso con il passare del tempo. I ritmi non veloci lasciano poco spazio all'esaltazione, e già a metà disco iniziano a manifestarsi i primi sintomi di una noia che difficilmente può venire scossa da riff affatto memorabili. L'apice negativo è certamente Desolate, nonostante qualche sprazzo orientaleggiante del tutto fuori contesto. Si cerca di recuperare punti in coda: con la più intensa Deep In the Woods, con la dolce ballata I'm Frustrated e col riff più deciso di Lonely: ma è poco, pochissimo sale aggiunto su una portata che si annunciava più saporita ed invece risulta insipida e difficile da digerire tutta d'un fiato. Troppo sporadici gli assoli di chitarra di David Johannesson, troppo sporadici e troppo brevi: il migliore risulta essere quello leggermente più prolungato di The Audience Is Listening; ma per il resto prevale sulla scena l'oscura e massiccia presenza della sezione ritmica, davvero monolitica (merito soprattutto dell'innesto di Danne McKenzie, nuovo drummer del four pieces scandinavo). La voce di Ralf Gyllenhammar, una vaga somiglianza somatica con James Hetfield, risulta gradevole ma raramente elettrizzante nelle sue parti, piuttosto statiche. La band parla di un sound che punta dritto al cuore e nel quale conferisce tutto lo spirito rock dei suoi componenti: ma all'atto pratico la longevità di Mustasch si rivelerà ben poca cosa.
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4
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Peccato per il pessimo voto, perchè Powerhouse è un disco veramente piacevole e ben confezionatp |
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3
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esatto, anch'io la penso come Electric Warrior |
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2
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In effetti.. tu chiamala, se vuoi, ironia... |
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1
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che credibilità può avere un gruppo che si chiama "baffi"? |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Tritonus (prelude) 2. Heresy Blasphemy 3. Mine 4. Damn It's Dark 5. The Man, The Myth, The Wreck 6. The Audience Is Listening 7. Desolate 8. Deep In The Woods 9. I'm Frustrated 10. Lonely 11. Blackout Blues 12. Tritonus
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Line Up
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Ralf Gyllenhammar - Vocals, Guitars David Johannesson - Guitars Mats Stam Johansson - Bass Danne McKenzie - Drums
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