|
27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
|
|
Mesmerize - Tales of Wonder
|
( 2560 letture )
|
Un esordio atteso dieci anni: se si volesse individuare un titolo a effetto per sintetizzare Tales of Wonder, opera prima dei nostrani Mesmerize, non potrebbe essere che questo. La band milanese si è infatti formata nel 1988, ma solo nel 1998 è giunta sul mercato, sotto l’egida della Underground Symphony e dopo due demo rilasciati rispettivamente nel 1991 e nel 1993. I cinque lombardi si fanno alfieri di un heavy/power molto arioso e ottantiano, costruito su riff esplosivi e linee vocali positive, quasi sognanti. Uno stile dunque assai melodico, come era molto in voga a metà anni Novanta.
Disseminati lungo la scaletta troveremo assoli fluidi, refrain ariosi e catchy, potenza e atmosfera, quest’ultima creata ad arte dal lavoro delle tastiere. Gli elementi tipici del power melodico novantiano ci sono tutti e sono ben mescolati in brani dinamici, generalmente mid-time, che si discostano quindi dal classico power-speed alla tedesca per assestarsi su coordinate più morbide. Nella tracklist spiccano episodi trascinanti come The Werewolf, con la velocità più affine al metal teutonico che viene confinata alle sole Children of Reality o Danse Macabre; più suggestive, ma anche più macchinose, tracce come Hell on Wheels o War Journal offrono spunti maggiormente evocativi, suonando quadrate ma inevitabilmente meno dirette. Da elogiare è il fatto che tutti i brani possiedono una struttura curata e relativamente in movimento, nel senso che alterna diverse sfumature, cambi di tempo e sezioni variegate; forse il suono della batteria non è abbastanza corposo, ma per il resto il disco è scorrevole ed emozionante in diversi tratti, con alcuni passaggi davvero suggestivi dal punto di vista vocale (Sea of Lies, Forging the Darksword), una vena epica sempre costante e qualche bel riffone accattivante (Ragnarök). Il lavoro tutto è permeato da un flavour quasi magico e ancestrale, che va a creare un’atmosfera intensa e surreale, sublimata dal contrasto tra la voce -dolce e passionale, quasi sofferta- e la musica, arcigna nel riffing e pure martellante in determinati passaggi ritmici. Tra i brani migliori del lotto va sottolineata la già citata Danse Macabre, lunga e articolata: una composizione arricchita da differenti sezioni, tanta melodia, un assolo emozionante, ottimi stacchi strumentali ed un chorus più che valido.
Discrete, ma non trascendentali, invece, Flatliners e la lenta Chorus of the Rain, le quali concludono il disco assestandone la tracklist a dodici episodi. Un po’ troppi, forse, in quanto chi scrive ritiene che un buon disco dovrebbe soffermarsi a otto o nove canzoni per non diventare stucchevole e eccessivo. Al di là di questi dettagli, tutti i musicisti offrono prove singole ampiamente convincenti, andando a definire un prodotto delizioso e meritevole. Non sarà un capolavoro, non rifarà la storia dell’Acciaio tricolore, ma è piacevole e ben composto, suonato e prodotto: un debutto decisamente incoraggiante.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. The Werewolf 2. Hell on Wheels 3. Logan's Run 4. Children of Reality 5. Sea of Lies 6. Ragnarök 7. Danse Macabre 8. The Catalyst 9. Forging the Darksword 10. War Journal 11. Flatliners 12. Chorus of the Rain
|
|
Line Up
|
Folco Orlandini (Voce) Piero Paravidino (Chitarra solista) Paolo Chiodini (Chitarra ritmica) Andrea Tito (Basso) Andrea Garavaglia (Batteria)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
 |
|
|
|
|
|