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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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( 3777 letture )
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Ed eccoci qui a parlare del ritorno dei Vintersorg, ovvero il duo formato da Andreas Hedlund e Mattias Marklund, che giungono così al traguardo dell’ottavo full-lenght intitolato Orkan, il quale esce quasi un anno dopo il buon Jordpuls. Per una volta pare che una band si sia decisa ad ascoltare le richieste dei propri fans, cioè il fare un passo indietro per poter fare un passo in avanti (scusate il gioco di parole). In un certo senso Orkan riprende l’album precedente migliorandolo, proponendo una ridotta (ma ancora presente) dose di influenze progressive e lasciando tanto spazio ad un intreccio di musica folk/viking parecchio orecchiabile e piacevolmente catchy. Ma come vedremo col passare della recensione il termine “orecchiabile” non indica il discreto svolgimento del classico compitino, anzi, questo progetto musicale è tornato su livelli altissimi senza fare un uso sfrenato del termine prog e senza copiare spudoratamente quei due capolavori chiamati Till Fjälls e Ödemarkens Son.
Orkan significa letteralmente uragano, termine più che mai giusto per rappresentare i cinquanta minuti di durata del platter. All’interno di esso siamo letteralmente succubi del dualismo vocale di Andreas, il quale spazia tra il suo inconfondibile cantato in pulito e l’altrettanto ottimo screaming, quest’ultimo sempre posizionato al posto giusto e veramente notevole in quanto a esecuzione, ma questa non è una novità. Il riffing delle chitarre è di assoluto livello, le trame sono ariose e accompagnano con fare meticoloso ogni singolo secondo del disco. Allo stesso modo piacevoli risultano le chitarre pulite e i vari assoli che compaiono ogni tanto. Il basso –tranne qualche raro caso– segue a mo’ di stalker le varie armonie rinvigorendone il suono; un po’ lo stesso lavoro viene eseguito dal drum-kit programmato ad arte da Andreas, lasciando altrove il pensiero di ricorrere ad un batterista in carne ed ossa. Non dimentichiamoci comunque delle tastiere e dei synth, molto presenti in questo album e con risultati più che ottimi: mi sono infatti trovato ad apprezzarli in più di un momento. Ricordiamo, infine, il lavoro svolto dall’ormai leggendario Kris Verwimp per quanto riguarda artwork, disegno sul CD e booklet, senza dubbio l’ennesima grande opera dell’artista belga. Volendo si può parlare della produzione, ma è ovvio come non ci siano problemi sotto questo punto di vista, infatti i suoni sono puliti e nitidi quanto basta, con tutti gli strumenti che operano all’interno del proprio spazio senza invadere gli altri o senza rimanere troppo in disparte.
Partiamo subito con Istid, canzone che presenta immediatamente un’alternanza vocale adagiata su una ritmica medio-veloce, dove è possibile notare l’apporto fondamentale delle tastiere. Le parti più melodiche accompagnate dallo screaming entrano immediatamente in testa, parallelamente anche le parti cantate in pulito e accompagnate da una serie di coretti sorbiscono lo stesso effetto, dopo diversi ascolti dell’album non potrete fare altro che canticchiarle continuamente. Nei minuti finali il brano viene indotto da un piacevole assolo verso sonorità più delicate e ritmicamente lente, il tutto sempre molto ben composto e organizzato. In Ur stjärnstoft är vi komna ci troviamo inizialmente davanti ad una classica canzone viking con qualche piccola variazione qua e là, il brano si lascia ben trascinare da un’alternanza di up-tempos (accompagnati dall’acida voce di Andreas) e parti maggiormente lente dove riaffiora qualche tocco di matrice progressive. Da sottolineare l’ottimo lavoro della componente sinfonica e come questi sette minuti scarsi ricordino molto sonorità già sperimentate in Visions from the Spiral Generator; in sostanza un brano che mi è piaciuto veramente molto per la sua immediatezza nonostante il minutaggio e le soluzioni al suo interno. A seguire abbiamo Polarnatten, senza dubbio la mia preferita, introdotta da feroci up-tempos e da una serie di costanti note di tastiera in sottofondo. La base sinfonica sul quale si adagia la canzone è perfetta e permette al duo svedese di creare un vero e proprio gioiellino grazie ad un riffing ispirato e alle solite variazioni vocali. Negli attimi conclusivi gli strumenti prendono in pugno la situazione tra assoli, riff rocciosi e riff melodici, e armoniose trame di tastiera. Myren viene introdotta da una serie di tocchi sinfonici, sovrastati dopo neanche un minuto dalle note di Mattias. Verso metà la composizione assume toni completamente folkloristici sotto i colpi dell’arpeggiare pulito di una chitarra e del basso; dopo un breve assolo dai richiami settantiani la band fa ritorno verso sonorità più crude e pesanti, andando così a concludere il brano in bellezza. Ottima l’intro di tastiera di Orkan, traccia catalogabile come cinque minuti di gran classe contenenti cambi di ritmiche, sprazzi di prog, attimi puramente estremi e un mood decisamente trascinante. Devo ammettere che quando uscì come anteprima questo pezzo non mi aveva per nulla entusiasmato, anzi, mi aveva fatto pensare al peggio, ma nell’ottica generale dell’intero album acquista immediatamente il suo fascino. Stesso discorso per la successiva Havets nåd, pure lei uscita come anteprima e anch’essa non mi era parsa granché durante i primissimi ascolti, ma col passare del tempo si è rivelata ottimamente riuscita. Gli attimi più belli sono sicuramente quelli dove le sonorità folkloristiche vanno ad incrociarsi col black metal, anche se l’intero brano è ottimamente composto e in un certo senso funge da apripista per le due canzoni finali, sicuramente le più prog-oriented di tutto Orkan. Norrskenssyner e Urvädersfången sono infatti più ragionate del solito e di conseguenza più introverse, portando l’ascoltatore ad ascoltarle più e più volte per permetterne una completa assimilazione.
Niente di particolare da aggiungere, i due pezzi finali accompagnano con qualità ed onore questa nuova fatica verso la propria conclusione. Posso ritenermi soddisfatto di quest’opera, musica matura ma non necessariamente complicata e carica di sonorità catchy per nulla zuccherose o eccessivamente smielate. Diciamo pure che i "The Vintersorgs" hanno finalmente trovato la formula giusta e sono più in forma che mai, specialmente Andreas, il quale è anche alle prese con il ritorno degli Otyg, un disco che tutti speriamo sia valido quanto le ultime due uscite di questo artista svedese (Borknagar e appunto Vintersorg). Per concludere vi consiglio l’ascolto di Orkan, non ne rimarrete delusi.
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9
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Bell\' Album che scorre fluido.. Però, secondo Me, manca il Brano memorabile. |
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8
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ottimo album, però sinceramente 83 è troppo...un 75 pieno |
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7
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Grande Vintersorg (Hedlund)! Dopo l'ultimo dei Borknagar (superiore a questo) e' riuscito a conquistarmi di nuovo ed a cosi' breve tempo di distanza... Attendo con ansia gli sviluppi del progetto storico Otyg. Ma come fa a fare tutte queste cose contemporanemante? Lo ammiro molto. |
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5
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i brani fanno fatica a rimanermi in testa (stessa ed identica cosa successa con i due album precedenti)... preferisco ed apprezzo molto di più le doti del Vintersorg intricato & sperimentale di album come "the focusing blur" e "visions from the spiral generator" |
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4
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Questa uscita mi ha colto di sorpresa... non pensavo che ad un anno dal precedente uscissero con un nuovo disco. Sarà mio. |
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3
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L'ho ascoltato da amante del Viking e ne sono rimasto un po deluso... Cioè non ho tovato ciò che speravo... Però sono d'accordo con il recensore sulle tastiere, molto belle e azzeccate! Molto bella la rece, tecnica ma senza annoiare |
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2
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jordplus l'ho mancato clamorosamente, vedrò di rimediare andando ad ascoltare questo nuovo...cmq bella copertina... |
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1
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Granbell'album. Finalmente si è ripreso. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Istid 2. Ur stjärnstoft är vi komna 3. Polarnatten 4. Myren 5. Orkan 6. Havets nåd 7. Norrskenssyner 8. Urvädersfången
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Line Up
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Vintersorg: voce, chitarra, basso, tastiera, programmazione batteria Mattias Marklund: chitarra
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