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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Redmist Destruction - Nobility In Death
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( 901 letture )
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Il thrash britannico si è sempre distinto per una componente integerrima e scevra di divagazioni tecniche e melodiche considerevoli: pura foga, sporcizia e nervi tesi, il resto non conta. Non sono da meno i Redmist Destruction, quattro ragazzi provenienti dal sud dello Yorkshire, insieme dal 2008: nel loro disco d'esordio, Nobility In Death, infatti, vengono concentrati tutti i cromosomi suburbani canonici nel thrash generato sul suolo inglese, al limite del cliché. Undici tracce che sono come undici sassate, ma che al tempo stesso suonano prive di distinzioni e sfumature: va bene lo spirito punk, va bene l'intransigenza della proposta, ma a tutto dovrebbe esserci un limite! Qualche cospicuo elemento hardcore fa sovente capolino nel thrash moderno e diretto dei ragazzi britannici, i quali si accaniscono senza sosta alcuna sui loro strumenti: la band ci dà decisamente dentro, sfoderando grandissima energia ed esibendosi in pezzi dalla forte velocità, anche se alla fine il risultato non è eccezionale o particolarmente rimarchevole di nota. Voce sgraziata e tupa-tupa martellante sono all'ordine del giorno, eppure i pezzi rimangono nella media, ben fatti ma tutto sommato banali, già sentiti e privi di scintille caratteristiche. È un suono molto crudo e senza orpelli, quello dei Redmist Destruction, dettato da ritmiche urgenti e chitarre sfuggenti, ma mai incisive quanto dovrebbero: l'assenza di riff memorabili o anche soltanto incisivi lascia pensare ad un lavoro, quello alle sei corde, svolto quasi come mero compitino, svolto con dovizia ma senza colpi da knockout. D'accordo, un paio di eccezioni ci sono: stiamo parlando di canzoni dirompenti quali Strive To Belong (con le sue ottime ripartenze a rincorsa) o Gefängnisstadt, ma sono solo episodi sparuti, troppo poco per alzare la media qualitativa del platter. Le canzoni tendono eccessivamente a somigliarsi pericolosamente: il rischio noia è una costante, sempre dietro l'angolo, e fare distinzioni tra i singoli brani diventa un'impresa non da poco. Non aiutano certo le linee vocali, di matrice hardcore, tutte urlate e generalmente prive di ritornelli cantabili o assimilabili. L'artwork di copertina è un'accozzaglia di visioni mortali, che potrebbe apparire molto carino se non fosse così incasinato: teschi, falci, mietitrici e figure più o meno sofferenti fanno da apripista e contorno alla musica del quartetto d'Oltremanica, che peraltro possiede un logo semplicissimo, scarno, ma azzeccato e sicuramente ben congegnato; fatti gli onori di casa, è tempo dunque di addentrarci nella pancia del full length in questione, enunciandone pregi e difetti come di consueto.
Indipendente ed autoprodotto, Nobility In Death mette in luce una qualità sonora notevole (proprio considerato il fatto che non è appoggiato da nessuna grossa casa discografica) e si apre con una vigorosa batosta come Eternity Deprived, caratterizzata da ritmi elevati e pure da qualche insolita -visto il genere- spruzzatina melodica; The Coroner fa sfoggio di repentini cambi di tempo ed una parte centrale gonfia di adrenalina, mentre Hell Capitàn è un assalto frontale immediato e cruento, modellato attraverso rallentamenti e ripartenze d'ordinanza. Strive To Belong poggia su un roboante riff iniziale ed è il pezzo più riuscito del lotto, quello capace di far ondeggiare le teste e coinvolgere l'ascoltatore: finalmente un po' di sano headbanging, sospinto da linee vocali più cantabili, ritmi incalzanti ed un guitar solo più che discreto. Ancora molto concitata è Terrorist, che nonostante un paio di assoli allucinati rimane un brano non trascendentale; Only Human non si discosta di molto dal canovaccio consueto, ma possiede qualche momento melodico più spiccato rispetto alle altre canzoni. Superata un'intro abbastanza inutile come The Noble Dead, si giunge alla valida Gefängnisstadt, aperta da un riffing fibrillante e poi delineatasi come sfuriata rapidissima, nella quale si mette in luce l'ottimo drumworking di Ryan Bright; oltre alle solite serrate ritmiche, invece, He Who Suffers annette parti vocali e rallentamenti molto pesanti da digerire, apparendo forse come episodio più ostico. Poco aggiunge, al compito globale, Herbert West - Reanimator, un brano dotato di qualche scheggia al vetriolo e alcuni cori sguaiati; la conclusiva Fucking Destroy è una mazzata brevissima e bastarda fino al midollo, un autentico calcio nei denti: nè più nè meno. In altre parole, un piccolo e sintetico biglietto da visita posto in coda, al termine di trentadue minuti (abbondanti) nei quali i Nostri non fanno che correre a perdifiato, e picchiare come ossessi.
Alla fine dell'ascolto, restano impresse soprattutto le cose buone mostrate in un paio di pezzi, quelli citati prima del consueto track-by-track: magari questa band sfoggiasse sempre quella vitalità e quel feeling! Invece tende a ripetersi, sguazza nello stantio e ci regala pure pochi assoli di chitarra; e, va detto, quei pochi non sono nemmeno coinvolgenti o elettrizzanti. Per fortuna le tracce sono brevi e scorrevoli, perché altrimenti la voglia di skippare sarebbe inesorabile: momenti di varietà ce ne sono pochissimi, eppure questi sono vitali per mantenere flebilmente in vita l'attenzione, che altrimenti sarebbe scemata dopo tre o quattro episodi. I Redmist Destruction hanno parecchia strada ancora da percorrere, e difatti Nobility In Death è soltanto un debut-album: i quattro di Barnsley meritano una seconda occasione, a patto che sappiano rendere più personale e fresco il proprio sound, creando composizioni più versatili e che non si limitino ad essere la sterile fotocopia di un'aggressione viscerale, sicuramente, ma ripetuta pedissequamente con sistematico incaponimento. Band di questa tipologia inflazionano il mercato con continuità irritante, e pertanto è bene trovare il quid necessario per fare la differenza, diventare qualcuno senza necessariamente fossilizzarsi su uno standard.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Eternity Deprived 2. The Coroner 3. Hell Capitán 4. Strive to Belong 5. Terrorist? 6. Only Human 7. The Noble Dead 8. Gefängnisstadt 9. He Who Suffers 10. Herbert West - Reanimator 11. Fucking Destroy
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Line Up
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John Upson (Voce, Basso) Ryan Carrier (Chitarra) Ryan Colwell (Chitarra) Ryan Bright (Batteria)
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RECENSIONI |
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