|
27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
|
|
The Allman Brothers Band - Brothers and Sisters
|
( 7222 letture )
|
Il 29 Ottobre 1971 il leggendario chitarrista Duane Allman, leader della Allman Brothers Band, muore ucciso dalle conseguenze di un incidente di moto. Avrebbe compiuto 25 anni il mese successivo. La notizia fa il giro del mondo in poche ore: Duane è senza dubbio uno dei più grandi talenti mai emersi alla chitarra e il suo stile inimitabile ha raggiunto una fama indiscussa, anche grazie alle sue infinite collaborazioni come session man. Una perdita incalcolabile, ma il gruppo ha appena ottenuto il suo più grande successo grazie al disco At Fillmore East, monumento live immortale e non c’è neanche il tempo per elaborare il lutto, che le scadenze di contratto premono. Esce così l’altrettanto stupendo Eat a Peach, disco che suona come un dolce e meraviglioso addio al chitarrista, grazie anche alla clamorosa Mountain Jam, 34 minuti di elegia southern presa anch’essa dalle registrazioni al Fillmore East, testamento ideale che rilancia ancora la leggenda di Duane e dell’intera band. Il gruppo a quel punto inserisce in organico un nuovo pianista, l’ottimo Chuck Leavell, per non perdere uno strumento solista senza però sostituire direttamente Duane. La nuova formazione debutta il 2 Novembre 1972 dal vivo. L’11 Novembre 1972, pochi giorni dopo, Berry Oakley bassista del gruppo, muore nel suo letto a Macon, Georgia, a causa di una emorragia cerebrale interna conseguenza di un incidente in moto avvenuto la sera stessa e malauguratamente sottovalutato dal musicista. Aveva 24 anni. In poco più di anno, la band subisce un doppio colpo tremendo e assapora nuovamente l’amaro gusto della tragedia.
Gli equilibri interni, nel frattempo, cambiano ancora più rapidamente. Gregg Allman è da sempre il compositore principale del gruppo, chiamato dal fratello proprio per ricoprire questo ruolo e disciplinare una band pericolosamente orientata verso l’infinito flusso della jam. Il suo è un compito quasi da architetto sonoro, ma il leader incontrastato e stimato da tutti è Duane, almeno fino alla sua morte. Gregg è timido, taciturno, non è pronto ad assumersi un compito così pesante e la morte del fratello maggiore, da sempre suo idolo e vero amico, lo danneggia fortemente fino a procurargli vere e proprie crisi di panico, che lo coglieranno sempre più spesso, specialmente prima delle esibizioni dal vivo. E’ in questo clima che la leadership passa, quasi inevitabilmente, nelle mani dell’altro chitarrista, Richard ‘Dickey’ Betts. Betts, diciamolo subito, è un ottimo musicista, degno contraltare di Duane e validissimo compositore, che ha dato alla band alcuni dei suoi brani più importanti e famosi, a partire proprio dall’incredibile In Memory of Elizabeth Reed, canzone strepitosa e a dir poco seminale. Il suo stile, però, ha una chiara derivazione country, che ammorbidisce e leviga fortemente le ruvide composizioni blues tipiche del gruppo e spinge spesso verso ritmiche più piane e meno nervose di quelle create da Gregg ed esaltate dalla poderosa doppia sezione ritmica.
Nell’agosto del 1973 esce Brothers and Sisters, dedicato a un fratello – Berry Oakley, album che sancirà definitivamente lo status della Allman Brothers Band e scolpirà il suo nome nella Hall of Fame di tutti i tempi. Non stupisce di vedere che l’equilibrio compositivo si sia spostato e che dei sette brani presenti in scaletta solo due siano opera di Gregg, mentre quattro portano la firma di Betts, il quale occupa l’intero secondo lato dell’LP. Ma le cose, a livello musicale, funzionano ancora alla grande e l’album è di un livello semplicemente stellare. Non c’è una sola canzone che non sia un piccolo o grande capolavoro e, almeno ascoltando queste tracce, sembra che la magia non sia mai morta e che la leggenda della Band avrebbe potuto continuare per sempre. In realtà, le frizioni interne stavano per esplodere ed è evidente che la band stia cambiando faccia. Se l’opener Wasted Words, composta da Gregg, è il più classico dei brani tipici del gruppo, saltellante blues venato di rock con un continuo scontro solistico tra Betts e il nuovo Leavell e una melodia piacevole ma per niente addomesticata, la seguente e famosissima Ramblin’ Man con la sua natura scoperta di country rock song, ci dice che qualcosa è cambiato definitivamente. La canzone diverrà addirittura il più grande successo per il gruppo, posizionandosi al secondo posto della classifica di Billboard e trascinando l’album al primo, per ben cinque settimane. Il tipico assolo centrale, con Betts che tenta di coprire tutti gli spazi prima occupati da Duane grazie all’ausilio dell’ottimo Les Dudek, non può nascondere l’effetto provocato dalla sua voce morbida e dalla melodia; la canzone resta comunque splendida e ancora pienamente godibile al giorno d’oggi. Le prime due tracce sono anche le ultime composizioni nelle quali è possibile ascoltare lo stile inconfondibile di Berry Oakley. Come and Go Blues è un nuovo colpo a segno da parte di Gregg, con uno splendido lavoro in sottofondo del nuovo entrato Lamar Williams al basso, musicista sicuramente dotato, dal piglio deciso e dal suono rotondo e pieno. Da subito una sicurezza. Molto piacevole e ben riuscita la cover di Jelly Jelly, ancora blues di spessore, con una interpretazione sofferta di Gregg alla voce. Tutt’altra verve con Southbound, rock/blues scoppiettante e strapieno di energia, nella quale si respira la migliore aria della Band, tra assoli infuocati e Betts a dettare legge, ancora assecondato e rilanciato dall’ottimo Leavell. Ma è tempo di superclassici e Betts tira fuori dal cilindro la sua composizione più famosa e una delle più belle e riconoscibili cavalcate strumentali di tutti i tempi: Jessica è uno dei brani che nella vita tutti dovremmo ascoltare e amare senza riserve; la sua melodia solare, allegra, gioiosa e piena di vita, la ritmica e le percussioni, gli intrecci di chitarra elettrica, acustica e piano, i contrappunti del basso, gli scambi di assolo, la costruzione esemplare, tutto è semplicemente perfetto e bellissimo, inesauribile fonte di ascolti ripetuti e infinito piacere. Siamo al cospetto dell’Immortalità, del capolavoro assoluto e non resta che goderne appieno, ancora e ancora. Chiude l’ennesimo grande colpo di Betts, l’ottima country/honky tonk/blues Pony Boy, altro gioiello semiacustico pregno di nostalgia e ritmiche irresistibili, che lascia un sapore dolce e al tempo stesso malinconico all’ascoltatore, spingendo a girare il vinile e riappoggiare la testina per ricominciare il viaggio, nell’illusione che il tempo possa davvero fermarsi, racchiuso nei solchi di questo stupendo album.
Il biondissimo bimbo che ci accoglie sulla copertina di Brothers and Sisters non è Duane Allman, come sarebbe forse lecito pensare, ma Vaylor Trucks, figlio del batterista Butch Trucks, mentre il retro copertina è occupato dalla foto di Brittany Oakley, figlia di Berry e della moglie Linda. Brothers and Sisters è l’ultimo grande album della formazione originale della Allman Brothers Band e chiude un’epopea in continua ascesa aperta quattro anni prima in Florida. Quinto album e quinto capolavoro consecutivo di un gruppo che ha lasciato un solco profondissimo nell’immaginario collettivo e musicale statunitense e non solo. Prime movers e inventori di un modo di suonare che ancora oggi ispira centinaia di jam bands in tutto il mondo, con questo disco i Nostri immortalano un momento della loro vita che indica il definitivo passaggio all’età matura e la definitiva trasformazione di un ensemble che non poteva più essere uguale a se stesso, dopo la doppia tremenda tragedia che lo ha colpito. Di fatto, il gruppo non riuscirà più a ripetersi su questi livelli per anni e fino al definitivo abbandono di Dickey Betts e al ritorno al comando di un ritrovato Gregg Allman. Qua si respira l’aria del migliore southern rock, dato che le pulsioni melodiche ancora si sposano con un robusto background blues, country e rock, esaltato dalla vena d’improvvisazione di matrice jazz, senza risultare troppo annacquate o comunque eccessivamente confidenziali e di maniera, come invece avverrà in seguito, seppur sempre con un profilo più che dignitoso. Fatevi un piacere e andate a riscoprire questo vero e proprio monumento di grande musica.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
9
|
Tanto x iniziare, appoggio tantissimo il commento n° 5 di andreastark, forse parente di Tony Stark. DICKEY BETTS, appoggiato da uno strepitoso CHUCK LEAVELL, da letteralmente il bianco, sia come composizioni, che come esecuzioni. Chi non conosce Jessica. Ma invito chi passasse di qua, ad ascoltarsi, o ri-ascoltarsi, la + canonica Southbound, e concordare con me sul fatto che sia un esempio totale di come andrebbe approcciato e suonato il Rhythm'n'Blues x un bianco. Tutto il disco rimane un capolavoro immortale sotto tutti i punti di vista, persino quello della copertina, con una foto interna che ci descrive perfettamente uno stile di vita ormai estinto, ma di cui si può percepirne l'esatto spirito, tradotto poi in Musica nei solchi. Non mi dispiace infine, l'approccio Country di BETTS, ben descritto da Lizard, ma sono anzi contento, almeno gusti miei, che sono sparite le infinite Jam psichedeliche, figlie di un'epoca di eccessi misti ad ideali profondi, che andava appunto, inesorabilmente scomparendo. |
|
|
|
|
|
|
8
|
Band di un livello tecnico spaventoso.Per me,la migliore rock band americana.Il disco in questione semplicemente eccezionale.Wasted words,Ramblin man,Southbound,Jessica ,Come and go blues sono tutti classici del southern rock. |
|
|
|
|
|
|
7
|
Album da paura! Incredibile come non abbiano praticamente mai sbagliato un colpo |
|
|
|
|
|
|
6
|
@Andreastark: concordo assolutamente! Hittin' the Note è un disco splendido, degnissimo dei tempi d'oro e il doppio monumentale "Live at the Beacon Theatre" è semplicemente clamoroso... Musica da ascoltare a ripetizione, infinita, fluida. Sono un gruppo pauroso e restano grandiosi. I Gov't Mule... Per ora siamo più orientati sui classici, diciamo. Ma non dubitare che ci occuperemo di loro prima o poi: troppo importanti e troppo validi, Warren Haynes è semplicemente uno dei più grandi interpreti della chitarra moderna. |
|
|
|
|
|
|
5
|
Il bello di questo immenso disco è che nessuno avrebbe scommesso una cippa sulla band senza Duane....e invece Gregg Allman e Dickey Betts piazzano uno dei loro più grandi capolavori e si consegnano definitivamente all'immortalità....tra l'altro Dickey Betts in questo disco consegnerà all'intero mondo del Southern Rock uno stile solistico che farà scuola per tutta la scena southern....e dire che lui era quello sottovalutato dei 2 fenomenali chitarristi degli Allmann!!!!! consiglio....ascoltatevi anche i dischi più recenti con gli immensi Warren Haynes e Derek Trucks alle chitarre sono molto molto validi ...concordi Lizard? Richiesta...recensite i Gov't Mule!!! |
|
|
|
|
|
|
4
|
Oh barbonazzi! fate una recensione di Hank Williams III!!! |
|
|
|
|
|
|
3
|
grandissima allman band..poi ha sempre avuto frontman di valore..duane,dickey e ora ci stanno quei due mostri di dereck trucks e warren haynes.giù il cappello |
|
|
|
|
|
|
2
|
Una sola parola: IMMENSO! Ottima recensione. |
|
|
|
|
|
|
1
|
bravo @lizard, gran disco. aspettiamo 'idlewild south' adesso.... |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Wasted Words 2. Ramblin’ Man 3. Come and Go Blues 4. Jelly Jelly 5. Southbound 6. Jessica 7. Pony Boy
|
|
Line Up
|
Gregg Allman (Voce, Organo, Chitarra ritmica) Richard Betts (Voce, Chitarra solista e slide, Dobro) Chuck Leavell (Piano, Piano elettrico, Cori) Berry Oakley (Basso su tracce 1 e 2) Lamar Williams (Basso) Jaimoe (Batteria, Congas) Butch Trucks (Batteria, Percussioni, Timpani, Congas)
Musicisti Ospiti Les Dudek (Chitarra solista su traccia 2, chitarra acustica su traccia 6) Tommy Talton (Chitarra acustica su traccia 7)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
 |
|
|
|
|
|