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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Parkway Drive - Deep Blue
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( 5291 letture )
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Mai mi sarei aspettata di arrivare a recensire il metal-core. Eppure glielo devo, glielo devo perché fu lui a gettarmi nell’oceano del metal quando mi fece vedere quella famosa copertina di un album. Era il Once Upon the Cross. E mi ritrovo oggi a recensire i Parkway Drive, i suoi Parkway Drive. Sì, te lo devo.
Pubblicato nel giugno 2010, Deep Blue è la più inequivocabile dichiarazione del sound dei Parkway Drive. Nulla è mutato in questa realizzazione che fa degno seguito ad altri due prodotti inappuntabili del metalcore: Killing with a Smile e Horizons; le intenzioni permangono inamovibili, lo stile caratteristico dei cinque non fa che rimarcarsi e accentuarsi portando il lavoro a vincere l’Aria Award 2010 come miglior album hard rock / heavy metal. I Parkway Drive si cementificano così tra i più dominanti esponenti della scena metalcore mondiale.
Nonostante l’album non presenti picchi di creatività, il livello qualitativo evidenzia un miglioramento delle abilità musicali: giocando su un sapiente equilibrio tra passaggi piuttosto derivativi, esiti orecchiabili ed espressioni di puro impeto, i nostri australiani donano ampio vigore alla consapevolezza, snocciolando un risultato di impatto e immediatezza dal carattere più adulto e proporzionato. La loro firma rimane - anche in quest’album - irruente, coinvolgente, melodica. Nessuna trovata sperimentale, nessun addobbo artefatto dall’ombra mercenaria e commerciale, un album senza troppi compromessi, godibile, convincente. Gli atteggiamenti atmosferici si calibrano perfettamente con partizioni break down aggressive e ficcanti. Il vocalismo rende al meglio questo bilanciamento sapiente: è corposo, tonico, ben eseguito, al netto di una timbratura pulita che ci avrebbe potuto far storcere un po’ il naso. Winston McCall canta feroce e profondo, alternando raspate acide e velenose di tutta ruvidità con un growl profondo e gutturale che ribolle su un guitar work più melodico. In questo lavoro le riffate spostano la propria violenza su domini più morbidi, rimanendo comunque distinte e pesanti. I groove suonano evoluti, costruendo un patchwork di impeccabile corrispondenza tra gli strumenti: la batteria certo non ha chissà quale smalto esecutivo, ma imposta un quadro sonoro energico e solido. Il tamburo trattiene le onde senza disperderle, mentre Leviathan I suona blast beat morigerati ed efficaci. Ma tutta la texture rimarrebbe con una trama vacua e sterile se non fosse per la produzione. Una produzione che calca ogni più piccola sfumatura e incidenza sonora, nessun sapore sintetico o di plastica, tutte le venature sono potenziate ed esaltate. L’album è quindi confezionato in modo onesto e stabile e nonostante le mie insanabili orecchie in disordine abituate a produzioni da sottoscala di un mattatoio, mi realizzo profondamente compiaciuta nel godere di tutti questi suoni di pancia.
Velocemente descrivo qui di seguito qualche brano: la release si apre con un intro sottile e pulito e ci trascina verso Unrest, traccia di grave hardcore feroce e predominante. Sleepwalker mostra riff melodici e una voce al vetriolo; Wreckage si fa vanto di passaggi accattivanti; Deadweight ci fa solco dentro per essere esempio di un eccellente sfogatoio alle drum; Alone è un pezzo un po’ insipido e già sentito, a differenza della successiva Pressures, pura scarica di potenza. Deliver Me è una pista implacabile, dalle discendenze death metal; Karma esibisce una partizione ritmica ineccepibile; Home is for the Heartless è quasi nostalgica, sia per le tematiche trattate che per dei transiti armoniosi che scivolano su un clean vocal quasi sfiorato, avvolto da cori inaspettati e ben governati. Hollow chiude l’album insieme a Leviathan I e Set to Destroy, con liriche dal carattere affascinante, vitale, carico. È quindi questo un album che indubbiamente non lascia debiti in giro, un lavoro che piace, intenso, apprezzabile.
Un ottimo modello per chi, come me, si avvicina intimidito al mondo del metalcore. Un ottimo modello per chi, come te, già conosce il metalcore e famelico cerca conferme in una release che non delude le aspettative. Auguri Anto.
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5
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Sto recuperando la loro discografia e per ora i primi due sono una bomba! Una marcia in più rispetto a questo Deep Blue che, contrariamente a quanto scritto da CorvetteW qui sotto 11 anni fa(!), ha nella produzione il suo punto debole: chitarre sottilissime scavate tanto sulle medie e batteria con lo stesso trattamento e in più gonfiata su bassi e altissimi (i piatti sono fastidiosi) non aiutano a dare l\'aggressività che la musica meriterebbe! Certamente qualche bel pezzo c\'è ma non c\'è l\'ispirazione dall\'inizio alla fine che c\'è stata nei primi 2 dischi |
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4
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.....il disco non e\' male.......un buon metalcore molto aggressivo e pesante.... |
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3
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Grande Album anche questo ma per i miei gusti, Killing with a Smile ha una marcia in più.. |
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2
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Gran bell'album secondo,con un'ottima qualità di produzione:il loro lavoro migliore! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Samsara 2. Unrest 3. Sleepwalker 4. Wreckage 5. Deadweight 6. Alone 7. Pressures 8. Deliver Me 9. Karma 10. Home Is for the Heartless (feat. Brett Gurewitz of Bad Religion) 11. Hollow (feat. Marshall Lichtenwaldt of The Warriors) 12. Leviathan I 13. Set to Destroy
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Line Up
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Winston McCall (Voce) Luke Kilpatrick (Chitarra) Jeff Ling (Chitarra) Jia O'Connor (Basso) Ben Gordon (Batteria)
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RECENSIONI |
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