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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Soilwork - Figure Number Five
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( 4281 letture )
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Figure Number Five dei Soilwork: sempre gatte troppo grosse da pelare. Se non si è attenti si rischia seriamente di essere graffiati e di farsi male. Questo perché i Soilwork hanno sempre avuto una carriera musicale travagliata; la formazione di Helsinborg ha sempre sentito la necessità di sperimentare, di fare i non-sempre-soliti-dischi-metal, di inserire elementi nuovi e differenti dai loro predecessori. Insomma, di non seguire mai la stessa scia dell’album precedente.
Figure Number Five, se paragonato a Natural Born Chaos di appena un anno prima (2002), racchiude perfettamente questa teoria. Il thrash/death suonato dai sei musicisti svedesi allora aveva riscosso consensi molto positivi dalla critica internazionale e dunque, dopo il singolo Light The Torch, uscito qualche mese prima dell’album, ci si aspettava un altro lavoro epocale. Invece, arrivò Figure Number Five a fare da spartitraffico fra coloro che lo giudicarono un disco riuscitissimo, addirittura migliore del predecessore e quelli che invece lo definivano musichetta da passare su MTV nel primo pomeriggio.
Io che dovrei fare? Oddio, mi rendo solo conto che nel 2003 avevo appena 15 anni, ero più che un giovincello che di metal non ne capiva un accidenti e che ascoltando Figure Number Five si ritrovava fra le mani qualcosa di magico, differente dai Cradle of Filth, Iron Maiden, Metallica e Rhapsody (i gruppi che ascoltavo di routine sull’autobus che mi portava a scuola). Ora lo ascolto di nuovo con il senno di poi, quello di recensore. Beh, non lo trovo una cosa da scartare a priori ma nemmeno il capolavoro che definivo una volta. Lo trovo strano, diverso, indubbiamente sperimentale, piacevole all’ascolto, molto musicale e maledettamente poco metal.
L’album intero è basato sulle doti vocali notevoli di Bjorn "Speed" Strid. In questo album spacca parecchio e sovrasta molti dei cantanti in circolazione. Affermazione avventata? Assolutamente no. Canta con il suo growl caratteristico, quello speech dove si distinguono tutte le parole del testo, usa scream acuti (nella title track ad esempio), sfoggia un timbro in pulito particolare, soffice nelle parti più lente e potente quando serve (come in Departure Plan, la ballad dell’album) e anche un terzo timbro più thrash, ibrido fra growl e clean (perfettamente udibile nella strofa di The Mindmaker); per non parlare dell’estensione vocale pazzesca che raggiunge. Dannazione, sembra un cantante power a volte!
Se dovessi giudicare l’album solo per la voce, darei 100 senza dubbio. Ma devo inserirla in un contesto musicale molto ambiguo. Innanzitutto, poco tecnico, a volte ripetitivo, addirittura noioso in certi riff. La tastiera svolge un ruolo di spicco praticamente in ogni canzone, con fraseggi di facilissima esecuzione dai suoni per i quali non mi viene termine diverso da stupidi! Le parti chitarristiche sono semplici: accordi di accompagnamento alla voce, pochissimi riff di un certo spessore (ancora una volta nella title track, indubbiamente la migliore dell’album) mentre il resto è tipico del crossover o del nu-metal, generi insomma in cui la voce ha un ruolo primario. D’accordo, mettiamoci anche qualche assolo carino (si contano sulle dita di una mano, comunque) ma l’esecuzione generale non cambia. La batteria trova il suo dente dolente maggiore nel suono, molto piatto, poco riempitivo, quasi da loop di DJ; poi magari c’è qualche parte che merita davvero ma, in genere, la prova di Ranta supera appena la sufficienza.
Le canzoni sono prevalentemente costruite con la stessa struttura metrica: strofa potente, ritornello melodico all’ennesima potenza con le chitarre rock di sottofondo (e qui, ancora una volta, fa eccezione la title track, ma c’è un cambio pezzo a prendere il posto del ritornello, tranquilli), bridge altrettanto melodico (si offende qualcuno se dico "sdolcinato"?), sporadico assolo di qualche battuta. Il songwriting è una grossa pecca di Figure Number Five, in effetti, dato che le undici tracce sono indirizzate verso la stessa direzione, sono costruite con la stessa metodica, i ritornelli rischiano di assomigliarsi l’uno con l’altro e delle volte si può notare un calo d’ispirazione (Stangler ad esempio è una canzone dove gli strumenti fanno ben poco).
Nel complesso però l’ascolto risulta piacevole e ci si accorge dello sforzo fatto dai Soilwork per creare qualcosa di originale, in un periodo in cui il mondo ne aveva indiscutibilmente bisogno. Nel 2003 a reggere la scena del melodic death c’erano gli In Flames con Reroute to Remain e i Dark Tranquillity con Damage Done (entrambi del 2002), e dunque il full length presentato dalla band in discussione era senza dubbio autentico. Potenza, allegria (bruttissimo da dire per un gruppo metal, lo so) e melodia, death metal e Festivalbar (scherzo, ma anche no). Di certo è un album che si ricorderà, a mio parere, perché ha spezzato l’attitudine con cui i Soilwork si erano fatti un bel nome grazie ai quattro precedenti lavori. Se poi piace o meno, è soltanto una questione di gusti. A me è piaciuto nel 2003 e continua a deliziare il mio lettore CD ancora nel 2013 (anche se meno intensamente di una volta, lo ammetto) e lo consiglio a chi è in cerca di novità: anche dopo dieci anni dalla sua uscita, Figure Number Five continua a essere meritevole di interesse, nonostante tutto.
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7
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Basta la bellissima e struggente Light the Torch. |
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6
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A mio parere l'unica cosa oggettiva in questo lp è la voce dell'ottimo Strid, grande, per il resto è dura dare un giudizio con la mente sgombera da pregiudizi (almeno per me) dato si tratta di di lp ad alto contenuto nu......i puristi nel tennis non ammettono il rovescio a due mani, ma i tornei li vincono anche giocatori che le usano entrambe.....che naturalmente se ne fregano.....un po come i Soilwork!!! |
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5
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io francamente lo preferisco a stabbing the drama.. è melodico ok..ma si fa ascoltare bene e non cala mai rimanendo su un certo livello tra tutte le canzoni.. non è the chainheart machine ma non lo boccerei così tanto! |
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4
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natural born chaos mi era piaciuto molto nonostante la forte sferzata melodic...questo mi è sempre sembrato la brutta copia di quel disco, nonostante si salvino un paio di pezzi |
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3
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Venni a loro conoscenza proprio con questo disco, e lo reputo un gran lavoro assieme a Stabbing The Drama. Come i conterranei e consanguinei In Flames hanno avuto la loro svolta mainstream proprio in quel periodo, venendo ingiustamente condannati dai più intransigenti...penso che le svolte "commerciali" non sempre vadano a braccetto con la perdita di creatività o peggioramento stilistico, e Figure number 5 ne é un valido esempio  |
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2
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Per me è il loro disco più controverso: necessario al percorso della band ma si ha sempre la sensazione che manchi qualcosa. Nel complesso valutazione giusta quindi! |
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1
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Trovo azzardato definire i suoni di tastiera stupidi... per me a livello di songwriting il loro album migliore, evoluzione di Natural Born Chaos: non c'è una nota fuori posto, tutto è perfettamente funzionale al risultato. Downfall 24 il pezzo più bello. Voto: 90. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Rejection Role 2. Overload 3. Figure Number Five 4. Strangler 5. Light the Torch 6. Departure Plan 7. Cranking the Sirens 8. Brickwalker 9. The Mindmaker 10. Distortion Sleep 11. Downfall 24
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Line Up
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Björn "Speed" Strid (Voce) Ola Frenning (Chitarra) Peter Wichers (Chitarra) Sven Karlsson (Tastiera) Ola Flink (Basso) Henry Ranta (Batteria)
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