|
27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
|
|
|
( 3140 letture )
|
Francesi, ruvidi e claustrofobici.
Con Profane, i nizzardi Svart Crown giungono al traguardo del terzo disco, obiettivo che per molte band significa saper compiere il salto necessario a consacrare il proprio nome, confermandosi una realtà degna di attenzione. Obiettivo raggiunto dal quartetto francese con il proprio blackened death che, pur seguendo i dettami delle due uscite precedenti, riesce anche ad introdurre qualche ragionata sperimentazione: inaspettate aperture tra i riff stranianti, sulfuree atmosfere in tremolo picking stratificate dagli effetti, rallentamenti ritmici che accolgono la novella vena melodica donando organicità al songwriting.
Le acque si rompono con Manifestatio Symptoms, nerboruta strumentale che offre una panoramica su quanto Profane ha da proporre per i successivi quaranta minuti di ascolto: ritmiche alienanti, passaggi ovattati in cui la tensione si alleggerisce temporaneamente, ricadute malsane a colpi delle vocals compulsive di JB Le Bail. Spezzoni caotici disorientano, lasciando i padiglioni auricolari in preda alla confusione delle squarcianti pennate forsennate, per poi concedere respiro in sezioni dall'aura maestosa, quasi liturgica, in cui la band si erge come un tiranno nel mezzo di un vuoto di potere. Non esiste caos nelle composizioni degli Svart Crown che non sia controllato, un vortice di colpi seguito da scarne architetture melodiche, riff che ondeggiano nel vento come resti tra le macerie dopo il passaggio di un uragano. Dissonanze incasellate con cura, armonie atipiche costruite su intervalli cacofonici, bend microtonali che infrangono il profilo d'onda a sufficienza per non far combaciare le linee melodiche, il tutto su adagiato in bilico su refrain ritmici ondeggianti, come in The Therapy Of Flesh. La musica creata dal quartetto è un sottile gioco di equilibri e contrappesi che impediscono alle composizioni di precipitare e dosano e alternano gli spezzoni più sulfurei, tra alternanze di corde vuote e accordi gastro-pulsanti, in modo da rendere digeribile anche i riff meno razionali, accompagnati da urla strazianti (In Utero: A Place Of Hatred And Threat) e cambi tempo che puntualmente prendono in contropiede l'ascoltatore. Per contro, Le Bail e Flandrois riescono a stemperare la complessità del songwriting con soluzioni di facile presa, inserendo delle vere e proprie boccate d'aria tra i maelström di pece delle proprie chitarre (Until The Last Breath), la coppia dedita alla sezione ritmica risponde rallentando i tempi e cadenzando gli accompagnamenti (Profane), ma mai abbastanza a lungo da rischiare di far precipitare nella noia. Avvicinandosi alla conclusione, un'altra strumentale (Venomous Ritual) fa da frangiflutti, allentando la spessa tensione in vista dell'accoppiata finale: Ascetic Purification spinge sull'acceleratore e ribolle di basse frequenze, caricandosi di groove in una corsa verso il baratro; Revelation: Down Here Stillborn prosegue sulla falsariga della precedente, tra contrappunti baritonali e aride melodie di chitarra, spezzate solo dagli armonici.
Ai più maliziosi Profane potrebbe apparire come un esercizio di stile, navigata ed istrionica creatura che fa sfoggio di abilità nel tenere sotto scacco l'attenzione dell'ascoltare con tanti minuscoli particolari; creatura malata che esagera talmente i propri tratti emotivi da rasentare il grottesco, eppure l'ostentata vena liturgica, la produzione scarna e le dissonanti psicosi contribuiscono a creare un quadro vivido, camminando in equilibrio su un crinale pericoloso. Il modo in cui gli Svart Crown sono riusciti a bilanciare tutti gli elementi presenti nel proprio sound è azzeccato, trasportando l'ascoltatore in una nube plumbea e consentendogli di prendere una boccata d'aria al momento giusto per poi riprendere a sfaldarne le certezze con le proprie sfuriate. In definitiva, Profane non è destinato a riscrivere il paradigma estremo, ma sancisce come i quattro cisalpini sappiano amalgamare in modo personale diverse influenze, forgiando un'opera certamente meritevole di ascolto. Una gradita conferma.
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
1
|
Piu o meno concordo con la recensione...pero questo per me non suona come un eswrcizio di stile, ma bensi st'album e proprio una bomba e perme rimane una delle uscite piu interessanti di questo 2013! Voto 85 pieno |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Manifestatio Symptoms 2. Genesis Architect 3. Intern. Virus. Human 4. In Utero: A Place Of Hatred And Threat 5. Until The Last Breath 6. Profane 7. The Therapy Of Flesh 8. Venomous Ritual 9. Ascetic Purification 10. Revelation: Down Here Stillborn
|
|
Line Up
|
JB Le Bail (Voce, Chitarre) Clément "Klem" Flandrois (Chitarre) Ludovic Veyssière (Basso) N. Muller (Batteria)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
ARTICOLI |
 |
|
|
|
|
|
|