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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Quando si pensava che In the Constellation of the Black Widow fosse il picco assoluto della band, gli Anaal Nathrakh ci stupirono col furioso Passion, raggiungendo nuovi livelli di brutalità fino a quel momento inauspicabili. Oggi sorge spontanea una domanda: saranno riusciti a superarsi ancora? A questo punto a qualcuno potrebbe venire in mente il paragone con i Marduk, i quali, all'indomani del ferocissimo Panzer Division Marduk, pensarono bene che sarebbe stato impossibile eguagliare quei livelli di velocità e aggressività, e così sterzarono su lidi più atmosferici con La Grande Danse Macabre; e diciamo che il ragionamento non farebbe una piega, ma in questo caso non ci troviamo al cospetto di una band che concepisce il concetto di rallentamento.
Gli Anaal Nathrakh vanno avanti per la loro strada e non staccano il piede dall'acceleratore, consegnandoci un'altra scheggia di disumana violenza. C'è da dirsi, però, che se il precedente Passion era un lavoro che schizzava odio da ogni singola nota, il presente Vanitas pone maggiore attenzione sulle linee melodiche, specialmente quelle vocali, denotando un maggior uso delle clean vocals, fino ad arrivare, in certi momenti, a dei picchi inaspettati, dei quali parleremo più avanti. L'album si apre con le consuete urla di sofferenza, per poi sfociare nella micidiale doppietta The Blood-Timmed Tide / Forging Towards the Darkness, le quali esplodono con una deflagrazione al limite del grindcore; struttura semplice, ritornelli in clean vocals e velocità stratosferiche. 100% Anaal Nathrakh sound! Con To Spite the Face si inizia a intravedere uno spiraglio di ragione, grazie a un riffing di chitarra molto bello e - sembra strano a dirsi - decisamente melodico, che però compare a stento nel marasma sonoro circostante. Anche riguardo alle vocals è possibile notare che l'uso delle clean è vagamente più presente, ma pur sempre bilanciato da grugniti e da urla laceranti che riportano il brano su standard violentissimi. Le successive 2 tracce segnano un leggero calo di tono, ma più che altro si distinguono dalle altre per alcune parti cantate in spagnolo che - a parer mio - cozzano maledettamente con le atmosfere tipiche del black metal. Fortunatamente gli inserti in spagnolo sono molto ridotti e non comprometteranno la rese delle song. You Can't Save Me, So Stop Fucking Trying è il pezzo "lento" dell'album, caratterizzato da diversi stop'n go e da un bel riffing molto trashy. E' ovvio che parlare di respiro sia un eufemismo, dato che l'album dura 37 minuti e va ascoltato tutto d'un fiato. Qualche calo fisiologico inizia a farsi sentire con Make Glorious the Embrace of Saturn, un brano formalmente molto bello e ben articolato, ma in fin dei conti anche abbastanza scontato e articolato intorno a un riff ancora molto melodico, così come accade per l'acida Feeding the Beast, la quale non aggiunge niente che non avessimo già sentito in precedenza. Ben altra storia per Of Fire and Fucking Pigs, che riprende a pestare con una violenza cieca e che mi ha ridestato dal sonno indotto dalle precedenti tracce grazie a un riffing molto bello e serratissimo, e che poi lascia spazio a un assolo contaminato da sonorità elettroniche davvero splendido. Le sorprese sono affidate alla conclusiva A Metaphor for the Dead dove, tra le urla laceranti del buon V.I.T.R.I.O.L., compaiono alcuni versi tratti dall'opera I Pagliacci del Leoncavallo. Il pezzo pone nuovamente l'accento sulle qualità vocali del folle singer inglese, perfettamente a suo agio nel passare dai grugniti bestiali alle clean vocal sostenutissime, fino a giungere allo screaming agghiacciante.
Tirando le somme, è innegabile ammettere che siamo al cospetto di un'altro monolite; ma c'è da dire che, dopo diversi ascolti, l'impressione generale sia quella che, non potendo raggiungere velocità d'esecuzione superiori a quelle sulle quali si erano assestati da diversi album a questa parte, i nostri corrano il concreto rischio di incappare in uno stallo o - ancor peggio - nel riciclaggio di loro stessi. Qualche giorno prima della data ufficiale di pubblicazione (16 ottobre 2012) era apparsa on line una sorta di preview del disco che lasciava trasparire un forte utilizzo di influenze Industrial e, per qualche momento, avevo sperato che fosse quella la direzione che avrebbero sviluppato sul nuovo Vanitas, mentre invece si trattava di una sorta di remix nel quale venivano mixate insieme le parti salienti del disco. Al momento questa sarebbe l'unica strada auspicabile per uscire da questo vicolo cieco nel quale, presto o tardi, potrebbero trovarsi se si ostineranno a non rinnovarsi.
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9
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Il mio preferito della loro discografia! Non c'è una canzone che mi faccia addormentare, comprese Todos Somos Humanos e In Coelo Quies, Tout FInis Ici Bas! |
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8
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Devastante e completo. Un passo avanti rispetto a Passion sicuro, magari non ai livelli della Costellazione ma poco ci manca. Voto 90 |
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7
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Ennesima mazzata sui denti, ennesima volta che il mio portafogli si allegerisce. |
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6
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Più lo ascolto e più lo adoro...sicuramente nelle mie top ten del 2012 |
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5
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Eargasm già dai primissimi ascolti! Mi monopolizzerà lo stereo per un bel po' : ) |
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3
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Bellissimo, voto 88! Forging è devastante!!!!! |
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2
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Ho sentito quattro pezzi che mi hanno davvero rapito. Ci sono i presupposti per un capolavoro firmato Anaal Nathrakh, ora vedrò se le restanti tracce confermeranno questa mia impressione. |
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1
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assurdo, violento, velocissimo. MASTERPIECE. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Blood-Dimmed Tide 2. Forging Towards The Sunset 3. To Spite The Face 4. Todos Somos Humanos 5. In Coelo Quies, Tout Finis Ici Bas 6. You Can't Save Me, So Stop Fucking Trying 7. Make Glorious The Embrace Of Saturn 8. Feeding The Beast 9. Of Fire, And Fucking Pigs 10. A Metaphor For The Dead
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Line Up
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V.I.T.R.I.O.L. (vocals) Irrumator (all instruments)
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RECENSIONI |
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