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PAIN OF SALVATION - Rolling Stone, Milano, 27/04/2005
29/04/2005 (3987 letture)
Serata magica al Rolling Stone, in quel di Milano, per l’unica data italiana del tour dei Pain of Salvation. Dopo l’uscita del loro ultimo e discusso (anche se a mio avviso geniale) concept album “Be”, e in prossimità dell’uscita del dvd associato (uno dei primi live tenuti in Svezia nel 2003), questa performance era attesa da gran parte del popolo metal italiano. Apertura dei cancelli alle 19, dopo le solite interminabili code in tangenziale a Milano, e dopo l’ingegneria sociale e civile necessaria per riuscire a strappare un parcheggio al cemento (che non fosse naturalmente fuori da un raggio di qualche chilometro dal locale). Rolling Stone affollato (anche se non pieno del tutto), dopo il cambio di location annunciato qualche settimana fa (il concerto in origine si doveva svolgere al Rainbow). Lo spettacolo è iniziato puntuale alle 20 con i tedeschi Dark Suns, gruppo spalla di molte date del tour dei PoS; esibizione durata solo 40 minuti scarsi, probabilmente a causa della famosa ordinanza comunale in base alla quale i concerti all’interno della città non possono andare oltre le 23 (meglio lasciar spazio agli headliners…). La band ha proposto un miscuglio metal un po’ vago, con tracce di thrash e power, mescolato qua e là con una toccatina melodica alla nu americano e parti invece più distese e riflessive. Non hanno di sicuro lasciato il segno, ma questo anche a causa di un settaggio sonoro non impeccabile, che ha lasciato in forte evidenza solo batteria e basso. Da segnalare, comunque, la prova proprio del batterista, che a fianco di una buona abilità tra piatti e grancassa ha mostrato anche una altrettanto buona versatilità da vocalist (sia nel cantato pulito che nel growl). Erano le 21:30, quasi, quando – esordendo con un’opener strumentale – i PoS si sono presentati al pubblico carico del Rolling. Scenografia minimale, composta solamente da 4 teli illuminati, posizionati ai lati del palco; batterista defilato sulla sinistra, tastierista sulla destra, e gli altri 3 che piombano all’improvviso sulla scena infiammando il pubblico con l’aggressiva “Used”: devastante! Volume troppo alto, all’inizio, ma il fastidio è durato solo per il tempo della prima canzone… Il primo impatto è comunque stato grandioso: assolutamente perfetti! Come perfetta e in gran forma si è dimostrata fin dall’inizio l’intensa voce di Daniel Gildenlow. Una tecnica incredibile, la loro solita e caratteristica varietà sonora, la loro energia: fin da subito si è respirata un’atmosfera elettrizzante e un gran feeling con il pubblico. Il concerto ha abbracciato più o meno tutto il percorso musicale della band dal 1998 ad oggi, sebbene la setlist sia sembrata tendenzialmente più orientata agli ultimi lavori. Dalle “Inside” e “Inside out” del primo album “One hour by the concrete lake”, passando per “Foreword” (richiesta dal pubblico con uno striscione “I’m not afraid of you”) e la funky “People passing by” del successivo capolavoro “Entropia”, per poi arrivare alla già citata “Used” e alla poderosa “Ashes” provenienti dal loro “The perfect element I”. Ottimi i pezzi tratti dal loro penultimo lavoro (escludendo il live acustico “12:5”) “Remedy lane”, dal quale hanno riproposto “Beginnings”, la successiva “Ending theme”, la dolcissima “Second love” e “Undertow”. Straordinari anche nell’esecuzione – sia tecnica che “scenica” – di alcuni estratti del loro neonato “Be”: “Deus nova”, l’omaggio blues “Dae pecuniae” (cantata da un Daniel in versione Mr. Money) e la massiccia/emotiva “Diffidentia” (proposta all’inizio dello show). Il tutto suonato – ripeto – con incredibile perfezione, ritmica e tecnica, tanto da riuscire addirittura a rimanere in sintonia con i video di alcune delle loro canzoni, proiettate sullo schermo posizionato sopra al palco. Scaletta abbastanza varia, insomma, distribuita tra la parte iniziale dello spettacolo di un’ora e un quarto, seguita poi da un rientro (obbligato) di una mezz’oretta. Gara di urla aizzata dal solito Daniel (che si è dimostrato essere una abile intrattenitore!), e suggestivo termine dello show con un breve allungo alla batteria di Johan Langell, lasciato solo sul palco. Sono mancati all’appello tanti altri grandi pezzi, ma il tempo a disposizione in fondo era quello… “We hope to see you again!”, sono state alcune delle ultime parole di Gildenlow, in mezzo agli applausi. Sinceramente condivido la speranza!


sasha
Domenica 15 Maggio 2005, 17.58.48
5
...mmm, allora mi cominciano a venire seriamente dei dubbi... vabbè, mi procurerò il cd e li ascolterò meglio! (Y)
Giò
Domenica 15 Maggio 2005, 12.21.27
4
Concerto meraviglioso, sono d'accordo!Il pubblico però non mi è sembrato così caloroso a parte il "nucleo" centrale e alla fine del concerto!Peccato: i Pain Of Salvation se lo sarebbero meritato!
Gix
Giovedì 12 Maggio 2005, 17.14.41
3
Quoto qullo che dice Andrea sui Durksuns,,,ho i CD!! Per i Pos, che dire? Fantastici. Una cosa, Entropia e' il primo disco, e non "One hour...", solo che era uscito originariamente solo in Giappone. Di conseguenza aggiungo che Foreword e People passing by sono proprio di Entropia... Tutto qui. Ciao
sasha
Lunedì 9 Maggio 2005, 11.14.32
2
Nessuno è perfetto, io per primo. In ogni caso, di prog quelli avevan gran poco... oppure io ho un concetto di prog ben diverso... In entrambi i casi, ho parlato apposta di "tracce di", visto che (non essendo a mio giudizio prog) mi sembrava il modo più comprensibile per definire il loro sound. Nu-metal, inoltre, non significa necessariamente "parti rappate". Giudizi tecnici e opinioni a parte, tanto per tornare al discorso iniziale: oltre ad essere ben cosciente delle mie limitate capacità espressive, c'è anche il fatto che questa è stata la mia prima recensione di un live (come del resto tutte quelle che scrivo sono recensioni per così dire amatoriali, non sostenute da alcun tipo di nozione stilistica). Son qua anche per migliorare.
andrea
Mercoledì 4 Maggio 2005, 16.44.19
1
a parte il fatto che non mi piace come scrivi...ma hai ascoltato bene i dark suns? power? nu metal? thrash? la doppia cassa è apparsa solo nel finale di due pezzi, non ci sono voci acute, non ci sono superassoli neoclassici e armonizzati, non ci sono parti rappate...avrei parlato di progressive, piuttosto, data la gran quantità di tempi dispari : Emotional progressive metal, come diceva la maglietta. Buon lavoro
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