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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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DEVIN TOWNSEND + SHINING - Rock Planet, Pinarella di Cervia (RA), 11/08/14
16/08/2014 (2596 letture)
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ANDARE O NON ANDARE, QUESTO E’ IL PROBLEMA Il dilemma cosmico della presenza, incerta sino all’ultimo, è se affrontare o meno l’autostrada del Sole, affollata di orde di turisti incalliti che brancolano come zombie per cercare un posto prima sull’asfalto rovente e poi sulla spiaggia rovente. Ore di coda mi si prospettano dinnanzi, ma spinto da una occasione più unica che rara (a breve spiegherò perché) mi incammino e, dopo soli 15 minuti di auto fila, mi domando: "Ma chi me l’ha fatto fare?" Brutte parole, dopotutto, perché tutte le divinità che sono cadute ai miei piedi non valevano l’essere al cospetto di un vero genio musicale. Scopro poi che ci sono pure gli Shining, quelli norvegesi con l’avantgarde nel corpo e non quegli altri svedesi! Prendiamo baracca e burattini e via, verso la Romagna! All’arrivo, ben cinque ore prima dell’inizio del concerto, c’era gente in fila che sotto il sole affrontava i demoni dell’umidità: si preannunciava un seratone pieno di gente e così è stato, perché già alle 21:30 il locale è stracolmo, con gente ovunque e quell’odore di intimo che non ti lascia mai e ci fa stare tutti “vicini vicini”. Bando alle ciance: sono arrivate le 22:00, si spengono le luci e parte la musica; iniziano a vibrare le casse, che si aprano le danze.
SHINING Ho sempre apprezzato la proposta musicale dei norvegesi, e averli di fronte per la prima volta è un evento che mi dà modo di testare definitivamente le loro capacità. Diversi tra il pubblico sono li solo per loro, tanto che magliette e gadget acquistati all’ingresso compaiono in massa tra le prime file, stipate come poche volte accade. Loro, vestititi di tutto punto con giacca, jeans stretti e anfibi si presentano sul palco, ma non hanno idea del calore che proveranno a breve: in Norvegia non c’è così caldo, sia in termini umani che atmosferici. You Won’t Forget apre la serata nel migliori dei modi possibili ed il pubblico va in delirio: suoni all’altezza e costante partecipazione con l’audience portano il clima a diventare rovente. Non c’è un minuto di calma, perché subito dopo un altro estratto dall’ ultimo nato One One One è sulla piazza: The one inside miete vittime, non in senso letterale ma figurativo, poiché molte sono le spasimanti che fanno occhi languidi al frontman Jørgen, che delizia il tutto con una prestazione maiuscola, pressoché identica a quella in studio. Anche le tracce del primo Blackjazz vengono riproposte; spicca la luccicante The Madness and the Damage Done, che merita in ogni suo secondo di psichedelica moderna in grado di far saltare via il timpano e farlo andare a casa da solo. Ad un certo punto i nostri decidono di darsi alla pazza gioia con la solita cover dei King Crimson: 21th Century Schizoid Man viene proposta in una salsa irresponsabilmente avantgarde che porta la composizione a dilungarsi per un quarto d’ora abbondante. Ottimo il risultato anche se paragonato alla versione originale e alla bravura che porta il tutto ad un livello successivo: la parte centrale è pura improvvisazione con stacchi di sassofono eseguiti dallo stesso frontman che impreziosiscono il tutto. Nel complesso, un ottimo sodalizio tra passato e presente. Ovviamente molti puristi non accetterebbero di vedere "maltrattato" così un capolavoro del prog, però spesso e volentieri le cover devono essere fatte così, con un tocco di originalità che fa rima con personalità: astenersi conservatori e retrogradi. Il tutto fila via liscio ed i quarantacinque minuti circa a loro disposizione contribuiscono al successo presso il pubblico, che a fine concerto si riverserà ad acquistare gadgets al banco del merchandising. Stasera gli Shining se la sono cavata egregiamente, promossi a pieni voti!
DEVIN TOWNSEND BAND Ore 23 circa; dopo un buon quarto d’ora di immagini stupide e video esilaranti che passavano sul maxischermo con il nostro caro Devin in tutte le vesti possibili ed immaginabili, accompagnato dell’eterno aiutante Ziltoid, ci siamo: la band fa capolino sul palco. Partono i ricordi, iniziano le magie, si torna indietro di 17 anni con Seventh Wave estratto dal sottovalutato Ocean Machine: Devin, carico come una molla, inizia subito con le sue famose espressioni che sono talmente uniche da dedicargli una galleria fotografica. Ovviamente, come volevasi dimostrare, tutte le orchestrazioni e gli effetti che sono presenti sul quasi tutte le sue composizioni verranno prese da basi pre-registrate: poco importa, perché il suono che esce è quanto di più estremo si riesca a concepire. Ogni canzone che è stata proposta nel corso della serata è stata aumentata di velocità, potenza ed impatto sonoro, tanto che la conclusiva Grace, che non ha quello spirito arrabbiato e cattivo ed appare diciamo "fiacca" su disco, risulta essere un mostro di potenza, una sberla in faccia a cinque dita. Già al pomeriggio, mentre mi gustavo il soundcheck, avevo notato che Devin smanettava su pedaliere e toni più del solito, ma che arrivasse ad innalzare tutto a questi livelli non me lo sarei mai immaginato. Andiamo avanti nella scaletta che comprende tutte le sfaccettature del pazzo Canadese: si rimane nel passato con War e Regulator, per ricordarci i bei vecchi tempi che furono. Sino a quel momento tutto abbastanza nell’ordine, con schiamazzi, esaltati e spintoni come si conviene, giusto? Quando però il delirio prende forma, il degenero saluta la platea grazie alla splendida perla presa da Ziltoid The Omniscient (unico estratto dall'album): By Your Command innalza il livello di tossicità e da questo momento sarà questo lo standard. Devin e gli altri ragazzi della band iniziano una cavalcata verso il deliro puro: tutto sarà in forma di scherzo, poche volte ci si prende sul serio e questo è fondamentale perché bisogna diversi, sorridere. Quando si vede gente come Ryan Van Poederooyen e Dave Young bisogna stare zitti e imparare: anche se non sono musicisti star e magari vivono un po’ all’ombra del mastermind (il cui carisma è inarrivabile), sono da ammirare e rispettare, suonano che è un piacere ed il loro non è un lavoro nell’ombra, ma fondamentale all’economia del concerto. Anche il “nuovo” ingresso in formazione, Brian, è un mestierante di alte capacità ed in sintonia con la band porta a compimento il tutto senza sbavare nulla. La setlist va avanti: dove mi ero fermato? Ah giusto! È arrivato il momento di fare un po’ di casino, o come dice ”Egli”: “Let’s play something heavier”. Ok, pronti, arriva il turno di Planet of Apes e crolla il mondo: eseguita tutta e alzi le mani chi non la trova una genialata di canzone. Alla fine, Ryan si alza dalla batteria e prende un respiro come a dire: “Si ci sono riuscito anche questa volta”. Da brividi, nulla da dire. Sul maxischermo alle spalle, intanto, vanno le immagini di album e nomi che tutti riconosciamo: si passa dai Meshuggah ai Beetween the Buried and Me e, come a segnare il passaggio di tempo, lo stacco che riprende sonorità tipiche, con un urlo della platea ad ogni cambio. Atipica situazione, invece, quando durante l’esecuzione di Juular il pubblico si smorza: tutti sono fermi come la mucca che guarda il treno (in questo caso è il video della canzone) senza dar segno di vita; eppure il pezzo è tanto carico che sembra ti batta il cuore a 3000. Mistero della fede. Dopo aver accettato un disegno da un piccolo fan e aver eseguito Grace in modalità hyperspeed, ci si ritira tutti in camerino giusto per prendere fiato; due minuti e si sente: “This time is your turn to dance, let’s dance all together, this is for you!” Dal magazzino dei ricordi prende forma Bad Devil ed il gospel ha inizio con tutti a cantare e ballare. Un finale splendido, da lacrime, e non voglio dilungarmi perché momenti come questo non si scrivono, si vivono. Magari si potrebbe dire che la scelta della scaletta è un po’ limitativa; magari i fighetti di turno potrebbero non apprezzare certe scelte stilistiche, ma davanti a certe composizioni che vengono cantate all’unisono, non bisogna fare altro che zittirsi ed ascoltare, lasciarsi trasportare dalla musica che quel pazzo furioso crea. Grazie Devin.
SETLIST DEVIN TOWNSEND BAND 1. Seventh Wave 2. War 3. Regulator 4. By Your Command 5. Deadhead 6. Planet of the Apes 7. Numbered! 8. Supercrush! 9. Kingdom 10. Juular 11.Grace --Encore— 12. Bad Devil
ACUFENE A GO-GO Non ho molto altro da aggiungere, ragazzi: siamo usciti tutti soddisfatti, dopo una sauna musicale e con la consapevolezza di aver visto un bello spettacolo. Magari si può dare contro al locale e tutte le scelte dei promoter per andare a suonare in certe location, ma vedere concerti così con la sala, anche se piccola, gremita e stipata, piena di vivacità, rende il tutto più intimo e magico. Il costo è nella norma odierna, per cui nulla da recriminare (25 €), la gente c’era e con essa la prova che ancora si può spendere per la musica che piace. Io torno a casa con acufene a go-go, e me ne vanto, ricordandomi che non devo farmi intimorire dai vacanzieri di turno. Chi, pur avendo avuto le possibilità, ha fatto il fighetto per un motivo o l’altro ha urinato fuori dal water: ossequi e figli maschi.
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Accoppiata vincente! Un concerto spettacolare! Musica ad altissimo livello e atmosfera unica! Sono la mamma del " piccolo fan " che ti assicuro è uscito " battezzato " da quella sala! |
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2
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Ciao zeffiro... Hai ragione... Brian é diversi anni... È per questo che nuovo è tra virgolette... "nuovo" ... L'ho scritto cosi perché se proporzionato agli altri della band è l'ultimo arrivato..niente di più...  |
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Grandissimo concerto come prevedibile da Devin. La rappresentazione umana della parola "nerd". Un genio che ancora non riusciamo a comprendere a fondo, prima o poi ci riusciremo xD Detto cio'...Brian nuovo ingresso? Tralasciando la miriade di collaborazioni, il nucleo della band (cioe' appunto Devin, Dave, Ryan e Brian) e' sostanzialmente lo stesso dal 2009. Magari non lo riconosci da quando s'e' tagliato la barba ahahah xD |
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