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Spock`s Beard - The Oblivion Particle
( 2648 letture )
La fase calante degli Spock`s Beard, che sembrava inarrestabile si è presa una pausa, almeno per il momento. Sia ben inteso, però, che la band fondata dai fratelli Morse (Neal e Alan) nei primi anni novanta, è ben lontana dall'abbandonare tale fase per quella crescente con una clamorosa quanto coraggiosa manovra con i motori al massimo.
Per ora, dopo una paurosa picchiata dovuta all'uscita di Brief Nocturnes and Dreamless Sleep che ha lasciato pensare al peggio con le sue sfumature "teen oriented", il gruppo riesce a limitare i danni recuperando quota grazie all'esperienza e ad un pizzico di fortuna. Si vola comunque bassi anche se parallelamente al suolo.
Intanto, cercando di mettere da parte il pessimismo e i pregiudizi (impresa davvero ardua), consideriamo il presente con The Oblivion Particle e la sua splendida copertina che invoglia decisamente all'ascolto.

Il dodicesimo album studio della band americana, uscito a distanza di vent'anni dall'esordio The Light, non sarà un album leggendario ma tanto basta per restare in aria. Tuttavia, per capirlo al meglio è cosa buona e giusta rispolverare un po' di storia del gruppo.
La travagliata carriera degli Spock`s Beard si ricorda per il primo decennio, ovvero l'epoca d'oro portata avanti da Neal Morse e caratterizzata da veri e propri gioielli progressive come il concept Snow (il cui non possesso comporta l'ergastolo con isolamento diurno) e per il secondo decennio, segnato dall'abbandono dello stesso Neal (spinto da una "chiamata divina" verso nuove frontiere musicali e di vita con contenuti più sacri) e da qualche buona uscita senza particolari exploit. Per farla breve, con l'assenza del vero faro del gruppo, chi è rimasto non è stato più capace di esprimersi al meglio ed i cambi di line up non hanno contribuito a migliorare le cose. La mazzata quasi da k.o., infatti, arriva con le dimissioni del cantante-batterista Nick D'Virgilio, altro pezzo da novanta della vecchia guardia troppo preso dall'esperienza Cirque Du Soleil. Il risultato di questa seconda perdita è appunto l'infelice e già citato Brief Nocturnes and Dreamless Sleep album che più di tutti ha subito i violenti scossoni interni.
Oggi la band presenta con una certa stabilità tra le sue fila gli storici Alan Morse alla chitarra, Dave Meros al basso e Ryo Okumoto alla tastiera con l'aggiunta dei turnisti assunti a tempo pieno Ted Leonard degli Enchant alla voce e Jimmy Keegan alla batteria. Quella appena elencata è di sicuro la formazione più debole degli Spock`s Beard soprattutto dal punto di vista compositivo, ma dopo un pericoloso e prevedibile capitombolo, l'affiatamento sembra in parte arrivato.
I musicisti, probabilmente presi da un maggior senso di appartenenza e sostenuti da una produzione eccellente, si comportano meglio, soprattutto Okumoto che sembra godere di maggiore libertà. In via generale, i membri più anzianotti non deludono e qualche buon momento lo regalano. Parlando dei nuovi ingressi, comunque già presenti nel precendente album, Keegan è un martello che recita la sua parte più che bene mentre il vero punto debole è senza dubbio Leonard. Le qualità tecniche del frontman non sono in discussione ma non sembra essersi calato perfettamente nella parte. Forse, sarebbe ancora meglio affermare che gli Spock`s Beard non sono la sua casa. Meglio chiedere all'Inside Out Music cosa ne pensa. A buon intenditor, poche parole.
Già dal primo ascolto di The Oblivion Particle possiamo chiaramente distinguere un tentativo di ritorno alla musica di qualità con un prog rock più moderno fortemente influenzato dai lavori targati Haken e Marillion dell'era H ed un allontanamento dalle sonorità hard che hanno segnato qualche ultimo lavoro. In questo senso, il percorso intrapreso dalla band statunitense può vagamente ricordare quello dei colleghi Pendragon che, tra un disco e l'altro, hanno testato un sound più corposo per poi tornare alle origini malinconiche.

I nove brani presenti nella tracklist presentano un minutaggio in media superiore ai cinque minuti, ma anche qualche forzatura strutturale che lascia trasparire ritocchi durante le registrazioni con soluzioni più colte e meno banali, per arruffianarsi qualche ascoltatore più legato al passato. Questo è essenzialmente un difetto che anticipa un'aridità creativa che potrebbe ripercuotersi negativamente su una eventuale prossima pubblicazione, causando così lo stallo ed infine la caduta libera senza via di scampo. Ad ogni modo, non essendoci certezze per il futuro, meglio queste furbate comuni nate dall'esperienza che una composizione scontata e lasciata al caso. Meglio l'uovo oggi, assolutamente.
Nel platter, non esiste un brano che primeggia sugli altri ma nessuno demerita. Come è stato in precedenza anticipato, non si tratta di un capolavoro che sarà ricordato per i prossimi duecento anni ma di un prodotto che, nonostante qualche scopiazzatura e qualche buona armonizzazione, risulta presentabile.
Minion,Bennett Built a Time Machine e Get Out While You Can, con le loro basi pop, restano sicuramente più impressi nella memoria dell'ascoltatore per via di ritornelli più efficaci ma che col passare degli ascolti possono annoiare abbassando così la qualità. Discorso diverso per il pezzo di apertura Tides of Time e per A Better Way to Fly che, in certi passaggi davvero ben fatti, riescono quasi a commuovere. Anche in questi casi, purtroppo, nulla di miracoloso che faccia pensare ad una ripresa. Da segnalare, infine, l'apprezzabile violino di David Ragsdale dei Kansas nel brano di chiusura Disappear.

Nonostante la mancanza di idee convincenti che tengono incollati allo stereo, il disco è un breve sospiro di sollievo in attesa del prossimo passo il cui esito sarà fondamentale per le sorti della band, anche se nessuno si è effettivamente azzardato a parlare di ritiro. Di sicuro, il continuare a puntare alla sufficienza non li aiuterà. Un po' come a scuola, prima o poi i brutti voti arrivano e si finisce per ripetere l'anno se non ci si impegna.
Reinventarsi potrebbe essere saggio, ma senza discostarsi troppo dal marchio di fabbrica. C'è una dignità da mantenere ed una storia da difendere. In caso contrario, meglio cambiare nome ed inseguire altra musica, altro pubblico. Da questi ragazzi ci si aspetta ben altro.



VOTO RECENSORE
69
VOTO LETTORI
80.42 su 7 voti [ VOTA]
Fox Dreamer
Domenica 18 Ottobre 2015, 2.32.43
8
Mi dispiace dirlo... ma è l'ennesima recensione che non condivido qui su metallized! I Spock's Beard sono una grande band hard rock progressive. Bravissimi musicisti e che a parer mio non ha mai sbagliato un colpo. Il loro peggior album è comunque discreto e visto che parliamo di 12 album sfido chiunque a portarmi un'altra band con 12 album che in una scala che va 1 a 10 almeno hanno beccato 7... Il penultimo album è un ottimo album prog con sfumature hardrock. Questo album è senz'altro da 8 anche con i pochi ascolti fatti.
jo-lunch
Domenica 13 Settembre 2015, 14.46.58
7
Ritengo che l'affermazione del recensore quando scrive di "picchiata" con Brief sia assolutamente personale; per quel che mi riguarda è fuori luogo. "Brief ....." è uno dei migliori album di questa band, qui si parla di bravi musicisti, certo non eccelsi come altri, ma comunque di tutto rispetto. Consiglio al recensore un ulteriore ascolto di Brief, chissà , magari gli si aprono nuovi orizzonti........
ayreon
Sabato 12 Settembre 2015, 19.30.28
6
quanta cattiveria nei loro confronti .quando c'era morse li evitavano anche certi amanti del prog perchè troppo commerciali,con d'virgilio hanno cercato di togliersi dai "canoni morse" con uno stile personale che a volte non ha funzionato ,ora secondo me con Leonard sono rinati ,hanno uno stile nuovo ,certo c'è ancora qualcosa da migliorare ma non sono da disprezzare
Lo Struzzo
Sabato 12 Settembre 2015, 11.23.21
5
Ho provato a riascoltare per la duecentesima volta il penultimo album cercando di capire le critiche basate sul nulla, in fin dei conti. Ascolto il primo brano e lo vedo perfetto per dawson's creek. Per me è un album confusionario ed anch'io sono in buona compagnia nel pensarla cosi (ammesso che conti qualcosa esserlo). Ritengo invece che questo sia un album migliore con un voto buono direi. Gli Spock's beard sono tenuti in piedi dall'etichetta e questo dovrebbe bastare per capire tante cose. Il gruppo è essenzialmente morto dopo X. Dal vivo spaccano ancora, per fortuna. Capisco la penuria qualitativa tra le band, soprattutto tra quelle più importanti, ma mangiarci tutto lo schifo che ci offrono è da stupidi. Il prog è un'altra cosa, non un miscuglio di fraseggi, cambi di ritmo a caso. Deve esserci un filo che, almeno nei beard, era ben lavorato dai fratelli morse. Oggi manca quello più ispirato e le scopiazzatture sono raddoppiate. Ascoltate l'introduzione di minion e quella di the call della Neal morse band per farvi un'idea. Ormai le uscite migliori sono quelle dei gruppi esordienti.
Acting Out
Venerdì 11 Settembre 2015, 19.34.18
4
Anch'io mi sono fermato nella lettura dopo la stralunata affermazione della presunta 'picchiata' con Brief... Ma se quell'album è assolutamente una gemma preziosa, che svela una nuova vita e una nuova forma di un grande gruppo! Con quei presupposti da parte del recensore inutile leggere la rece, posto che non ho ancora ascoltato il presente album.
Avantasia
Venerdì 11 Settembre 2015, 13.48.18
3
Io credo che chi ama il prog non può amare i Beard del dopo snow. Ora non si può nemmeno parlare di prog! Questo è un album ridicolo e non merita 69 che risulta fin troppo alto. Il precedente non l'ho ascoltato ma cambia poco perché senza un compositore chi le scrive le canzoni? Se non sbaglio ci sono altri che scrivono i testi per loro.
Ludwig
Venerdì 11 Settembre 2015, 12.36.23
2
Non ho ancora ascoltato questo nuovo album. Qui ho letto le prime 5 righe, e mi sono fermato a "Brief... una paurosa picchiata" (?).....dato che lo considero certamente il loro miglior disco dai tempi di Snow (e so di essere in buona compagnia), non saprei rapportarmi al seguito! Pardon.
edward 64
Giovedì 10 Settembre 2015, 21.28.31
1
Troppo severo.... il precedente e questo a me piacciono molto ....
INFORMAZIONI
2015
Inside Out Music
Prog Rock
Tracklist
1. Tides of Time
2. Minion
3. Hell's Not Enough
4. Bennett Built a Time Machine
5. Get Out While You Can
6. A Better Way to Fly
7. The Center Line
8. To Be Free Again
9. Disappear
Line Up
Ted Leonard (Voce principale, Chitarra)
Alan Morse (Chitarre, Voce)
Ryo Okumoto (Piano, Organo, Mellotron, Synth, Vocoder)
Dave Meros (Basso, Voce)
Jimmy Keegan (Batteria, Voce nella traccia 4)

Musicisti Ospiti:
David Ragsdale (Violino nella traccia 9)
 
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