Con invidiabile e puntualissima cadenza biennale, riecco tornare fra noi i danesi HateSphere, chiamati a ritrovare l’ispirazione dei giorni migliori dopo un paio di lavori gradevoli, ma non certo esaltanti; il quintetto di Aarhus, noto per il suo furioso stile thrash/death comune a band come The Crown e The Haunted (tutti più o meno figli degli At the Gates), ha infatti smarrito parte della freschezza che aveva reso indimenticabili i primi lavori, in particolare Ballet of the Brute e The Sickness Within, dai quali ci dividono ormai dieci anni abbondanti. In parecchi hanno individuato il momento critico nell’abbandono del singer storico, Jakob Bredahl, avvenuta ormai nel 2007, ma è noto come la band, che pure ha cambiato parecchi membri negli anni –non solo il singer-, abbia il suo compositore principale nel chitarrista Peter “Pepe” Lyse Hansen. In sostanza, più che di musicisti, il problema degli ultimi album di questo gruppo sembra proprio di ispirazione. Ci penserà l’ultimo arrivato, il qui presente New Hell, a dissipare le nuvole che si sono addensate su The Great Bludgeoning e Murderlust? Scopriamolo assieme.
La traccia che apre il nono album in studio degli HateSphere fa ben sperare: The Executioner (curiosamente, anche i The Crown, per restare nella scena thrash/death, avevano scritto un brano dal titolo pressoché identico!) è davvero un’ottima canzone, tirata, potente, con chitarra e batterie che pestano davvero duro ed il buon singer Esben Hansen che sputa rabbia nel microfono; sì, imita un po’ troppo il vecchio Jakob, ma non ci sentiamo di massacrarlo per questo motivo. Lines Crossed Lives Lost è a sua volta un pezzo interessante, seppur un pelo troppo simile, come struttura, a The Sickness Within; va bene che non ci si aspettano innovazioni clamorose dagli HateSphere, certo l’autocitazionismo sperticato non ci trova propriamente concordi. Si può comunque lasciar fare, perché bene o male il brano funziona e farà scuotere le sue teste. Lo stesso, peraltro, si può dire di The Longest Haul, pezzo più lento e ragionato, che si rifà ai pezzi simili già pubblicati dalla band, come ad esempio Only the Strongest, ma anche una Let them Hate. Qui e là, come di consueto, i nostri inseriscono anche qualche sprazzo maggiormente melodico: si veda (ascolti, in realtà) l’intro di Head on a Spike, che a dire il vero c’entra un po’ poco con il resto del brano, veloce e pesante come i danesi ci hanno abituato; ancora, si ascolti la strumentale On the Shores of Hell, non eccezionale a dire il vero, ma utile a tirare un po’ il fiato fra un brano veloce e l’altro, dove per la verità i nostri ci risultano maggiormente intriganti. Non a caso, infatti, che maggiore sia la velocità, maggiore è anche la validità della canzone proposta, salvo rare eccezioni: Your Sad Existence, ad esempio, benché impieghi un po’ per decollare, è una mazzata in pieno volto. La title-track ci convince complessivamente un po’ meno, così come del resto Master of Betrayal, ma per fortuna si torna su buoni livelli con Human Cesspool, dominata nuovamente dalle chitarre e dalla batteria implacabile di Mike Park Nielsen. A chiudere il tutto provvede infine The Grey Mass, il brano più classic death di New Hell: il cantato di Hansen è più cavernoso e gutturale che mai, soprattutto nella prima parte e rinuncia in parte alle sue urla furiose. La chiusura, infine, è inaspettatamente melodica, ma a differenza degli altri episodi di questo tenore presenti sull’album, si tratta di un passaggio davvero emozionante e ben congegnato.
In sostanza, New Hell è un lavoro sicuramente più che sufficiente: ci sentiamo di ritenerlo complessivamente superiore all’ultimo Murderlust, che pure era un lavoro godibile, ma inficiato da un’eccessiva altalena nella qualità complessiva dei vari brani. Non siamo ancora ai livelli di un tempo, che probabilmente non torneranno più, stante qualche brano meno valido degli altri e qualche passaggio che sa davvero troppo di già sentito, ma gli HateSphere paiono aver compiuto un altro passo nella direzione giusta. Le tante ombre di The Great Bludgeoning sembrano ormai dissipate e possiamo guardare al futuro della band con rinnovata convinzione, anche se la strada da fare resta comunque importante.
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