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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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02/05/2016
( 4817 letture )
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Puntuale come un orologio svizzero, come annunciato un anno fa, il “fratello” di Cauterize è finalmente fra noi. Mark Tremonti lo aveva detto in occasione dell’uscita del suo secondo disco solista: nelle sessioni di registrazione era uscito materiale sufficiente a riempire i solchi di due dischi; l’attesa è dunque terminata e si possono ascoltare le dieci tracce che trovano spazio su Dust, lanciato, come il precedente, da Fret12 Records. La copertina mostra fin da subito il collegamento con l’uscita del 2015: compare nuovamente il mostro simil medusa che sembra essere riuscito nell’intento di mettere a ferro e fuoco il pianeta.
Il “cattivo pensiero” che potrebbe immediatamente affiorare approcciando questa uscita è quello di trovarsi di fronte agli scarti delle sessioni di registrazione del disco precedente che la solita mefistofelica dinamica del music-business ci vuol far propinare a caro prezzo. In sede di intervista sia per promuovere l’uscita di Cauterize sia per il lancio di Dust, che potete leggere qui sulle pagine di Metallized, Mark ha allontanato tale interpretazione sottolineando che, avendo prodotto un numero di canzoni di qualità che potevano coprire due dischi, invece di sceglierne solo alcune, ha deciso di farle uscire tutte, ma in due momenti diversi. La formula rispetto al platter precedente ovviamente non cambia: parliamo sempre di una sorta di valvola di sfogo per il lato più heavy e allo stesso tempo melodico di Tremonti che per forza di cose non può trovare spazio nella band “principale” del chitarrista. Anche se definire un semplice side-project questa band, non le renderebbe pienamente giustizia, ci troviamo infatti di fronte ad un gruppo ben rodato con un’identità propria e composto da musicisti di spessore. Primo fra tutti il leader che rappresenta uno dei nomi più rilevanti fra i chitarristi post anni novanta e che dimostra anche delle doti vocali decisamente non comuni, che solo un mostro come Myles Kennedy può legittimamente permettersi di oscurare. A fargli compagnia l’ottimo Eric Friedman alla seconda ascia e una sezione ritmica molto valida composta da Garrett Whitlock dietro alle pelli e da uno con un nome e soprattutto un cognome da brividi come Wolfgang Van Halen, spesso bollato ingiustamente come “raccomandato”, ma musicista dotato di notevole talento (d’altronde il DNA non è un’opinione). Il disco, come Cauterize, è caratterizzato da una produzione decisamente di alto livello con suoni secchi, moderni ed aggressivi delle chitarre sempre al centro della scena, la voce ben valorizzata su cui vengono inseriti dei filtri nelle giuste dosi, il basso ben posizionato nel mix con un tono saturo ma equilibrato e una batteria potente e dinamica, unica piccola pecca, volendo per forza muovere una critica, il suono della cassa un po’ troppo artificioso ed invadente. L’attacco affidato a My Last Mistake è in piena continuità con quanto ascoltato nei due dischi precedenti: ritmiche sostenute e un riffing duro e allo stesso tempo di facile assimilazione che nel ritornello lascia spazio a linee melodiche catchy, ma non scontate. Ottimo sostegno in tutta la traccia dal basso di Van Halen (fa un po’ effetto scriverlo ndr) che accompagna bene sia le chitarre sia la batteria indemoniata di Whitlock. In questa traccia come in praticamente tutte le altre, va sottolineato il lavoro assolutamente eccellente in fase solistica del buon Mark che riesce sempre a trovare il perfetto equilibrio tra tecnica ed espressività per far sì che ogni solo sia ben incastonato nella canzone. Si prosegue con The Cage, la canzone forse più vicina allo stile Alter Bridge nella parte di refrain, ma resa più personale dal pachidermico stacco centrale squarciato dal funambolico solo di Mark che regala anche una prova eccellente dietro al microfono. Once Dead parte con il piede affondato sul gas ed un riffing che tocca quasi il thrash, ma in sede di ritornello torna come sempre su lidi più melodici seppur di buona qualità è forse uno degli episodi un po’ meno interessanti del CD perché contiene pochi spunti veramente originali e coinvolgenti. La title-track concede un momento più riflessivo e rilassato: spariscono le distorsioni esagerate e la batteria sparata a mille per lasciare spazio al lato più melodico ed espressivo della band. Un grande riff accompagnato al solito da un’ottima sezione ritmica insieme ad un ritornello che si stampa in testa e ad un solo di livello caratterizzano Betray Me, che contiene quindi tutti gli elementi più positivi del sound di Tremonti e si candida ad essere una delle tracce migliori del disco. Tore My Heart Out rallenta nuovamente, senza offrire però nessuno spunto di rilievo, discorso diverso per la successiva Catching Fire in cui Tremonti offre una prova molto aggressiva e rabbiosa dietro al microfono in un mid-tempo roccioso con vari ed efficaci cambi di atmosfera. Never Wrong è un buon esempio di song più “tranquilla”, ma dotata di grande classe negli arrangiamenti, stesso discorso legato però ad un approccio decisamente più duro per Rising Storm e la conclusiva Unable to See, dove ritorna la chitarra acustica che fa da apripista al prepotente ritorno dell’elettricità per una traccia comunque incentrata su coordinate più melodiche ed emozionali.
Dopo l’ascolto di Dust qualsiasi dubbio sul fatto che sia costituito da scarti dell’uscita precedente è assolutamente fugato. Mark Tremonti e soci hanno semplicemente prodotto musica di grande qualità sufficiente a coprire due album interi, tanto che è difficile dire se uno dei due sia più valido dell’altro; la differenza più marcata è sicuramente data dal fatto che su questo disco sono state incluse tracce leggermente meno cupe e più positive nel loro complesso. Un acquisto obbligato per tutti i fan del chitarrista americano e anche per chi vuole ascoltare un po’ di sano heavy metal a tinte moderne, mai scontato e suonato con perizia e passione. Aspettiamo con trepidazione il prossimo capitolo, perché questa band ha dimostrato di essere ben di più del progetto solista del chitarrista degli Alter Bridge.
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10
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Sono incuriosito, ho visto in molti parlare di questo nuovo lavoro di Tremonti. Gli altri 2 album sinceramente li avevo trovati un po' scontati. |
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9
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ObeYM86: non sei solo, sarà questione di gusti, ma trovo gli AB troppo perfettini e pulitini. |
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8
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Preferisco i dischi solisti di Tremonti agli Alter Bridge....di gran lunga....anzi,sto per dirla grossa,preferisco anche la voce di Mark a quella di Kennedy.... |
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7
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Questo lo devo ancora ascoltare, ma le anteprime non mi sembrano lontano da quanto ha gia` fatto: per me sembra solo una versione piu` dura degli Alter e comincia ad essere tutto paurosamente simile |
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6
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Per me Tremonti con i Nickelback non c'entra niente. |
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5
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Disco molto bello e decisamente superiore a Cauterize. Con tutto il rispetto paragonare Mark Tremonti ai Nickelback mi sembra ingeneroso. Ognuno ha i suoi gusti per carità, ma bisogna dare atto a Mark di essere un artista a tutto tondo, che ha saputo evolversi in maniera esponenziale dai tempi dei Creed, mantenendo intatta la sua credibilità artistica. |
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4
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ma è una macchina da guerra,ma come fa?  |
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3
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Disco incredibile e inprescindibile. Ennesimo capolavoro che Mark ci regala. Dust completa in maniera sublime il duo " cauterize" e "Dust". Pochi sono i chitarristi del suo calibro e con questa dote compositiva. Da brividi. 90 |
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2
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Ascoltabile ma niente di che,sempre la solita solfa alla Nickelback e 3 Doors |
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1
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Un album stupendo dall'inizio alla fine! Uno dei migliori lavori del 2016 senza dubbio, tracce come Catching Fire e Dust sono assurde! Grande Mark e soci! Voto 85 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. My Last Mistake 2. The Cage 3. Once Dead 4. Dust 5. Betray Me 6. Tore My Heart Out 7. Catching Fire 8. Never Wrong 9. Rising Storm 10. Unable To See
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Line Up
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Mark Tremonti (Voce, Chitarra) Eric Firedman (Chitarra) Wolfgang Van Halen (Basso) Garrett Whitlock (Batteria)
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