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Filter - Crazy Eyes
28/07/2016
( 2339 letture )
Di acqua sotto i ponti, dal terremotante cult-classic Short Bus (1995) ne è passata, senza dubbio. Il genere si è evoluto ed è spirato, risorto e riaggiornato, strappato e straziato, allungato e dislocato in favore di zone illuminate e meno aride. Insomma, l’industrial, sia esso rock o metal, ha cambiato pelle più e più volte, come spesso accade nel percorso evolutivo di una qualsivoglia forma di arte, ma ha da sempre portato con sé un gustoso disagio sociale. Fermento, irrazionalità, senso di ribellione e apparente conquista. Cyber-punk. Il veterano Richard Patrick, ex-Nine Inch Nails e unica mente dei Filter, cambia pelle ancora una volta per far risorgere la sua amata creatura che, a oggi, compie ben 23 anni di vita. I lunghi percorsi e le spietate clessidre del Tempo. Poi ancora stop e rewind, riavvolgendo il nastro vitale e tornando indietro di vent’anni, con un refresh sonoro e un mood tutto da scoprire.

Non tutto luccica e non tutto ammalia e coinvolge, però. Crazy Eyes , il nuovo parto in casa-F è descritto come un come-back ambientale e ferale, che riporta indietro nel tempo per uccidere i demoni del passato, esorcizzando il malessere interiore tramite scarna ribellione giovanile. In realtà, questo nuovo manifesto, propriamente intitolato Occhi Pazzi, non ha una precisa identità, né vuole fornircene una a tutti costi. Niente key-card olografico-identificativa, quindi, ma uno spettrogramma piuttosto ampio, di buona caratura e decisamente ammiccante ai più. Pochi confini. L’intrinseca violenza tout-court della traccia di apertura Mother E ci fa traballare sedie e tavoli con la sua sequenza diretta e manipolatrice, il ripetersi ossessivo di note ultra compresse e distorte, con una produzione che -per certi versi- stona in positivo, non andando a raffreddare ancora di più il clima generale, ma riscaldando il suono con una tiepida coperta che sa di Vivo e, soprattutto, Vero. Nuova line-up per nuovi suoni che amano il passato remoto e lo coinvolgono in una danza trance dall’aspetto malsano e industriale, tra vocalizzi esasperati, urla e piacevolissime melodie ambientali (ecco che ritorna il mood/manifesto proclamato prima dell’uscita dell’album). Un bel mix, tra sali speziati e aromi natural-matematici, concise divisoni sonore e scivoloni parziali (vedi Nothing in My Hands, troppo derivativa e decisamente poco intrigante). Crazy Eyes è un album con più facce, che rinvigorisce il sound dei Nostri ma, nel contempo, ne allarga gli orizzonti e il possibile bacino di utenza. Tra le chitarre secche e sempre incisive di Oumi Kapila fino alle azzeccate escursioni active rock di Take me to Heaven, singolo piuttosto incisivo e diretto, il cui sound -lambito da un ritornello intrigante e smaccatamente commerciale- faticherà a lasciare il vostro dolby-cervello. Veleno e caramelle alla frutta, quindi, con un andirivieni aggressivo/compulsivo che trova il suo personalissimo climax emotivo nella cinematografica semi-ballad Welcome to the Suck (Destiny Not Luck), con un Richard Patrick in gran spolvero, melodie ben congegnate e accattivanti, sponde oscure e una trama spezzata, tra richiami Hollywoodiani, sensazioni eleganti alla NIN e un crescendo vocale intenso, che si apre a un finale marziale, prima di un codino melancolico e atmosferico.

I pezzi del Filter-puzzle sono interessanti e, spesso, ben riposti nella scatola da gioco, con un senso del destino ben lucidato e cromato, che si lascia indietro le influenze alternative di Anthems for the Damned (2008) e anche le ultime svisate sonore di The Sun Comes Out Tonight (2013), dove la band si era trasformata in una sorta di progetto solista che vedeva R. Patrick lavorare praticamente in solitaria insieme all’esperto produttore Bob Marlette e al chitarrista Jonathan Radtke. Fortunatamente le brutture di Trouble with Angels (2010) sono alle spalle e, a testimoniare tutto questo, ci pensa la potenza metallica di Pride Flag, con le sue accelerazioni finali in doppia-cassa e il suo solo di chitarra sfasato e quasi punk, oppure i piacevoli richiami nostalgico-citazionistici di Kid Blue from the Short Bus, Drunk Bunk, che omaggia il passato non solo nel titolo ma anche nelle intenzioni musicali. Plauso.

L’amalgama è buono anche se non sempre funzionale al tema portante dell’album, con una copertura territoriale che spazia dal rock moderno all’industrial metal, con gustose mini-sezioni ambient e parentesi moderatamente soffuse. Va tutto bene sulla monorotaia sospesa tra città e laser, fumi notturni e intrecci futuri ancora da scrivere, come nella doppietta finale Under the Tongue/(Can’t She See) Head of Fire - Part 2, in cui ci si perde in un fiume liquido di metallo e poli-lega dal tocco freddo ma dall’animo nobile. Convince la chiusura del nuovo viaggio filtrato, in cui l’orchestra del futuro, predisposta, preparata, arrangiata e diretta da mister Patrick risolleva le proprie sorti, rinascendo per l’ennesima volta con dissenso, verve e progressione.

Crazy Eyes ci riconsegna una band, o meglio, una Visione Musicale importante appartenente alla pionieristica scena industrial degli ultimi 25 anni. I Filter sono tornati per gli applausi e questa volta ci sono ampiamente riusciti. Salite a bordo e godetevi la città del futuro attraverso occhi diversi.



VOTO RECENSORE
72
VOTO LETTORI
76 su 7 voti [ VOTA]
Daniele
Sabato 30 Luglio 2016, 21.08.43
7
@freedom mi sa tanto che hai ragione,short bus lo ascolto sempre con piacere
Ck63
Venerdì 29 Luglio 2016, 14.14.26
6
Album piacevole, con buoni spunti ma senza grande acuti. Si lascia ascoltare. Voto giusto
freedom
Venerdì 29 Luglio 2016, 9.50.20
5
Devo ascoltarlo, ma dubito che riusciranno mai a ripetere quanto fatto con Short Bus.
Miky71
Giovedì 28 Luglio 2016, 12.46.48
4
Anch'io ho ascoltato questo album anche se il genere industrial non è che mi prenda molto. Concordo con Metalraw riguardo la qualità dei singoli pezzi : alcuni sono decisamente buoni, altri meno riusciti. Sono comunque bravi, un 70 ci sta tutto.
Beastman
Giovedì 28 Luglio 2016, 8.24.35
3
Non li ascoltavo dai tempi di Short Bus e questo l'ho sentito per intero una sola volta, ma non mi è venuta voglia di riascoltarlo. Echi di quel che fu e sopratutto di quella intensità, si sentono ma... l'album di per sé mi hadavvero deluso. Magari riascoltandolo ccrescerà.
Valerio
Giovedì 28 Luglio 2016, 7.00.34
2
Copertina e recensione intrigante. Li ascolterò.
gianmarco
Giovedì 28 Luglio 2016, 0.43.33
1
bene ,ascolterò
INFORMAZIONI
2016
Wind-Up Records
Industrial
Tracklist
1. Mother E
2. Nothing in My Hands
3. Pride Flag
4. The City of Blinding Riots
5. Take Me to Heaven
6. Welcome to the Suck (Destiny Not Luck)
7. Head of Fire - Part 1
8. Tremors
9. Kid Blue from the Short Bus, Drunk Bunk
10. Your Bullets
11. Under the Tongue
12. (Can’t She See) Head of Fire - Part 2
Line Up
Richard Patrick (Voce, Chitarra, Programming)
Oumi Kapila (Chitarra, Tastiera, Programming)
Bobby Miller (Tastiera)
Ashley Dzerigan (Basso)
Chris Reeve (Batteria)
 
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