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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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10/02/2024
( 657 letture )
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Un vero peccato sia mancata la fantasia per il nome di questo disco: Title of Record è il massimo che i Filter hanno saputo inventare per il loro secondo album in studio. Pubblicato nell’agosto 1999 da Reprise Records, portava con sé il grosso peso delle aspettative dopo l’ottimo esordio, Short Bus. Attese parzialmente soddisfatte nonostante venga meno una figura importante come Brian Liesegang con la sua drum machine ed il duo diventa un quartetto con l’ingresso di Lenardo alle chitarre, Cavanagh al basso e Gills alla batteria. Rimane la mente geniale di Richard Patrick e la sua timbrica un po’ alle Perry Farrell. Soggettivamente parlando, però, i Filter rappresentano da sempre un qualcosa di molto più accattivante dei Jane’s Addiction ma è meglio evitare paragoni semplicistici. Tornando a Title of Record, possiamo da subito notare quanto sia heavy rock sin dalle prime battute con un suono e delle liriche alternative tipiche degli anni ’90 che, anche con il buon successo mainstream di Take A Picture, gli hanno permesso di vendere molte più copie rispetto al primo lavoro fino ad ottenere il disco d’oro in Canada e di platino negli Stati Uniti. È un lavoro più spensierato e leggero che batte forte sui ritornelli di cui è composto, sull’egregio lavoro ritmico e sulle chitarre che funzionano quando il distorsore è attaccato ma anche quando le corde diventano limpide per strimpellate più intimiste.
Tutto funziona alla grande soprattutto nella prima parte con l’introduttiva Sand in cui il violoncello di Remschneider è preso in prestito dagli Smashing Pumpkins per dare fuoco alle polveri. Le quattro tracce seguenti sono delle vere bombe: il riff di Welcome to the Fold è un gancio al fegato che ti piega ma ti lascia vivo per goderti gli abbondantissimi 7 minuti che però si fanno tutti d’un fiato. La batteria di Gills è semplicemente coinvolgente e la ritmica nel bridge è impagabile mentre la voce di Patrick diventa perversa prendendo la meglio ispirazione da Reznor; Captain Bligh è un altro pezzo col piede sull’acceleratore, heavy rock crudo e robusto che però riesce a chiudersi nella calma senza far perdere l’interesse all’ascoltatore; potrebbe trattare, con malinconica convinzione, del suo abbandono dei NIN durante le registrazioni di The Downward Spiral. It’s Gonna Kill Me è quella che, invece, che più giova dell’elettronica narrando come il mix donne e pillole possa essere lesivo per la salute psicofisica dell’autore. The Best Thing riserva un’impronta più psichica, eccitante e spensierata. Take A Picture è, poi, il brano che ha reso i Filter noti ad un pubblico più ampio grazie ad una sostanziosa presenza nelle rotazioni radiofoniche, sognante nonostante parli dei problemi d’alcolismo del cantante. Alla seguente Skinny, nonostante esploda letteralmente nel ritornello, manca qualcosa, forse l’ispirazione per essere abbastanza accattivante come le altre e lo stesso vale, purtroppo, per I'm Not the Only One, indubbiamente la traccia più irrilevante. Non è lo stesso per Cancer, perché il basso predominante, il passato dei Nine Inch Nails di Patrick che ritorna e la voce soave e divina di D’arcy Wretzky (una sirena nella tempesta) rendono questa perla assolutamente imperdibile con un tema fondamentalmente ambientalista. La conclusiva Miss Blue è una melodica e lamentosa chiusura, nonché un saluto che sa di rito mistico del distacco umano attraverso una serie di domande e perplessità insicure e nostalgiche. La ghost track, dopo i 13 minuti di silenzio, è assolutamente tralasciabile ma era molto industrial e, a quei tempi, faceva figo. Title of Record è ricco di melodie, tribalismi, rabbia e, persino, inquietudine. Un crossover, talvolta duro, che mischia metal riffs abbassati ad aperture melodiche semi-acustiche. Evitando inutili confronti notiamo che c’è anche qualcosa dei NIN, ma suona tutto molto personale. È un peccato che la seconda parte vada un po' calando portandolo solo a sfiorare l’eccellenza nel genere di allora, con maggiore distanza dall’acidità industrial di Short Bus e portandolo ad essere, quindi, meno ostico e più accessibile. La differenza di stile è palpabile ma è un cambiamento distante dall’essere un passo falso nonostante alcuni fan della prima ora potrebbero essere rimasti con l’amaro in bocca. È evidente che i Filter, con l’uscita di Liesegang, abbiano preso una direzione decisamente dissimile da quella imboccata inizialmente (con maestria) ma è anche vero che il suo successore mette il piede su uno scalino che sarebbe potuto essere in discesa; rimane, anzi, un prodotto migliore di quelli che pubblicheranno in futuro senza riuscire a ripetersi e consolidarsi. Chiariamoci! Non è di certo perfetto, né il migliore di quell’anno e nemmeno il più originale del mondo ma è, forse, stato un po' sottovalutato. Un pezzo di puzzle che aveva, sì, cambiato faccia ma di cui i Filter avevano ancora il pieno controllo sebbene, col tempo, abbiano smarrito i pezzi lasciandolo, aimè, incompleto. Recuperatelo!
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Sand 2. Welcome to the Fold 3. Captain Bligh 4. It's Gonna Kill Me 5. The Best Things 6. Take a Picture 7. Skinny 8. I Will Lead You 9. Cancer 10. I'm Not the Only One 11. Miss Blue
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Line Up
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Richard Patrick (Voce, Chitarra, Basso, Programmazioni) Geno Lenardo (Chitarre, basso, Sitar, Mandolino, Programmazioni) Frank Cavanagh (Basso) Steven Gills (Batteria)
Musicisti Ospiti: Eric Remschneider (Violoncello in traccia 1) D’arcy Wretzky (Voce in traccia 9) Jim McGrath (Percussioni in traccia 11) Elliot Caine (Tromba in traccia 2)
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RECENSIONI |
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