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Myrkur - Mareridt
11/09/2017
( 4493 letture )
Sebbene chi scrive tenda molto spesso ad affidare alle conclusioni o a corrive considerazioni tra le righe tutto ciò che concerne il rilievo mediatico di alcuni artisti o determinate scelte prese dalle label in fase di marketing, l’analisi dell’ultimo lavoro sgorgato dalla penna della Bruun -mente e carne del progetto Myrkur- merita una doverosa premessa, per sgomberare il campo da qualsiasi equivoco. Nonostante la Relapse abbia lanciato l’esordio dell’artista quasi fosse un disco d’avanguardia nell’ambito del black metal ed abbia, per quello che concerne Mareridt, giocato sul filo dell’ambiguità -soprattutto se si considera la scelta di brani quali Måneblôt ed Ulvinde come primi singoli- tentando comunque di attrarre l’attenzione del pubblico estremo, ben difficilmente la produzione può essere considerata, valutata e letta come se fosse interamente un disco black metal.
Al netto di pochi e ben poco significativi elementi, ci troviamo infatti senz’altro dinanzi un album dalla difficile classificazione ma tutt’altro che ascrivibile al genere in questione. Per tale ragione, nella disamina che segue, non sarà affatto discusso il contributo di Mareridt al panorama black, né verrà in questione la sua aderenza o meno a determinati stilemi. Ci si concentrerà piuttosto sulla produzione in sé e sulla coerenza intrinseca del lavoro, gettando a lato e rigettando qualsiasi polemica concernente la figura della Bruun, il suo per alcuni fortuito e furbo approdo alla Relapse, nonché l’indegno rigurgito di misoginia che troppo spesso viene palesato nei confronti dell’artista. Pur ritenendo che inevitabilmente il non stroncare per partito preso una figura rea di avere un’immagine mediatica abbastanza discutibile possa suscitare critiche, nonché far storcere il naso a chiunque sia infastidito da determinate dinamiche commerciali, l’analizzare obiettivamente, qualsiasi platter costituisce un bene maggiore per la sottoscritta che ritiene di fornir così un miglior servizio al lettore.

Ciò che Mareridt mette a tema anzitutto -come svelato del resto dal termine danese stesso- è la dimensione intima e disorientante dell’incubo, dando luogo non già ad un concept, bensì ad un complesso di undici tracce gravitanti attorno al medesimo alveo concettuale, prendente forma a partire dalla delicata titletrack, dischiudente il lavoro. Da un sottofondo vellutato intessuto da accenni di archi sorge la voce della Bruun, che sin da qui fa mostra delle sue notevoli doti vocali, plasmanti una composizione evocativa e folkeggiante, quasi trascinantesi tra il verde di una valle montana. A far seguito è Måneblôt, brano in cui palesarsi sono gli elementi più estremi del sound di Myrkur: vediamo infatti affiorare blast beat, riffing in tremolo picking sapientemente intrecciati a fraseggi in nyckelharpa e strumenti tradizionali. Allo screaming sanguigno e sferzante di Amalie fanno da contrappeso sezioni eteree in pulito e cori evocativi. Pur ostentando una struttura piuttosto prevedibile e ben poco coraggiosa, la traccia resta convincente e godibile, soprattutto per quanto concerne le ricercate soluzioni melodiche. È tuttavia con brani come i successivi The Serpent e Crown che il talento della Bruun ha lo spazio per dispiegarsi in atmosfere e costruzioni che le sono senz’ombra di dubbio più congeniali. Lo slow tempo a tinte tetre della prima ed il tono intimistico della seconda -la cui sezione terminale sfuma in una cantilena avente quasi le movenze di una nursery rhyme- sono notevoli ed apprezzabili. Altrettanto riuscite risultano tracce del calibro di De Tre Piker, ammirevole rielaborazione di un brano tratto dalla tradizione folkloristica scandinava, e la breve Gladiatrix, in cui i corrivi riferimenti estremi -rappresentanti ancora una volta da scream e drumming maggiormente sostenuto- sono efficacemente intessute alla trama acustica atmosferica attraversante la composizione ed alle diafane linee vocali in pulito. L’amalgama appare infatti più coeso e coerente di quanto non avvenga in Ulvinde la quale, pur essendo senz’altro intrigante ed accattivante, non riesce a fugare l’impressione di trovarsi dinanzi sezioni irrelate e soltanto goffamente fuse tra di loro a creare una composizione. Menzione a parte merita inoltre Funeral, nella quale si cela anche la mano di un’artista quale Chelsea Wolfe. L’inconfondibile timbro dell’illustre ospite suggella un brano plumbeo costruito su un riffing malsano ed asfissiante e qua e là dischiuso da archi conturbanti.

Nonostante la qualità dei brani che compongono Mareridt sia altalenante, quest’ultimo si attesta tutto sommato sempre su buoni livelli, forgiando una produzione in grado di tener desta l’attenzione dello spettatore durante tutta la sua durata. Il full-length è tuttavia ancora adombrato da una certa indecisione, da parte della mastermind, circa il peso relativo da dare alle componenti del sound di Myrkur. Si ha difatti l’impressione di trovarsi difronte ad un platter che per certi versi vorrebbe recidere il cordone ombelicale con il metal estremo senza osare mai del tutto in tal senso mentre, per altri, intenderebbe farne in qualche maniera propria la sintassi ma collocandovi suggestioni non del tutto adeguatamente elaborate. Mareridt dunque, pur avendo l’indiscutibile pregio di presentarci composizioni finalmente personali e non più appiattite su una riproposizione maldestra del sound degli Ulver di Bergtatt, è gravato da bias, incertezze ed asperità che gli impediscono di essere il lavoro della consacrazione della Bruun e lo regalano al ruolo di album discreto, in grado di accompagnare piacevolmente le prime brezze autunnali.



VOTO RECENSORE
70
VOTO LETTORI
89.23 su 26 voti [ VOTA]
Alessio
Venerdì 27 Aprile 2018, 12.14.07
10
Artista interessante che ancora non riesco ad approfondire come merita....Sono curioso anche dello show che avranno modo di tenere al Colony summer fest.
Mico
Martedì 26 Settembre 2017, 9.01.52
9
Sembra di ascoltare Lana Del Rey versione metal... interessante !
Luky
Venerdì 22 Settembre 2017, 12.42.08
8
Concordo con il commento numero 3 di tino, il singolo Ulvinde è il pezzo che mi è piacuto di piú. Per il resto belle atmosfere, e i pezzi black sono senza infamia e senza lode. Voto 70, concordo col recensore.
Serge
Lunedì 18 Settembre 2017, 0.09.11
7
85. E' un grande album. L'ho amato.
Ale
Domenica 17 Settembre 2017, 8.25.04
6
Dopo il primo ascolto, direi che l'ho trovato piacevole, specialmente nei tratti "black/folk", semplici ma efficaci. In altri momenti, invece, mi ha dato l'idea di non sapere dove andare a parare: mi sembrava di ascoltare un mix tra Dead can Dance e il The Seer degli Swans, entrambi in chiave più estrema e decadente... Insomma, un buon disco tutto sommato, ma mi piacerebbe sentire qualcosa di "suo", dato che le qualità, sia vocali che compositive, mi sembra che le abbia. In attesa del terzo album, che forse sarà quello della maturità, do a questo un bel 75.
fox mulder
Sabato 16 Settembre 2017, 22.38.25
5
Bellissimo/a!
Flv
Sabato 16 Settembre 2017, 10.51.11
4
il disco e' piacevole e molto atmosferico , 70 voto giusto
tino
Venerdì 15 Settembre 2017, 18.11.01
3
Per me un'artista interessante. Mi piace molto il singolo ulvinde, mi spaventano però i pezzi troppo acustici
Nightfall's Dream
Venerdì 15 Settembre 2017, 16.35.06
2
Un plauso al recensione per non esser partito in quarta col presupposto che Myrkur non fa vero black metal, è solo una trovata commerciale e via dicendo. Fatta questa premessa, per me è un buonissimo disco, non scriverà la storia di nessun genere, non sarà il disco dell'anno ma diamo a Cesare quel che è di Cesare. Myrkur è artisticamente cresciuta ed ha giocato bene le sue carte in questo album dipingendo tinte contrastanti fra atmosfere nebbiose e decadenti e momenti più o meno rabbiosi. Un album più che apprezzabile, nulla più nulla di meno, e se non è TRVE chissenefrega.
ocram
Mercoledì 13 Settembre 2017, 11.00.02
1
Trovo davvero apprezzabile il percorso dei Myrkur. Si vede che la Bruun ha maturato una certa personalità e ha fatto tesoro degli errori che erano troppo evidenti nel debutto M e si è focalizzata su quello che le viene meglio, ovvero creare canzoni per lo più acustiche con atmosfere decadenti, largo uso di strumenti folk e qualche chitarra qua e là. Non sarà di certo black metal, forse non è neanche metal (a me ha ricordato molto più i Wardruna rispetto agli Ulver), ma è decisamente più a fuoco del debutto M. Per me un ottimo secondo album, alla faccia di chi da voti all'artista senza aver ascoltato l'album. Disco forse non per tutti. Voto 78
INFORMAZIONI
2017
Relapse Records
Inclassificabile
Tracklist
1. Mareridt
2. Måneblôt
3. The Serpent
4. Crown
5. Elleskudt
6. De Tre Piker
7. Funeral
8. Ulvinde
9. Gladiatrix
10. Kætteren
11. Børnehjem
Line Up
Amalie Bruun (Voce, Chitarra, Nyckelharpa, Violino, Percussioni, Synth, Organo)

Musicisti Ospiti:
Chelsea Wolfe (Voce, Chitarra)
Veslemøy Aalde Heyerdahl (Voce)
Ida Sandberg Motzfeldt (Voce)
William Hayes (Chitarra)
Andreas Lynge (Chitarra, Basso)
Christopher Juul (Arpa, Percussioni, Mandolino)
Maria Franz (Percussioni)
Randall Dunn (Synth)
Abbey Blackwell (Contrabbasso)
 
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