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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Prima di scendere nei dettagli della disamina è bene stabilire alcuni, utili, postulati. In questa recensione non verrà criticata la figura mediatica Myrkur, pur comprendendo la centralità del ruolo giocato dalle aspettative nel velo mediatico steso sulla one man band di origine danese. Secondo punto: verranno prese in seria considerazione le prerogative musicali, i loro sviluppi concreti, la qualità del prodotto finito. Personalmente su Myrkur ho letto pareri discordanti, che però, si soffermano poco o male sulle tangibili doti di scrittura della Bruun, sottolineando piuttosto le sfaccettature extra-artistiche, le quali dovrebbero essere note di colore e forse, nulla più.
Tuttavia, in guisa di provocazione, ribalto i miei stessi paradigmi. Sarei pronto a scommettere che se su M ci fosse un nome diverso -riproponendo il discorso trito del “peso” specifico di un'identità musicale conosciuta- nessuno sarebbe realmente colpito da ciò che propongono le undici tracce. Non che il debutto di Myrkur sia un pessimo sforzo creativo, tutt'altro. Come disco introspettivo, intimo, da apprezzare a luce soffusa, funziona molto bene, conquistando una valutazione positiva. La frattura nasce nel momento in cui si colloca M nella categoria che secondo l'opinione della Relapse gli appartiene. Di materiale inerente a suddetta classificazione, infatti, l'ascoltatore ne trova assai poco. Addirittura etichettare questo disco come black metal potrebbe risultare un azzardo in termini di suono e di basilari conteggi matematici. Tre sono gli episodi accostabili ad una definizione operativa di black metal, se vogliamo escludere dal conto quei brani per cui l'attitudine rientrerebbe nell'anello esterno del pianeta black, ma ai quali difetta una o più caratteristiche universalmente accolte come valide. La press-release coraggiosamente e protervamente lo definisce il futuro della Fiamma Nera, quasi che nella scena mondiale non ci fossero altre formazioni impegnate nella ri-definizione dei limiti del genere da noi favorito che rappresentino meglio l'evoluzione, graduale o improvvisa, del lessico norvegese di cui Myrkur si erige a nuova interprete o di esegeta. Anche contrastando una realtà fattuale oggettivamente rivelatrice. Se si escludono i pezzi, come Haeven, dove la mano di Garm degli Ulver sembra essere maggiormente presente, il resto sono malinconiche tracce composte al pianoforte ed arricchite con gusto notevole dagli arrangiamenti per strumenti a corda tradizionali e cordofoni classici, quindi, di black metal, inteso in qualsiasi forma strumentale e non spirituale, non v'è che una pallida ombra. Ed è alquanto sorprendente, poiché nei medesimi brani “elettrici”, l'impressione generale è che, complice la reputazione di tale compagno investito degli oneri della produzione, la Bruun abbia raccolto una manciata di riff dalle partiture di Bergtatt -a cui, per inciso, M si ispira senza neppure provare a mascherare l'intenzione- assemblandoli seguendo delle generiche regole di composizione probabilmente tratte da ascolti occasionali o corrispondenti ad un modello di black mutuato dalla Second Wave, ma mai rielaborato personalmente. Se esistesse un manuale “Black Metal For Dummies” Myrkur ne sarebbe il principale sponsor. Si immaginava eventualmente il contrario, che la cultura e l'esperienza di Rigg fossero il motore per evitare a M di languire in una mediocrità passiva e laconica. Per trattarsi di un personaggio così caratterizzato, Myrkur pecca proprio di personalità. Di carattere. Il full length scorre via privo di cadute rovinose o picchi di ispirazione, come un flusso ininterrotto di discrete trovate, sorrette in vari punti dalle lodevoli capacità vocali della mastermind, mancando purtroppo di impressionare o, abbassando lo standard, di suggerire qualcosa di più profondo. Non si sta giocando agli elitisti, si badi bene. Prese singolarmente, le composizioni, si ascolti ad esempio la struggente Nordlys, è evidente che Amalie ha un talento che potrebbe sicuramente sfruttare meglio, invece di sprecarlo o, se preferite, di investirlo con poca saggezza in un progetto, che per quanto da un lato appaga il suo desiderio passionale per il metal estremo, dall'altro la espone, ponendo in risalto i forti limiti che la sua scrittura si porta appresso, i quali, paradossalmente, sarebbero il punto di forza se impiegati proficuamente. Seppur non si debba mai partire prevenuti, alimentando la curiosità come contrappeso alla staticità intellettuale, M è, in ultima analisi, abbastanza approssimativo pure nel comparto tecnico. Ad una produzione spaziosa e morbida fa da contraltare una prestazione agli strumenti sotto la media, soprattutto quando ad impugnare la chitarra è Amalie, la quale non offre che un altro specchio in cui scrutare la sua incertezza nella direzione artistica da coltivare. Le sue sei corde suonano scevre da vita alcuna, prevedibili, prive ossia di quella connessione con l'emozione che è invece una delle caratteristiche del genere. Lo stesso vale per il basso, quasi assente ed abbandonato a se stesso nel seguire linee che alternano scolasticamente riff in minore ed accenti folk frammisti con progressioni armoniche in maggiore, esattamente nella maniera, come si accennava, in cui le medesime vengono strutturate nelle prime prove discografiche degli Ulver e, spostando l'attenzione su un campione più vasto, nella maggior parte dei dischi di un determinato, e celebrato, periodo storico.
Si ribadisce, la Bruun non è una sprovveduta ed è questo che lascia perplessi. Ha visione dell'insieme, un istinto naturale per la costruzione di atmosfere immense nella loro semplicità, una delicatezza materna nel conoscere la reazione viscerale ad un passaggio particolare che consciamente inserisce nella composizione. Perché allora, quando la strada del disco lo-fi alla Tehni sembra la scelta logica, dedicarsi con tale impiego di mezzi tecnologici ad un'impresa che a tratti diviene una pantomima? Sempre che Myrkur non sia una lezione post-moderna su quanto nei nostri giorni l'hype digitale si stia trasformando in una verità dogmatica ed allora sì che la Relapse ci avrebbe impartito un insegnamento degno di una parabola evangelica, o in una predizione oracolare...
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18
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Chi si accontenta gode caro Giovannone. Quoto Tino. |
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15
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Vorrei capire com'è che Myrkur fa tanto fastidio ai maschietti truzzometallari truevilmachomanblackwarriors; questo è un signor debutto, il resto sono chiacchiere davanti al classico boccale di birra, dove il cafone medio millanta di trombarsi tutta la galassia, un classico dell'aperitivo del venerdì sera insomma... Costruita a tavolino? Perchè, che cazzo pensate? Che gli Emperor siano inciampati per caso su uno strumento e che, una volta a terra, per caso proprio loro 4, abbian dato vita (con un sortilegio satanico) a "In the Nightside..."??? Ogni cosa messa sul mercato è studiata, programmata e messa a punto per piacere e per vendere, da SEMPRE. Se volete attaccare Myrkur, abbiate la decenza di lasciar perdere le battute da osteria, tranquilli, non ne andrà della vostra metallica virilità. |
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14
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Non avete proprio capito un cazzo |
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13
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MarcoMarco non penso ti si cagherebbe di striscio. Appena c'e' una componente femminile in un gruppo tutti a fare i maschioni nerboruti di turno, poi magari raccogliete saponette nel tempo libero. |
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12
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Diciamocelo, venderà magari i suoi dischi e i concerti, non certo per la musica. Sinceramente mi aspettavo mooolto di più. Tanto fumo ma... Comunque un bel drink alla Myrkur glielo offrirei volentieri  |
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11
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Voce stupenda e bella l'idea di fare del Bòack metal con voce angelica ma fatto davvero male. Il disco suona piatto e banale e , a parte alcune melodie molto apprezzabili, manca di personalità. E di BM c'è davvero poco Può far molto di meglio con una band vera |
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10
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Grandi. Finalmente qualcuno che dice le cose come stanno su st'oscenità di disco... che tristezza, il music business. |
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9
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Che roba oscena...ascoltato per curiosità, ma davvero inascoltabile una seconda volta |
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8
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Myrkur dovrebbe accantonare tutta la componente black metal e dedicarsi solo a quel metal atmosferico che, secondo me, le viene molto bene. Io un 70 glielo do, ma le canzoni black sono inascoltabili, piatte e poco interessanti. |
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7
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Purtroppo anch'io mi ero fatto fregare dalle prime tracce ascoltate coi cori e tutto il resto...sembrava un bel disco e invece mi ha annoiato alla fine. Però per me sta sopra la sufficienza. |
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6
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Per me ci sta anche un 75. Sicuramente è il miglior clone degli Ulver uscito finora a livello di stile, quindi l'originalità non c'è. Tutti quei brevi estratti di piano voce rendono l'album molto disomogeneo (il che non è un bene), però è molto vario. La base e i suoni sono di matrice black metal ma non mancano spunti post e thrash metal. Mi aspetto di meglio in seguito |
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5
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concordo con Kenos....ascoltato per curiosità, ma rimasto delusissimo.... |
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4
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Vista la pubblicità, ero incuriosito. Ascolteró tenterò sott'occhio quanto da te scritto in modo preciso  |
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3
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Tanto rumore per nulla. |
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2
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E' una delle cose più poser che mi sia mai capitata di vedere. E questo mi arreca parecchio fastidio. Sembra che la Relapse voglia prenderci per il culo. |
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1
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Concordo con recensione e voto (anche se, forse, a mio giudizio un 60 lo strappa, ma poca roba nel complesso). Molto bella ed interessante l'opener e le parti corali intrecciate al piano, anche e soprattutto quando si scontrano con la (banalissima da sola) componente Black Metal. Il problema, come sottolineato dalla racensione, è proprio la parte estrema del platter che non offre assolutamente nulla. Insomma, non è tutto da buttare, ma è altresì tutto così vuoto e inconsistente da non lasciare traccia di sé. Eccezione per il bel pezzo iniziale prima citato, pregno di folklore ed uscito molto bene nel suo complesso. Peccato che il resto sia di tutt'altra fattura (stilistica, ma soprattutto qualitativa) e che non si sia sforzata sul vero punto debole dei pezzi: la composizione. Il songwriting è debolissimo e le canzoni sono brutte, con belle idee qua e là, ma brutte perché banalmente assemblate male o su clicheé spaventosamente abusati. Mi permetto unicamente di dissentire con l'accostamento stilistico agli UIlver che tutti propongono fin dall'inizio (forse per l'apporto, decisivo poi? Io direi di no) di Garm. Al massimo mi sbilancerei in un paragone con la struttura di Nattens Madrigal, ma ripeto niente di stilistico a mio modo di vedere, diciamo più che altro che è così banale da andare a prendere dappertutto più che da qualcuno in particolare. Simpatica ed azzeccata la definizione di “Black Metal For Dummies”... La cosa che ha del paradossale (ma non forse nella società in cui viviamo, a conti fatti) è che dall'EP vi è stato anche un notevole miglioramento, tanto per dire. Ad oggi, più fenomeno mediatico che altro. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Skogen Skulle Do 2. Haeven 3. Onde Born 4. Volvens Spadom 5. Jeg Er Guden, I Er Tjenerne 6. Nordlys 7. Mordet 8. Byssan Lull 9. Dybt I Skoven 10. Skadi 11. Norn
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Line Up
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Amalia Bruun (voce, chitarra, piano)
Musicisti ospiti: Teloch (chitarre addizionali, basso) Havard Jorgensen (chitarre acustiche) Christopher Amott (chitarra lead in Mordet) Ole-Henrik Moe (strumenti tradizionali, violino) Tone Reichelt (corno) Martin Taxt (tuba) Oyvind Myrvoll (batteria)
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