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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Veil of Maya - False Idol
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10/01/2018
( 3565 letture )
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La Sumerian Records, è risaputo, negli ultimi anni ha allevato tutta una serie di band a base di technical modern metal, con sperimentazioni che spaziano dal deathcore, al progressive, all’electronic metalcore, al djent. Una di queste band, coccolata e accompagnata mano a mano fin dagli inizi attraverso tutte le sue evoluzioni e cambi di line-up (tutto sommato meritevolmente) sono i Veil of Maya.
Il four-piece americano partì ai tempi di All Things Set Aside con un tech/prog death con sprazzi di deathcore grezzo, graffiante e oscuro, per poi ripulirsi affacciandosi al djent, con The Common Men’s Collapse, senza smettere di abbracciare forte la pura tecnica. Il divenire, anche grazie all’entrata del nuovo frontman Lukas Magyar, ha esito in una realtà che è difficile da inquadrare se non nel djent, dove prog, math, death e melodic metalcore si mescolano e la parte emozionale è dovuta principalmente all’inserimento degli smaglianti e edulcorati ritornelli in clean, alle digressioni delle chitarre nonché atmosfere digitali. La cesura col passato è avvenuta, come spesso accade, proprio in concomitanza col cambio di frontman. Ma avendo premesso la sostanziale differenza con i primi lavori possiamo ben dire che il livello qualitativo mantenuto è tutto sommato alto e va ad accontentare le aspettative: non fatevi ingannare dal suo artwork inquietante (quasi lovecraftiano), False Idol è un lavoro notevole.
La produzione è ottima e -a livello di suoni- ciò che di più moderno possiamo immaginare, andando a valorizzare i riff spigolosi e guizzanti e gli special freschissimi del brillante Marc Okubo con il suo stile riconoscibilissimo, i pattern ritmici sincopati e tecnici e l’alternanza di vari tipi di cantato: un growl molto caustico con inserti di screaming e porzioni in clean molto accattivanti. L’intenzione prettamente djent alla Periphery si mescola con quella tecnica che i Nostri portano con sé fin da The Common Man’s Collapse, seppur evidentemente edulcorata. Il tentativo di cattiveria c’è ma un po’ si perde nelle nuove scelte stilistiche (pur essendo più prepotente rispetto al precedente Matriarch). In ogni caso, la dissonanza abbraccia la melodia e questo contrasto si adagia su un background di suoni elettronici e breakdown esaltanti, dando un esito decisamente variegato. Il songwriting è efficace, immediato, ma ci stupisce soprattutto nel dinamismo, nell’inserimento e nel posizionamento delle parti pulite (come in Doublespeak). E’ Overthrow la punta di diamante dell’album, intensa sotto ogni punto di vista, con il suo ritornello emozionale che surclasserà persino Mikasa di Matriarch. La pesantezza è evidente nella sfacciata ma pregiata Grayscale e nella groovy Pool spray, mentre la seconda parte dell’album tenderà ad edulcorarsi sempre più in alcuni tratti con simil ballate come Manichee o la fatata Citadel, dove gli spigoli vengono smussati da precise ed affinate cornici post/progressive; Follow Me rende invece giustizia a un’attitudine hardcore mai del tutto omessa. A livello lirico l’album è una sorta di concept scritto dal punto di vista di un unico personaggio che espone un flusso di coscienza che ha il suo susseguirsi nelle varie canzoni: la conclusione è affidata alla consapevole Lifestream, un pezzo estremamente catchy che dimostra con quale semplicità i nostri passino da un mood a un altro. Solo in alcuni momenti abbiamo delle virate di stile troppo esagerate che creano dei piccoli -ma tollerabili- momenti di disordine.
Tirando le somme, i Veil of Maya con False Idol hanno tirato fuori un lavoro di tutto rispetto, che tiene alto il nome della band e di tutto quel filone musicale moderno e sperimentale non facilmente etichettabile, ma che di sicuro proprio grazie all’allargamento e superamento degli orizzonti è in grado di intrattenere l’ascoltatore in mille modi diversi.
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6
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arnaldo fetecchia di cosa ? avessero tutti l'inventiva che mark okubo ha,
te la sogni a binocolo. |
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5
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molto meglio rispetto a matriarch, che era buono ma mancava di quelle atmosfere dei dischi precedenti, l trovo il loro lavoro migliore, il più completo e cazzo le linee vocali di lukas sono strepitose sia il groul che le clean vocals, nella mia top 10 dell'anno scorso . |
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4
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Decisamente sotto tono rispetto a Matriarch |
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3
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@TheHumanRomance la recensione mi ha incuriosito, cosa ne pensi degli altri album dei Veil of Maya([id],Eclipse e Matriarch) e quanto gli avresti dato?
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2
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che fetecchia ragà, pensavo che sto genere fosse passato di moda, invece è ancora vivo e vegeto, aimè |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1.Lull 2.Fracture 3.Doublespeak 4.Overthrow 5.Whistleblower 6.Echo Chamber 7.Pool Spray 8.Graymail 9.Manichee 10.Citadel 11.Follow Me 12.Tyrant 13.Livestream
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Line Up
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Lukas Magyar (Voce) Marc Okubo (Chitarra) Danny Hauser (Basso) Sam Applebaum (Batteria)
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RECENSIONI |
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