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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Veil of Maya - All Things Set Aside
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28/05/2016
( 1958 letture )
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Il velo di Maya ricopre la realtà e ci impedisce di coglierne l'effettivo aspetto, il nucleo di verità celato nei fenomeni a noi accessibili. Accostare filosofia e band deathcore può essere azzardato e pretestuoso, ma questo gruppo saprà dimostrarsi all'altezza. Negli ultimi dischi, infatti, gli americani trattano concetti esistenziali e introspettivi degni del pensiero occidentale ed orientale che conosciamo. Ma questo disco non ha niente di alto, nossignore. Questo disco è una continua mazzata sui denti, breve ma intenso come un caffè ristretto dopo un energy drink ghiacciato. A dir la verità, qualche elemento di alta caratura lo ha e risiede nelle strutture spesso complesse dei suoi riff granitici.
La copertina inquietante e macabra ci rende subito partecipi del clima asfissiante e tetro delle canzoni che sentiremo, gettandoci nel mood di inadeguatezza e repulsione tipico dei generi affini al death. Ma dimenticatevi per un attimo le soluzioni chitarristiche pesanti quanto ridondanti e poco articolate del death old school e settatevi su suoni particolari e spezzati, a cavallo tra il core ed il prog più schizzato che ci sia. Prendiamo l'inizio della traccia Your World of Lies e consideriamo con un pizzico di piacevole stupore la sua struttura allucinogena. Sembra proprio che il genere in questione sia il tanto discusso ed acclamato djent, che va tanto di moda tra le fila più alternative dei giovani metallari moderni. Gli strumenti seguono quindi ritmi e tempi disparati che non lasciano tregua ai nostri timpani sotto sforzo, mentre il growl si accompagna con cattiveria alle melodie aggressive. Non mancano i breakdown, simbolo totemico della matrice deathcore a cui il gruppo non rinuncia mai. In tal senso, Infinite Bloodlust presenta ripetute accelerazioni e decelerazioni che ci spiazzano, con una batteria spettacolarmente varia e armonie di chitarra sempre diverse e coinvolgenti. Si passa da sezioni più ritmate ad altre senza una logica apparente, nel senso più positivo possibile. Alcuni riff a metà canzone sono tremendamente veloci e succosi, restano impressi come piccole martellate alla nuca. Se dobbiamo trovare una pecca, la linea vocale rimane prevalentemente la stessa in tutti i brani e le strofe si assomigliano troppo, lasciando che chi ascolta vaghi con più attenzione tra le trovate strumentistiche piuttosto che restare incollato al comparto vocale. Ma c'è qualcosa che finora è stato volontariamente omesso. Qualcosa che potrebbe allontanarvi per sempre dal gruppo in questione. Omicidi da parte di qualche suo membro? Satana coinvolto nei testi? Complotti orditi ai loro danni dai true metaller? Niente di tutto ciò, peggio. La traccia finale, è molto insolita. Si tratta addirittura di un brano rap. Prendete l'hip hop vecchia scuola di stampo americano, aggiungete una base arricchita da sporadici interventi chitarristici piuttosto piatti e banali ed eccovi la traccia finale più sorprendente che mi sia mai capitato di trovare in un genere come questo, votato alla brutalità e alle voci gutturali del singer. Alcune delle tracce, tra cui Entry Level Exit Wounds, saranno riprese nel disco successivo e rimaneggiate di modo che suonassero più pulite e compatte. Questa scelta rende più digeribile il sound molto grezzo dell'esordio, che qualche volta penalizza l'ascolto di chi è attento ai minimi particolari.
In definitiva, questo lavoro è molto buono e segna l'inizio di un gruppo in costante crescita da qui in avanti, anche se molti non ne apprezzano i risvolti più recenti dediti a clean vocal e ritornelli un po' mielosi. In ogni caso, dev'essere riconosciuta una grande dose di inventiva e di voglia di sorprendere, una spinta sull'acceleratore rispetto agli stilemi classici del deathcore, il che è tutto dire. Anche se le tematiche risultano troppo incentrate su violenza e disgusto, ci sono sguardi cinici e senza compromessi sulla società che fanno riflettere sul male insito nelle persone e che solamente un genere diretto e letale come questo può trasmettere appieno. Il sound proto-djent tiene vivo l'interesse verso questo lavoro anche dopo ripetuti ascolti e, in definitiva, rende il disco apprezzabile anche dai palati più esigenti.
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Una delle poche realtà Deathcore degne di note, poi diciamocelo chiaramente di Deathcore i VoM hanno ben poco, comunque sempre piaciuta la loro schizzofrenica inventiva e l'ottimo gusto per la melodia, anche se come detto nell'ultimo disco si sono lasciato forse troppo andare, ma senza mai cadere nel banale. Ottima la recensione e disco d'esordio assolutamente non male, voto 75. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. The Uprising 2. Entry Level Exit Wounds 3. Your World of Lies 4. Mark My Words 5. All Things Set Aside 6. Indefinite Bloodlust 7. Sever the Voices 8. Black Funeral March 9. The Session
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Line Up
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Adam Clemans (Voce) Mark Okubo (Chitarra) Kris Hilger (Basso) Sam Applebaum (Batteria)
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RECENSIONI |
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