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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Necrophagia - Holocausto de la Morte
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21/04/2018
( 2300 letture )
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Questo scritto è almeno simbolicamente dedicato a Frank Killjoy, prematuramente scomparso poche settimane fa.
I meriti dei Necrophagia nella musica estrema sono tanti, ma celebrati poco e molto silenziosamente: sebbene spesso citati come influenza principale da gruppi ben noti nel panorama death metal e limitrofo per il loro innegabile ruolo di pionieri del genere, sono spesso ingiustamente dimenticati quando si tratta di elencare i "padri" del genere, e nemmeno il massiccio revival old school è riuscito a dare loro una più meritata visibilità. Non ne farò una questione di date, ma effettivamente si può davvero dire che questa sia stata la prima band death metal di sempre, o almeno la prima ad arrivare ad un approccio musicale così estremo senza soltanto passare per un’estremizzazione del thrash. Nei primissimi Necrophagia l’impronta hardcore, l’influenza massiccia di Hellhammer e Celtic Frost e l’ossessione per l’orrore e l’estetica annessa diedero una indubbia caratterizzazione a quello che da lì a pochi anni sarebbe stato considerato un sottogenere vero e proprio, con (più o meno) precisi connotati stilistici.
Quello di cui però voglio parlare non è uno dei primi lavori della band, bensì il primo dopo la reunion di fine anni Novanta che seguì un decennio di inattività del gruppo (dal 1987), forse da riconoscersi come uno dei motivi del limitato riconoscimento dei Necrophagia. Ritengo infatti che Holocausto de la Morte sia da individuare come il capolavoro del gruppo in termini di definizione di un sound personale ed immediatamente riconoscibile: c’è ogni elemento che caratterizzava la band nella propria prima incarnazione, e anche un insight su quello che la band sarebbe diventata negli anni successivi, ed è reso ancor più unico dalla massiccia dose di sludge/hardcore, reminiscente della scena di New Orleans, insito nello stile chitarristico dell’axeman Anton Crowley, che altri non è che Phil Anselmo (Pantera, Down, se servisse specificare) che compare - quasi sbalorditivamente - in questa seconda incarnazione del gruppo.
Lo stile di questo album è veramente claustrofobico, oscuro, soffocante, forte di un’alchimia davvero rara tra ciascuna delle parti che ne definiscono carattere e identità: riff, linee vocali, percussioni e arrangiamenti, atmosfere e incisività. Chitarristicamente parlando, non si può nemmeno dire che Holocausto de la Morte si allinei al 100% al death metal, ma si spinge oltre mescolando in parti uguali Autopsy, doom e hardcore con melodie chitarristiche che accoppiate al registro vocale molto acuto e acido di Killjoy fanno quasi pensare ai primi gruppi dell’era demo-tape del black metal europeo (l’opener Blood Freak è un esempio lampante). La voce stessa rende l’album impagabile: pur risultando così spontanea non posso che pensare che siano riusciti a trovare la take perfetta per ciascuna delle linee vocali, che per lo più sembrano confabulazioni compulsive di un uomo posseduto. La band non teme di spingere sull’acceleratore, ma è il più delle volte assestata su sezioni mid-tempo morbose, spesso e volentieri ossessive ma assolutamente mai tediose. C’è molto punk nell’approccio batteristico, e ancora una volta una forte scuola Celtic Frost, assieme a tutta la scena black/speed dei primi anni ’80.
Aggiungo pure che nessuno ha mai usato sample horror (cinematografici, rumoristici o sezioni recitate/spoken words che siano) tanto bene quanto su questo album, in cui spesso giocano un ruolo fondamentale nel definire strofe e atmosfera, con risultati da far raggelare il sangue - tutt’altro rispetto al puntuale minuto di noia a inizio pezzo di chi ha pedissequamente plagiato gli Impetigo. Qua ogni scelta risulta funzionale al disco, ed è per questo che ritengo Holocausto de la Morte il capolavoro dei Necrophagia: la scelta dei suoni e della produzione suggella infine perfettamente il desiderio di creare qualcosa di veramente malsano, tormentato. La voce è portata in primo piano, in un ruolo di protagonismo quasi recitativo, mentre le chitarre hanno un suono acido e molto "fuzzy" che lascia spazio al basso, il quale scava la sua nicchia nelle medio-basse rendendo questo disco corposo e intenso senza che gli sia levata quella patina lo-fi che lo rende così affascinante - come una pellicola horror d’annata.
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2
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Gran disco. Uno dei migliori dei Necrophagia. |
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1
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Ottimo prodotto dei Necrophagia , con un buon apporto di Mr Anselmo. Non si inventa nulla, ma si picchia bene! Voto 83 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Blood Freak 2. Embalmed Yet I Breath 3. The Cross Burns Black 4. Deep Inside, I Plant the Devil’s Seed 5. Burning Moon Sickness 6. Cadaverous Screams of My Deceased Lover 7. Children of the Vortex 8. Hymns of Divine Genocide
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Line Up
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Frank Killjoy Pucci (Voce) Phil Anselmo (Chitarra) Dustin Havnen (Basso) Wayne Fabra (Batteria)
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