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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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09/09/2018
( 2767 letture )
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Li avevamo lasciati due anni orsono con l’uscita del loro settimo studio album, il buonissimo Generation Doom, e li ritroviamo oggi con una formazione pressoché inalterata (fatta eccezione per il bassista Andrew Barnes) in occasione della pubblicazione di Kult 45, nuovo capitolo per un gruppo che, a dispetto di quanto rivelato qualche anno fa, sembra essere tutt’altro che nella sua fase conclusiva. Loro sono gli Otep, capitanati come sempre dalla luce guida della trentasettenne Otep Shamaya, la cui carriera potrebbe essere giunta a un nuovo inizio proprio grazie a queste due recenti pubblicazioni, che sembrano vivere di nuova linfa vitale rispetto a qualche episodio invece non all’altezza delle aspettative negli anni precedenti, vedasi in particolar modo il poco riuscito Hydra. Kult 45 si differenzia dai precedenti lavori per uno stile molto più aggressivo e per tematiche ancora più dirette e ficcanti, che non lasciano tanto spazio all’immaginazione. L’ispirazione per queste canzoni, come spiegato dalla stessa Shamaya, deriva dalle vicende politiche e d’attualità degli ultimi anni, specialmente a partire dall’insediamento di Trump alla Casa Bianca con tutte le conseguenze negative che ciò ha generato. Riportando in auge ideologie conservatrici e relegando a un gradino sempre più basso le minoranze presenti in America (minoranze etniche, ma lo stesso discorso vale ad esempio per i movimenti LGBT, di cui la Shamaya fa parte), il Presidente USA ha contribuito in prima persona a far tornare indietro di diversi anni il Paese. Altro argomento scottante è la violenza causata dalle armi da fuoco, in special modo se si pensa alle stragi negli istituti scolastici, tematica affrontata nel brano Shelter in Place. Dal punto di vista strettamente musicale, come detto, Kult 45 è un album estremamente aggressivo e punta tutto sulla flessibilità vocale della frontwoman statunitense e su ritmiche a metà tra nu metal e rapcore, con un’unica breve concessione melodica rappresentata dal brano Be Brave.
Introdotto dai ventinove secondi di Hail to the Thief, Kult 45 parte subito deciso con Halt Right e il suo monito “Hate won’t make America great again!”. Il pezzo mette in risalto il guitar working di Ari Mihalopoulos, energico e pesante nella sua semplicità, tanto quanto nel brano successivo, Molotov, che continua a puntare sulle tematiche relative all’odio, ma scendendo più nello specifico contro il propagarsi di nuove forme di razzismo e filo-nazismo. Said the Snake prosegue sullo stesso piano a livello musicale, esasperando al massimo l’essenza heavy degli Otep, con un lavoro magistrale da parte della sezione ritmica, costituita dal batterista Justin Kier e dal bassista Andrew Barnes. Il messaggio promulgato dalla Shamaya diventa sempre più diretto con Undefeated, una provocazione più che una canzone vera e propria, una sfida rivolta ai “potenti”, che mai riusciranno ad abbatterla e tantomeno a sconfiggere i suoi ideali, perché lei è pronta a tutto. Un argomento caldo e purtroppo sempre attuale come la violenza sulle donne, con tanto di citazione al movimento “#MeToo”, è invece al centro di Trigger Warning, canzone che evidenzia le grandiose doti interpretative di Otep Shamaya, qui voce guida di tutte le donne del mondo (“We are the many, they are the few”) tramite il racconto di un episodio di violenza ben specifico -anche se presumibilmente inventato di sana pianta- con la protagonista che si ribella al suo aguzzino in maniera definitiva e senza pensarci due volte. Il concept del disco si sposta poi sul piano religioso con Cross Contamination, canzone un po’ sottotono per gli standard cui ci hanno abituato gli Otep, ma con la successiva Shelter in Place si torna subito a fare sul serio. Quest’ultima tratta, come detto in precedenza, del grosso problema delle armi da fuoco che caratterizza l’America, prendendo in esame soprattutto le stragi che avvengono nelle scuole. L’invettiva contro la NRA (organizzazione che agisce in favore dei detentori di armi da fuoco all’interno degli Stati Uniti) è messa nero su bianco e così pure il monito a porre fine a tutte quelle morti di giovani innocenti. L’ispirazione è arrivata da una vicenda avvenuta solo pochi mesi prima della pubblicazione di Kult 45, il 14 febbraio 2018 alla Marjory Stoneman Douglas High School di Parkland, in Florida, dove un ex studente della stessa scuola uccise a sangue freddo diciassette persone tra studenti e personale scolastico. I sopravvissuti a quella strage organizzarono in seguito una manifestazione (March for Our Lives) in quel di Washington, alla quale parteciparono circa 500.000 persone. Nell’album sono presenti pezzi meno riusciti e interessanti; è il caso, oltre che della già citata Cross Contamination, anche di brani come Boss o come l’intermezzo Sirens Calling. Ma fortunatamente le sorti dell’album vengono ampiamente risollevate con pezzi di tutt’altra fattura: To the Gallows, primo singolo uscito nel mese di maggio, Invisible People, ma soprattutto i due brani conclusivi, ovvero la toccante ed emotivamente intensa ballad Be Brave e la cover dei Rage Against the Machine Wake Up, degna conclusione di un album con più alti che bassi. Nella versione CD di Kult 45 sono incluse due bonus tracks: Feral Oracle e Tribe Speaks. Quest’ultima è significativa, perché si tratta di messaggi lasciati nella segreteria telefonica della band dai fans che ringraziano gli Otep per aver dato loro l’ispirazione e aver cambiato le loro vite, talvolta addirittura per averli salvati da tentativi di suicidio tramite la loro musica.
Prodotto dalla stessa Otep Shamaya in collaborazione col chitarrista Aristotle Mihalopoulos e registrato ai The Lair Studio di Los Angeles, il ritorno sulla scena degli Otep non può che considerarsi positivo ed evidenziare uno stato di forma che forse in pochi oggi si sarebbero aspettati. Kult 45 è un album figlio del suo tempo, che racconta l’attualità in modo verace, crudo e lo fa tramite la voce di una Otep Shamaya mai così desiderosa di farsi ascoltare e portare a compimento il suo messaggio, il suo grido di vendetta. Un grido che noi tutti dovremmo ascoltare e comprendere a fondo, al di là dei nostri gusti musicali o delle inutili rimostranze che potremmo nutrire nei confronti di questa formazione. Un disco che è quindi anche ottimo spunto di riflessione e che proprio per questo motivo andrebbe perlomeno approcciato anche da chi agli Otep, per un motivo o per l’altro, non si è mai avvicinato.
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@No Fun: Sinceramente riuscire a creare all'esordio un disco che attingeva dai migliori Korn e Slipknot, e riuscire a metterci comunque canoni propri e definiti e una voce femminile da paura...beh...mi chiedo davvero cosa ci sia di brutto in tutto ciò  |
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@No Fun: no, no, io ho cannato, lo ammetto! In realtà con gli Slipknot mi fermo ad Iowa, il primo lo reputo un gioiellino di malattia, ma quando è venuto meno questo elemento negli anni, è venuto meno pure il mio interesse per loro. Se oggi ascolto metal, però, è ANCHE per merito loro, insieme ai soliti sette/otto. Poi ho smesso pure con questi, ma questa è un'altra storia... Insomma, basta farsi due conti per capire quando avevo tredici anni e capirai che erano gli anni in cui i Maggots spopolavano...però crescendo loro li ho mollati definitivamente (non so neanche come suonino gli ultimi due, per dirti), mentre gli Otep vuoi per gusti, vuoi per sonorità me li sono sempre tenuti stretti almeno fino ad Atavist e ho un buon ricordo anche di Generation Doom, seppur nettamente inferiore a Sevas Tra/House of Secrets. Manson oggi mi fa tanta tenerezza, dentro e fuori dal palco, ma fino a Holy Wood devo dire che il suo giochino depravato gli riusciva bene, mi è difficile criticarlo in quella parte di carriera. Tra l'altro l'ho approfondito anche "abbastanza" recentemente, tipo intorno ai 20 anni, anche se parliamo di un personaggio lontano anni luce dai miei gusti musicali. Degli Otep potresti ascoltare "Blood Pigs", "Privilege", "Battle Ready", giusto per farti un'idea. |
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Mi sembra di essere in un mondo al contrario, @Giax che vede un gorilla sulla copertina e @Gal che dice che non si guarda, O_o a me la cover piace anche se la tipa dà il meglio di sé sul retro dove slinguazza una pistola, ma dire "che bravi che erano, mi parevano Manson e gli Slipknot" è come dire "ma che bella bambina mi ricorda vagamente la figlia di Fantozzi". Cmq il primo non l'ho sentito, provvederò, massimo rispetto ragazzi da voi c'è solo da imparare però a volte siete strani eh  |
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@Kappa: d'accordissimo. E nel live del 2009 (ora mi sfugge il nome), dove sfoggiano una prestazione maiuscola, Otep negli scream ricorda pure vagamente il miglior Manson. Che dici? |
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Vero. Anche vero che la copertina qua nun se pò guardà.. |
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@Galilee: hai ragionissima, "Sevas Tra" lo presi proprio nel 2002 e ancora quando lo ascolto godo come pochi, una sorta di ibrido Korn/Slipknot se mi passi il termine, ma con personalità. Rabbia pura.
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Nella foto promo*, scusate 😉 |
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@Galilee: te l'appoggio. Ha una sequenza di inni da capogiro. Appena ho un momento ascolterò anche questo. Peccato per il gorilla in copertina... |
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Non li conoscevo, li ho ascoltati e non mi dispiacciono affatto. |
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Ascoltati il debutto. Spacca come non ci fosse un domani. |
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Non li conoscevo ed è il primo disco che ascolto, niente di nuovo ma tutto sommato un discreto disco di rap metal tipo RATM con un'ottima prova vocale. |
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La prima parte della recensione l'ha scritta Obama? |
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Piuttosto scarso, il precedente li aveva un po' risollevati, ma questo davvero è uno scopiazzamento ai RATM, che già di loro non mi facevano impazzire. E poi, scusate la sincerità, ma continuare ad urlare proclami non serve a un cazzo, si fa solo la figura dei vecchi rincoglioniti, pur con tutte le buone ragioni. Le ideologie da una parte, la musica dall'altra, oppure il tutto fatto con intelligenza e discrezione. |
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3
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Mah, musica, testi e anche stile della band (il chitarrista culturista mascherato) non mi piacciono proprio. L'unica cosa buona è Otep stessa, come dice Flight 666 ci sono spunti di riflessione, io mi sono soffermato a riflettere sulla copertina. No, scherzi a parte, davvero lei mi piace come canta, come si presenta, ha un'ottima attitudine. Però il resto non mi piace, anzi, è irritante. Poi questo mettere in musica tutte le giuste cause possibili immaginabili, dai posso capire una causa, al di là se è giusta o meno, ne parli e la approfondisci in un album ma così è un miscuglio, l'effetto Jovanotti di " Io penso positivo ". È lo stesso motivo per cui dal secondo album mi sono scesi i RATM che però musicalmente non c'è confronto ma neanche col cannocchiale. |
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2
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Per me più che Otep dovrebbero chiamarsi al contrario; esprime quello che veramente sono!
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Ascoltato fino alla nausea. A mio parere il cd è inferiore al suo predecessore. Non orribile ma con delle canzoni sottotono.
Voto: 65 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Hail to the Thief 2. Halt Right 3. Molotov 4. Said the Snake 5. Undefeated 6. Trigger Warning 7. Cross Contamination 8. Shelter in Place 9. Boss 10. To the Gallows 11. Sirens Calling 12. Invisible People 13. Be Brave 14. Wake Up
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Line Up
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Otep Shamaya (Voce) Ari Mihalopoulos (Chitarre) Andrew Barnes (Basso) Justin Kier (Batteria)
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