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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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Antimatter - Planetary Confinement
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29/06/2019
( 2012 letture )
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“The saddest album of the year”
Questa era la dicitura che, nell’ormai lontano 2005, campeggiava sul bollino promozionale sovrastante l’artwork del terzo lavoro firmato Antimatter. E lo sfondo lattiginoso in sfumature di grigio, attraversato da filari di filo spinato, sembra non tradire certo le aspettative. Ultimo disco avvalentesi della partecipazione di Duncan Patterson, il lavoro è idealmente diviso in due sezioni, curate da ciascuno dei membri del duo e registrate in due studi e nazioni differenti: se la sezione ad opera di Moss sgorga dalla terra di Albione, quella di Duncan viene realizzata in Irlanda, con la collaborazione della vocalist Amélie Fiesta ed il prezioso ausilio di Stephen Huges. Ciò non mina tuttavia l’omogeneità della produzione: le composizioni ad opera dell’uno e dell’altro sono alternate, senza soluzione di continuità. Tali presupposti inaugurano uno sfumare della proposta, sinora sospesa tra elettronica e goth in un lirismo etereo genuinamente unplugged. A dischiudere la via Dolorosa che ci accingiamo a percorrere, è lo struggente fraseggio pianistico che dà corpo alla breve titletrack, immediatamente seguita da The Weight of the World, il cui testo drammatico, enfatizzato dal cantato sofferto di Moss, è esaltato dalle lievi linee di chitarra acustiche dominanti la partitura:
”I'm drowning in a thousand faces Alien expressions over and over again I'm trying to scream, but I can't exhale The world seems to spin as I'm left on this square With no will to hold on Am I the only one crushed by the weight of the world?
Segue Line of Fire, in cui un arpeggio melanconico fa da sfondo alla prova vocale della Fiesta, capace di sfoggiare un tono delicato e sensuale, quasi una goccia di speranza nell’oceano di malinconia in cui i nostri navigano a vista. Corrivi lineamenti di tastiere ed accenni di percussioni arricchiscono di diafani arabeschi. Ad increspare il tessuto di Epitaph sono invece gli archi, ad incorniciare quello che sembrerebbe essere un testamento ed una memoria, alla stregua delle lapidi di Spoon River, descritte da Edgar Lee Masters: “Paint me a room where I can dream Dream of a world that I used to see Paint me a window, soft and defined And flood yellow light Through the open blinds It's somewhere, hidden from view A portrait, an epitaph...”
Mr White, brano più orecchiabile del lotto, combina efficacemente il mood darkeggiante del lavoro con accenni di melodiosità quasi radiofonica, facendo da vera e propria cesura rispetto alla seconda metà della tracklist. In essa troviamo episodi che esulano sensibilmente dall’approccio adoperato precedentemente: il mood si fa meno teso e maggiormente aperto a tonalità emotive positive, dalla verve quasi autunnale; e se in Relapse ciò è dovuto ancora una volta alla presenza di Amélie Fiesta, Eternity, Pt. 24 -brano più esteso del lavoro- beneficia di una lunga sezione affidata alle tastiere e ad un brevissimo spoken word.
Difficile dire di più di un disco che vive soprattutto di sensazioni e beneficia di un attento ascolto individuale, al silenzio di un quieto pomeriggio estivo. Sebbene a primo impatto le tracce possano sembrare riproporre la medesima struttura quasi circolarmente, è sufficiente lasciar decantare le composizioni per apprezzarne il sotteso prezioso lavoro di cesello e le molteplici sfumature qui racchiuse. Il tutto si accompagna ad una produzione cristallina e netta, in grado di far risaltare appieno tutte le componenti del sound dei nostri. Patterson non poteva, in ultima analisi, accomiatarsi in maniera migliore dai suoi fan, regalando loro uno dei più valevoli full-length degli Antimatter, nonché un unicum nella loro carriera. Da avere.
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9
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Ragazzi,urgono le recensioni di Lights out e Leaving eden,per favore,qualcuno si prenda la briga,nella loro discografia non sono esattamente album secondari. |
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8
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the weight of the world mi fa letteralmente piangere. Stupenda. |
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7
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grazie mille per la recensione, avrei speso due parole su legions, invece non sapevo che le composizioni fossero alternate, anche se in realtà risulta piuttosto intuibile, personalmente preferisco tutte quelle di moss, mentre tra quelle di patterson su tutte eternity part 24 (sul sito ufficiale è segnata come eternity part 23, una svista? su cd c'è comunque scritto 24). mi piacerebbe un giorno poter leggere anche la recensione di leaving eden! |
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6
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Mr. White è una cover dei Trouble comunque! |
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5
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Disco MOLTO bello anche se strano. Si sente che è diviso a metà tra una parte scritta e realizzata da Mick Moss e l'altra da Duncan Patterson, con i brani di Moss che si muovono verso un cantautorato acustico molto soft e la parte di Patterson che invece viaggia su lidi più "sperimentali". Entrambe però pervase da un aurea malinconica e oscura. A mio avviso i brani di Mick Moss sono molto più convincenti, mentre Pattersone tende un pochino a girarsi verso lidi già battuti in precedenza. |
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4
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Lights out il loro capolavoro... Bello anche questo cmq... |
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3
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Compagno di infiniti pomeriggi. Uno di quei tanti dischi che ora faticherebbero solo ad essere realizzati.. |
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2
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Le canzoni con cantato maschile sono dei veri capolavori. Però si alternano con i pezzi con voce femminile che secondo me abbassano il livello. |
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1
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Gruppo dalla qualità media elevatissima. E il "gruppo" anche in questo cd mostra tutta la sua classe. Malinconici e riflessivi, ma mai depressivi. E non è poco. 83 |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Planetary Confinement 2. The Weight of the World 3. Line of Fire 4. Epitaph 5. Mr. White 6. A Portrait of the Young Man As an Artist 7. Relapse 8. Legions 9. Eternity Part 24
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Line Up
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Mick Moss (Voce, Chitarra) Duncan Patterson (Chitarra, Basso, Batteria, Tastiera, Piano)
Musicisti Ospiti: Amélie Fiesta (Voce) Barry White (Chitarra) Stephen Hughes (Basso) Micheàl o Croinìn (Batteria) Chris Phillips (Batteria) Rachel Brewster (Violino) Mehdi Messouci (Tastiera) Alex Mazarguil (Djembe)
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