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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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07/09/2020
( 2857 letture )
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Chi segue Ihsahn, storico leader degli Emperor ed impegnato da anni come solista, sa che questo poliedrico artista può tirar fuori non solo un coniglio dal cilindro, ma un intero zoo: nel corso della sua proficua carriera, Vegard Sverre Tveitan da Notodden, Telemark, Norvegia ha infatti sempre cercato di evolversi, senza mai replicare il lavoro precedente, producendo pertanto album con molta carne al fuoco. Nel febbraio di questo 2020, il nostro ha parzialmente sorpreso -ma anche parzialmente accontentato!- i suoi fan, producendo un EP, intitolato Telemark, dove abbandonava la raffinatezza stilistica dei suoi album solisti per tornare alle proprie grezze ed oscure radici black metal; ora, pochi mesi dopo, Ihsahn torna alla carica con un altro EP e, fedele alla sua voglia di spiazzare, non solo si lascia di nuovo alle spalle il black metal, ma dà alle stampe quello che è probabilmente il lavoro più “pop” della sua carriera.
La frase è volutamente forte e provocatoria, ma approcciarsi a Pharos, seconda parte di questa “fase EP” dell'artista scandinavo, può essere particolarmente spiazzante se non ci si predispone a farlo. Una volta assodato che, banalmente, il nostro fa e farà sempre ciò che gli passa per la testa, l'ascolto di Pharos può regalare anche momenti estremamente piacevoli: Losing Altitude, primo dei tre inediti presenti, parte come detto in modo soft, con la chitarra presto raggiunta dalla voce del musicista norvegese, raramente dolce come su questo pezzo: non sarà Ye Entranceperium, ma la qualità di questo brano, che si trasforma andando avanti, acquisendo forza ed eleganza e nutrendosi anche di orchestrazioni, è elevatissima. Spectre at the Feast, per la quale è stato rilasciato anche un video, è ancora più ariosa e dal gusto retrò: volendo esagerare, potrebbe persino essere usata come tema di apertura di un film di James Bond! Il ritornello, infatti, che arriva al termine di strofe caratterizzate, nuovamente, da abbondante uso di tastiere, si stampa in testa (incredibile da dire per un musicista cresciuto a pane e black!) per non andarsene più. Il terzo inedito è costituito dalla title-track ed è, forse, il pezzo meno brillante dei tre, pur essendo comunque godibile: la seconda parte, in particolare, mostra l'ampiezza di vedute di Ihsahn che, anche se può portare a risultati non graditi da tutti, è innegabile. Come aveva fatto già su Telemark, anche su Pharos il nostro sceglie di chiudere le brevi danze dell'EP con due cover: la prima è Roads dei Portishead, storico gruppo trip hop inglese reso celebre, fra le altre cose, dalla particolare voce della cantante Beth Gibbons. L'artista di Notodden fa suo il brano, intervenendo con la chitarra laddove il pezzo originale presentava un sintetizzatore e facendo del suo meglio per ricalcare la voce della Gibbons: il risultato finale, ancorché spiazzante, è positivo ed è interessante che il nostro non abbia scelto di coverizzare pezzi metal, ma abbia anzi volutamente provato a cimentarsi con generi che non gli appartengono. La seconda cover, nella quale è ospite anche Einar Solberg, leader dei Leprous nonché cognato del nostro, è Manhattan Skyline degli a-ha, band synthpop norvegese che ha all'attivo oltre 100 milioni di dischi venduti (e che, curiosamente, scrisse proprio una traccia, The Living Daylights, per un film di James Bond, 007 – Zona Pericolo). Le sonorità ariose del pezzo originale sono manna dal cielo per il poliedrico musicista scandinavo, che ha vita abbastanza facile nell'adattare la canzone al suo stile, anche grazie alla splendida voce del cognato; ancora una volta, il risultato è dunque buono, per quanto non sfavillante.
Con Pharos, Ihsahn aggiunge un'altra tessera al suo splendido mosaico artistico: forse non piacerà a tutti, ma anche questo EP, che pure è diametralmente opposto a Telemark, mostra un artista di grande abilità, profondamente innamorato dell'aspetto artistico della musica e dotato di un'invidiabile ampiezza di vedute. In attesa del piatto forte, rappresentato dal prossimo album in studio, questo è insomma un antipasto più che dignitoso.
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7
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Confermo le ottime impressioni iniziali, mi è arrivato con la conseuta confezione minimal come da tradizione, musica ben concepita, per nulla banale pur nella voluta orecchiabilità mista ad atmosfere soft cariche di emozione. Scorre veloce, volutamente diverso dal ruvido e severo capolavoro precedente ma non meno interessante sotto il profilo artistico. Un 75 in linea con il recensore |
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6
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EP davvero ben fatto, melodico, emotivamente forte e molto d'atmosfera. 80 senza pensarci due volte |
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5
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Beh dai telemark di sostanza ne ha a quintalate, i pezzi black sono ai livelli dei capolavori del genere degli anni 90 e le cover di Kravitz e dei Maiden sono veramente riuscite. |
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4
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meglio di Telemark che presentava troppe ridondanze e poca sostanza, a mio parere. Un artista che ha una visione precisa di quello che vuole rappresentare può fare anche questo: andare oltre. Io lo sento davvero a suo agio con questi tempi così dilatati; per me potrebbe scrivere un intero disco così, fatto di atmosfera e continui chiaro/scuri. E spero che lo faccia. Trovo riuscite anche le interpretazioni di A-Ah e Portishead. Buon prodotto. Confermo il voto della recensione. |
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3
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Vegard Sverre Tveitan è un grande artista ed ha fatto dischi meravigliosi, ma questo mi ha fatto venire il latte alle ginocchia: una noia mortale. Basta dire che il pezzo migliore è la cover degli A-ha, il che è tutto dire.... |
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1
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La cover degli aha è splendida, attendo l'arrivo dell'EP prima di un giudizio ma l'idea di aver virato verso il pop dopo un Ep all'insegna del ritorno a certo Viking è una mossa geniale. Poco ma buono, è la ricetta di questo genio contemporaneo, uno che è black anche con una chitarra rosa sulle montagne norvegesi come nel video del brano sopracitato. |
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INFORMAZIONI |
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Candlelight Records / Spinefarm
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Tracklist
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1. Losing Altitude 2. Spectre at the Feast 3. Pharos 4. Roads 5. Manhattan Skyline
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Line Up
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Ihsahn (Voce, Chitarra, Tastiere, Basso)
Musicisti Ospiti Einar Solberg (Voce nella traccia 5) Tobias Orsen Andersen (Batteria)
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