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26/04/25
HEAVY LUNGS + LA CRISI + IRMA
BLOOM- MEZZAGO (MB)
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PROLOGO Lo scorpione osservava l’uomo fluttuando; brancolava nel vuoto in un saliscendi circoscritto e inzuppato di sostanze a lui sconosciute. Un tempo sarebbe scattato immediatamente all’attacco, ma ora poteva solo osservare dall’alto della sua giovinezza cristallizzata nell’infinito. Osservava un eremita, una persona estraniata dal suo tempo che portava sulla sua pelle tatuaggi di ricordi inaccessibili. La luce della candela si stava lentamente affievolendo e la situazione sembrava non turbare minimamente l’uomo, il quale continuava a scrivere senza accorgersi del carnefice che lo stava osservando. Era sulla quarantina, la barba incolta cercava di arginare inutilmente le gocce di sudore che scorrevano sulle guance e si infrangevano a terra spezzando il silenzio con boati agghiaccianti. Non si scomponeva, non si asciugava, continuava a scrivere senza che niente potesse turbare il suo viaggio. Scriveva ciò che di lui era rimasto, scriveva la sua ultima opera.
EREMITA Mi chiamo Vegard Sverre Tveitan ma la maggior parte della gente mi conosce come Ihsahn. Ero un musicista prima di ritirarmi assieme alla mia migliore amica: la solitudine. Suonavo in una band chiamata Emperor; facevamo black metal, per la precisione. Musica nera, estrema, in cui sfogavo tutto il marcio della mia esistenza con tematiche forti e devastanti. No, non è stata facile ma mi ritengo fortunato ad essere qui a raccontare; rimane poco tempo, pochissimo tempo. Mi è stato tolto tutto tranne il pensiero; mi sono state tolte le azioni, il quotidiano, l’essere in quasi ogni sua forma e sostanza. Sono appeso a un filo, ormai, e l’unica cosa che mi rimane da fare è il concludere la mia opera. Non ho gli strumenti, non ho più niente, solo carta e penna e la mia mente. Lascio a te che stai leggendo ciò che vorrei che un giorno venisse musicato a mio nome; lascio la mia eredità, il mio dono al mondo. L’amore delle persone protratto nel tempo è cosa che solo l’arte è in grado di ottenere; è cosa che solo una grande opera può suscitare a distanza di decenni. Il resto è solo polvere; granelli finissimi di ciò che era un’unità presto dispersa dal vento. Il ricordo è arte. Quest’opera parla di me, parla di un solitario, parla di un uomo estraniato da tutto il resto; si chiama Eremita.
Arrival: Vorrei che ci fossero con me parecchi vecchi amici; parecchie persone con cui ho condiviso il mio amore per la musica. Suonerei come al solito tutto io tranne che la batteria; continuerei quindi la collaborazione coi Leprous e affiderei la gestione di questo strumento al bravissimo Tobias Ornes Andersen . Ricordo con piacere il loro Bilateral in cui cantai umilmente in una canzone. Quel disco era ed è grande, fu un onore parteciparvi. Del mio arrivo ricordo una lunga strada oscura; sembrava infinita, sembrava un tappeto nero srotolato apposta per me. Un crocevia verso gli inferi da cui non ci sarebbe stato scampo. Vorrei che il viaggio iniziasse con un riff di chitarra ipnotico e dissonante; la batteria sostenuta e le mie scream vocals ad arricchire il tutto. Vorrei anche speranza, vorrei delle voci pulite, vorrei Einar dei Leprous a fare da eco ai miei screams e cercherei di inserirlo anche da solo. Sarebbe un valore aggiunto di grandissima qualità. Momenti arpeggiati su un tappeto di doppia cassa darebbero respiro al pezzo, e suonerei un assolo utilizzando il wah wah. Ci starebbe poi un‘apertura melodica con accordi e stacchi in cui Einar riprenderebbe il suo spazio raggiunto poi dalla batteria. Finirei il tutto in un tripudio di cori e con un accordo aperto per lasciare in sospeso il discorso, per far capire che ci sarebbe ancora molto altro da raccontare.
The Paranoid: La vergogna alimenta la rabbia. La vergogna alimenta la rabbia. Voglio che diventi il ritornello di questo pezzo; deve essere clean, deve essere alternato ad una fase delirante. Una sala piena di specchi, caratteristiche grottesche di un idolo dorato; fioche luci proiettate da un carbone ardente evocano una silhouette sulla finestra spalmata di fuliggine. La vergogna alimenta la rabbia; il cuore esplode come una stella sleale. Devo rappresentare la paranoia, il buio alienante, l’esplosione di cellule in seguito ad un overflow cerebrale; l'idolo dorato che si sta impossessando dei miei sogni e permea le notti come un cancro latente. L’assalto deve essere frontale, deve partire con un riff black metal e la batteria in blast beat sostenuta dagli screams. L’idolo ogni tanto fluttua, si ferma, mi osserva; vorrei catturare il momento di stasi con un piccolo passaggio acustico prima di rincominciare a delirare, a impazzire posseduto dalle mie visioni. Ora un ponte: batteria sostenuta assieme ad un arpeggio e apertura maligna con corde basse stoppate prima del ritornello. La vergogna alimenta la rabbia, e un urlo riporta alla strofa in screams su tempi cadenzati e marziali. Una piccola pausa su un accordo aperto, attacco in due quarti e blast beat prima di un tappeto di doppia cassa; il delirio deve crescere, la mente deve esplodere e raggiungere il parossismo. Deve raggiungere vette di intensità indicibili, deve trapassare la carne e lacerarla in un finale epico e marziale.
Introspection: Ricordo con piacere un amico, una persona in cui mi sono rivisto spesso nella vita che conducevo: Devin Townsend. Forse pecco di presunzione, ma posso affermare di essere io per il black metal ciò che lui è per altri generi. Vediamo ciò che facciamo a 360 gradi, contaminiamo tutto e non ci siamo mai fermati o abbassati ad uno stile preciso. La fossilizzazione è peggio della non cultura: una persona non istruita può sempre imparare; una di qualsiasi livello di istruzione ma con la mente involuta no. E’ importante, il succo di ciò che ho sempre pensato da quando la mia avventura con gli Emperor si è conclusa. Ho sempre cercato di riflettere tutto ciò nelle mie opere; non so se ho centrato l’obiettivo in pieno ma so che ci ho provato. Vorrei Devin quindi in questa canzone; l’unione in musica di squilibrati ha sempre dato i suoi frutti. Credo che questa non sarebbe un’eccezione. Quindi, cosa sono quelle tombe per me? I loro peccati non sono infetti, rivendico l’immunità dalle loro malattie per purgare la mia anima. Potrebbe iniziare tutto in maniera soffusa e arpeggiata, con Devin che canterebbe note lunghe e effettate prima della mia strofa in scream. Starei su un bpm relativamente basso e farei il successivo ritornello cantato dal mio amico in battere. Si alternerebbe con me e tornerebbe prepotente; mi piacerebbe questo alternarsi di momenti come un dialogo fra due vecchi conoscenti che tanto avrebbero da dirsi. Ci sarebbe spazio ora per un break arioso e melodico: spezzerebbe la canzone e manterrebbe la tensione dando comunque respiro ad un eventuale ascoltatore. Tornerei con un breve assolo per legare una piccola parte in screams e il ritorno di Devin col tema usato in precedenza. Ripeterei quindi in maniera più corta il break melodico e chiuderei con un crescendo in doppia cassa. Rivendico l’immunità dalle loro malattie per purgare la mia anima. La mia confessione.
The Eagle And The Snake: Penso che quest’opera sarebbe adeguatamente rappresentata da una fotografia di Nietzsche capovolta; il suo Zaratusthra era un eremita, alla fine, e credo possa rappresentare al meglio i concetti che vorrei esprimere. ConJeff Loomis ebbi qualche tempo fa uno scambio di posta elettronica: mi chiese di cantare in un suo disco e io ricambiai prontamente la domanda chiedendogli di suonare un assolo per me. Credo sia giunto il momento di ospitare questo talentuosissimo musicista dei Nevermore. L’aquila e il serpente sono due titani che si fronteggiano, due tra i predatori più potenti esistenti in natura e vorrei rappresentare il loro incontro/scontro in maniera progressiva, ancora una volta sottolineata da Jorgen Munkeby , il talentuosissimo sassofonista dei miei conterranei Shining con cui già lavorai su After . L’inizio del pezzo sarebbe tutto per lui accompagnato semplicemente da qualche stacco prima della mia voce a sostituirlo. Proseguirei quindi in maniera pulita e rilassante a livello vocale e darei sfoggio alla veste più progressiva della mia musica. Nessun manierismo, nessun clichè; questo deve essere un pezzo pieno di sfaccettature e ampiamente dilatato. Deve essere un momento emozionale e pregno di atmosfere per poi sfociare in un tappeto di doppia cassa e screams quando meno ce lo si aspetterebbe. Il ritorno al sax lo vorrei delirante; vorrei che quello strumento piangesse come un serpente strozzato dal becco di un’aquila. Vorrei che rappresentasse la sofferenza, la consapevolezza di una perdita imminente e irreparabile. La mia voce lo sottolineerebbe ulteriormente come un lamento, una richiesta di aiuto che mai arriverebbe; e un assolo furioso rafforzerebbe l’idea. Il tema principale poi dovrebbe procedere per oltre un minuto in sfumare; quell’aquila che vola col serpente in bocca la si dovrebbe vedere, osservare accompagnata dalle mie note nel suo dirigersi verso il nido. Verso un luogo sicuro. La porta si aprì lentamente e senza rumore; i cardini ben oliati favorirono l’entrata dell’uomo incappucciato. Uno spostamento d’aria impercettibile fece lievemente sussultare la fiamma della candela consumata ormai per metà. L’uomo avanzava verso la figura seduta e intenta a scrivere; la sua mano destra impugnava un coltello in parte nascosto dalla manica del saio. Aveva lo sguardo glaciale e fisso nel vuoto, sembrava essere stato creato per una missione e ben deciso a portarla a termine. L’uomo seduto non sentì niente, non si accorse di niente; navigava già in un mare oscuro quando la lama gli recise la giugulare. Navigava già in altri mondi quando la sua testa si accasciò sul tavolo in una pozza di sangue. Era crollato, si era addormentato senza più forze. Si risvegliò con la testa accasciata sul tavolo in un mare di sudore; l’aria della stanza era rarefatta e quasi irrespirabile. L’uomo rialzò il capo, riacquistò presto la sua malsana lucidità e riprese il lavoro dove l’aveva interrotto.
Catharsis: Purificazione. Ogni rituale necessita di una purificazione, un sacrificio di un capro espiatorio; un’offerta per lavare la contaminazione. Voglio un inizio malsano e arpeggiato col sassofono ad accompagnare il tutto, per drenare il sangue e bruciare le stampe di questa memoria paralizzata. La mia voce deve sembrare un lamento, un’entità contaminata in cerca di salvezza. Deve implorare aiuto. Un ritornello pulito servirebbe a rappresentare l’anima purificata, il tentativo di ritorno alla purezza presto interrotto da un assolo dissonante. La mia voce ora deve diventare demoniaca, come uno spirito maligno che se ne sta andando cacciato a calci da un corpo contaminato. Lo si deve vedere fluttuare impazzito e accompagnato dal ritorno alle voci pulite; momento finale in cui l’anima è svuotata e paralizzata. Come se quasi avesse solo ragione di vivere in sembianze demoniache e la vita purificata potesse sembrarle un’ulteriore tortura.
Something Out There: Si, là fuori c’è qualcosa, lo so. Qualcosa che permea i miei incubi, qualche strana entità che sta cerando di venirmi a prendere sfoggiando posti migliori in cui stare. Non mi fido, non voglio essere traghettato; voglio essere il Caronte di me stesso e decidere per me stesso. Pago il trasporto per gli inferi che mi sono sempre progettato con questa mia opera; altre offerte non sono valide. L’inizio del pezzo deve essere black metal: in blast beat e con tastiere invadenti e dissonanti ad accompagnarlo nella sua furia impazzita. Voce ovviamente in scream ma per poco; il clean deve interrompermi, chiamarmi con le sue offerte ammalianti ma sempre con la batteria in blast beat. Deve rimanere una parte di me che non vuole ascoltare. Una piccola parte strumentale quasi da colonna sonora deve atterrare in una pausa, per poi riprendere furiosamente come l’inizio in un parossismo di rabbia. Manterrei fin qui la struttura classica della canzone; il tira e molla deve essere ben marcato e coinvolgente come lo sto vivendo. Qualcosa..Qualcosa…Qualcosa…Queste parole devono essere un eco, devono andare in sfumando prima dell’inizio dell’assolo che deve essere iniziato col wah wah per poi accelerare in un continuo rincorrersi di note e pensieri. Il finale lo voglio dissonante e come un teatrino; in fin dei conti la vita non è altro che una grande opera teatrale.
Grief: Già..Il dolore. Il dolore è imprevedibile, è ciò che bussa alla tua porta quando meno lo aspetti e in generale durante un picco di felicità. Oppure la felicità è uno sbalzo in un elettroencefalogramma permeato dalla piattezza del dolore. Chi può dirlo? Il dolore può lacerare te per cose che molti altri considererebbero inutili e di poco conto; il dolore è soggettivo e non si può cercare di capirlo se non lo si è provato. Come Giano è bifronte: rappresenta l’entrata e l’uscita della conoscenza. “Chi accresce la propria conoscenza accresce il proprio dolore.” (Giobbe – 28,18) Potrei tranquillamente affermare che anche cambiando posto a conoscenza e dolore si otterrebbe un risultato veritiero. Uso le parole di Settimio Sereno per descrivere il dolore come lui descriveva Giano: “Principio degli dei e acuto seminatore di cose.” Non c’è quindi bisogno di musicarlo in maniera corale; basta una tastiera che suona note dissonanti e accompagna l’ascoltatore nel viaggio verso le proprie ferite o nel ricordo di esse.
The Grave: Siamo quasi alla fine del viaggio; un viaggio in cui ora vedo la mia tomba col sottofondo di un sax impazzito, un intercedere doom e le mie voci laceranti. L’inizio è alienante, straziante come una sepoltura osservata da corvi su un trespolo. Accordi dissonanti a cadenza regolare sono come badilate che scavano una fossa e si fermano a lavoro ultimato; rullate di batteria, arpeggi, il sassofono, cose apparentemente senza un filo logico accompagnano le corde che calano la bara nella terra verso la pace eterna. Un coro sale come una litania e un salmodiante rituale intonato da demoni che circondano la scena; la mia voce ritorna potente a ribadire che li sto osservando e che non permetterò loro di contaminare il mio riposo. Sale la doppia cassa su cui si sovrappone tutto mentre la terra ricopre ciò che ero.
Departure: Il viaggio qui finisce con una partenza, la mia. Non ho mai amato la parola fine perché sono convinto che tutto è ciclico, tutto in qualche maniera si ripete e in qualche altra ritorna. Inutile sfuggire quindi, da qualsiasi cosa; meglio affrontare tutto per chi ha la forza di farlo. Per chi come me è spossato rimane la partenza, una pausa quindi, non una fuga. Una parvenza di pace ogni tanto è necessaria prima di rituffarsi nell’oblio e nel maelstrom della propria anima. L’ultimo momento dell’opera lo voglio intricato, criptico e indecifrabile: sale dal nulla una batteria molto ritmata assieme al sassofono, deve creare atmosfera e rendere i nervi tesi. Cambierei poi registro e inserirei una sfuriata thrash per annichilire l’ascoltatore e proseguirei in battere la corsa assassina delle emozioni. All’apice della follia passerei di colpo ad un momento clean e tranquillo; voglio spiazzare e rendere la mia partenza memorabile. Presto, molto presto sarò altrove, ma prima dovrebbe rincominciare un altro delirio di distorsioni e ritmi schiacciasassi. Vorrei ancora un cambio radicale nel pezzo includendo l’ultimo ospite che trovo adatto: Heidi S. Tveitan . Mia moglie, con cui ho già suonato nei Peccatum e con cui ho condiviso la mia umile esistenza. Quale altra persona dovrebbe porgermi l’ultimo saluto? Darei quindi spazio solo a lei e alla sua bellissima voce con una tastiera non invadente; un piccolo crescendo porterebbe ad una strofa in clean vocals alternata a screams su un tappeto sincopato che concluderebbe più che degnamente il mio viaggio.
EPILOGO Lo scorpione osservava l’uomo fluttuando nella formaldeide; brancolava nel vasetto in un saliscendi circoscritto e inzuppato di sostanze a lui sconosciute. Era l’unico avere di quella persona, gli unici occhi che potevano osservarlo e giudicarlo dall’alto della loro morte dipinta nel tempo. La porta si aprì in maniera decisa, entrarono due infermieri e si diressero immediatamente verso l’uomo accasciato sul tavolo. Nell’ospedale psichiatrico era l’ora della terapia. Uno dei due addetti tastò il collo dell’uomo e notò osservando la sua bocca frammenti di qualcosa che sembrava una capsula: “Cianuro”, disse; “povero vecchio pazzo. Era convinto di essere un grande artista, era convinto di essere un eremita, era convinto di essere. Chiamiamo l’obitorio che è meglio, e mettiamo ordine in tutto questo ciarpame.” Gli inservienti uscirono sbattendo la porta, uno di loro urtò il vasetto che cadde e si sfracellò a terra in un boato di liquido e schegge. “Ma porca puttana!”, sbraitò il non autore del disastro, “poi pulisci tu,eh!” Quando il silenzio della stanza fu netto, lo scorpione si risvegliò e si mosse come posseduto da una nuova vita. Si diresse verso il cestino rovesciato, zampettò su un foglio chiamato Recollection e pensò che l’avrebbero letto in pochi. Ancora meno rispetto a quelli che avrebbero notato la risma sul tavolo.
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Cazzo il recensore e' davvero un professionista del settore, quanta passione; riguardo al disco per me e' il migliore che abbia fatto ihsahn da solista, anche gli altri sono notevoli ma questo ha qualcosa in più , anche se da buon amante del black preferisco gli emperor |
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rileggevo i commenti e ho notato che alcuni utenti schifano la voce ma godono la musica, un po' come negli anni 80 e 90 per king diamond e negli anni 70 e 80 per alice cooper. Siccome la storia si ripete, king diamond è un fan di alice cooper, ihsahn un fan di king diamond e per tutti e tre la voce o la ami o la odi. Ihsahn senza il suo scream unito alla voce pulita è unico e eccezionale proprio per questo, e la sua voce è la naturale continuità dei capolavori fatti con gli emperor (anthems su tutti) |
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Disco che fa paura per quanto é eccezionale,Ihsahn é un musicista a tutto tondo,la sua carriera da solista tocca la perfezione. Voto:9p pienissimo |
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Gran disco.Pochi possono vantare una classe compostitiva del genere |
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Fantastico, un bel 90 non glielo toglie nessuno. Complimenti anche al recensore, mi sono fatto accompagnare durante l'ascolto passo per passo ed ha aiutato (non avendo liriche davanti) a comprenderlo meglio. |
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@HeavyLollo: Ti ringrazio, stavo giusto pensando a come proseguire il concetto, presto la leggerai!  |
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bellissima recensione... perchè non ripetersi con l'ultimo di Ihsahn? Album ancora più alienato e alienante di questo... |
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La formaldeide è un liquido utilizzato principalmente per la conservazione dei cadaveri prima che vengano seppelliti. La Santanché ne va ghiotta! |
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Nonostante non abbia capito una mazza di cosa vuol dire quello che c'è scritto nel prologo e epilogo della recensione (cos'è la formaldeide?) quel 89 scritto in fondo mi ha invogliato ad ascoltare questo eremita. The eagle and the snake, departure e the grave sono le mie preferite ma tutto l'album è stupendo, certi passaggi sono da brividi. Questo è il prog che mi piace! Voto 95. |
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Voce fastidiosissima...dopo una manciata di secondi dall ascolto...l attenzione cade proprio su di essa...e c si domanda chi ce l abbia messa proprio li...musica alti livelli ma con un tasto riguardevolmente dolente |
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Voce fastidiosissima...dopo una manciata di secondi dall ascolto...l attenzione cade proprio su di essa...e c si domanda chi e labbia messa proprio li...musica alti livelli ma con un tasto riguardevolmente dolente |
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Oggi ho avuto la possibilità di ascoltare questo lavoro...Cosa dire se non FNATASTICO. Nuovamente artista da supportare in tutto e per tutto. Comunque penso che sia più "accessibile" di After. Tutto quello che esce da Eremita è pura magia musicale. |
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Buono, anche se manca un po' di tiro e mordente. Tre i brani che mi sono piaciuti davvero: Departure, The Paranoid e Introspection. Gradevole il resto ma senza particolari clamori...78/100 |
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grazie, davvero grazie per i complimenti! ma ripeto, i complimenti più che a me vanno fatti al fottuto genio di townsend... se non avesse tirato fuori il titolo di quella fottuta canzone non avrei mai potuto inventarlo... ah ah ah!  |
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voto 99 per il nickname tempesta di merda!geniale! |
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Se ci fosse anche garm alle voci......sai che disco!!  |
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per me quel fottuto pazzo genialoide di townsend raramente sbaglia un colpo... le sue composizioni sono sempre all'altezza! per non parlare dei dischi di cui è stato ospite o che ha prodotto... è uno che ci sa fare. |
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Che poi shitstorm è anche un gran pezzo! Tra i migliori dei Syl! |
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eh eh, il nick name del secolo! auguro una tempesta di merda a tutti quelli che non apprezzano sto disco! così imparate!  |
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post 16 ahahahahahah mi fai morire con quel nick.. ih ih ih  |
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@Waste: e quello lo chiami parere? Ma dai!  |
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negativo,sarebbe stato un "waste of time"! |
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Ascoltato attentamente due volte: mi aspettavo mooooolto di piu' dopo l'ottimo after!!! |
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@castigamatti: se esprimi un parere vuol dire che l'hai ascoltato, ergo sei sfigato anche tu. |
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UN GENIO... uno tra i più grandi musicisti contemporanei... ahhh ovviamente... Album FANTASTICO...!!!! |
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beh mi sembra logico che questo sia un bel disco... leggete chi canta come ospite nella traccia n. 3... |
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recensione a dir poco superba..il disco invece lascia un pò l'amaro in bocca..la sensazione, dopo aver apprezzato after, è di prevedibilità..durante l'ascolto raramente si prova quel senso di stupore e meraviglia che il precedente lavoro è in grado di trasmettere ad ogni nota..sono giorni che è nel mio lettore, ma non riesce a prendermi.. tecnicamente ineccepibile, Ihsahn è un maestro..non rilascio il voto, se non avessi ascoltato after, sarebbe da 95.. |
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Penso di non aver letto mai recensione più bella...seriamente cuore e anima! Sempre e comunque supporto totale al Musicista hsahn |
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Tanta roba... I miei più sentiti complimenti ad Ihsahn per aver sfornato un lavoro del genere. Inchino e applausi a scena aperta. |
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ascoltato ancora troppo poco...ma devo dire che è un album davvero notevole, che solo una mente come quella di questo grande musicista poteva partorire!..Se penso a Wrath of the tyrant e a dove è arrivato adesso è assurdo..!Anche se comunque l'ago della bilancia per me pende sempre dalla parte degli Emperor almeno fino ad Anthems..! Grande Ihshan |
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Continua a non piacermi, troppa roba e poco feeling. Niente il mio rapporto con quest'artista s'interrompe di netto con "Anthems To The Welkin At Dust". |
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10
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Fra le migliori uscite del 2012. |
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...una sola parola: FAVOLOSO!!! |
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buon disco, secondo me manca un po' di tiro però. |
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Disco davvero notevole...Pesante come un macigno, ma colmo di musica con la M maiuscola...Questa è arte. |
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era una mia critica personale perchè questo stile dopo un po' mi viene a noia, ma l'album è bellissimo infatti ho scritto "ancora più bello" |
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Lo sto ancora metabolizzando ma la prima impressione e' molto positiva. Del resto Ihsahn ci ha gia' abituati a dischi di alto livello. |
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Ottimo disco, sentito per intero ancora due o tre settimane fa. Pezzi come Introspection, Catharsis e Paranoid sono da dieci e lode. Molto curati gli arrangiamenti e la partecipazione di artisti come Townsend e Loomis è la classica ciliegina sulla torta. I complimenti alla disamina di Waste ormai sono dati per scontati ( ). Probabilmente il migliore della carriera solista di Ihsahn, voto 85/100. PS: "cantato in stile vomito"? Suvvia, capisco che bisogna spararla grossa per farsi notare, ma a tutto c'è un limite... |
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se non fosse cantato in stile vomito sarebbe ancora più bello |
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Ottimo Gianluca: non vedo l'ora di ascoltare quest'album! |
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Complimenti, mai letta una recensione così! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Arrival 2. The Paranoid 3. Introspection 4. The Eagle And The Snake 5. Catharsis 6. Something Out There 7. Grief 8. The Grave 9. Departure
10. Recollection (Bonus Track)
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Line Up
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Ihsahn (All vocals and Instruments) Tobias Ornes Andersen (Drums) Jorgen Munkeby (Saxophone)
Jeef Loomis (Guitar Solo su “The Eagle And The Snake”) Devin Townsend (Clean Vocals su “Introspection”) Einar Solberg (Clean Vocals su “Arrival”) Heidi S. Tveitan (Female Vocals su “Departure”)
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