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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Hawkwind - Doremi Fasol Latido
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( 7103 letture )
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C’è un palco di legno in lontananza (o forse è vicinissimo e l’acido distorce la percezione delle distanze), il tizio si avvicina seguendo una traiettoria troppo mutevole per essere descritta.
Il concerto è iniziato da pochi minuti ed in un angolo c’è un tizio seduto ad un tavolino che invece di suonare tiene tra le mani una strana scatola con due manopole ai lati. Il musicista (?) sta scrutando proprio quel tipo dal passo incerto.
Non appena questo arriva ad una certa distanza dallo stage l’uomo comincia a ruotare una delle manopole e contemporaneamente orienta la scatola verso lo spettatore, che di lì a poco comincia a manifestare problemi di equilibrio, infine stramazza al suolo in preda a spasmi irrefrenabili.
La mia associazione con gli Hawkwind cominciò con DikMik, lo strumento che suonava nel gruppo era una piccola scatola con due manopole appoggiata su un tavolino chiamata Ring Modulator che in realtà era un generatore di suoni –sia alti che bassi- al di fuori del raggio uditivo umano. Con quelli perdevi l’equilibrio, cadevi e vomitavi; con i bassi te la facevi nei pantaloni. Si potevano procurare attacchi epilettici con quell’apparecchio... Naturalmente non potevamo essere sicuri se fosse il generatore o se era perché avevamo condito tutto il cibo con l’acido prima del concerto.
La parte riguardante l’avvicinarsi dello spettatore al palco è una mia speculazione (ci ho preso gusto con le introduzioni romanzate e, comunque, dato che si tratta della mia rece n. 300, concedetemela), mentre la seconda, quella in corsivo, è riportata fedelmente dalla biografia del bassista degli Hawkwind dell’epoca, e, per quelli con non vanno così indietro nella conoscenza della storia del rock, per il momento ne tacerò il nome.
La cultura della lisergia era ormai agli sgoccioli, ma, dato che chi ne era all’interno non ne aveva la minima idea, nel 1972 sembrava ancora essere viva e vegeta e l’unione dell’hard rock con quella psichedelica avviata ad esempio dalle sperimentazioni floydiane di UmmaGumma, aveva dato vita al così detto space-rock, che aveva negli Hawkwind di Dave Brock uno dei gruppi di punta. Proprio l’acido e le sue infinite varianti contribuivano in maniera determinante a prolungare letteralmente le percezioni delle coscienze dei musicisti mentendoli in comunicazioni con piani della realtà altrimenti irraggiungibili se non in quegli stati alterati e sia chiaro che non sto in alcun modo facendo apologia dell’acido. Sto semplicemente prendendo atto, così come potrebbe fare un sociologo, della parte oggettiva di una situazione il cui rovescio della medaglia è rappresentato dalla perdita irreparabile di un numero incalcolabile di cellule neuronali da parte di quei musicisti, con le conseguenze che solo nella seconda parte dei 70’s sarebbero state chiare. Si consideri inoltre che una volta terminata la stagione "fiorata" dell’acido, cominciò quella nerissima dell’ero, partita in sordina a fine anni 60 e mai terminata.
Dopo un paio di dischi interlocutori ed una partecipazione off all’isola di Wight durante cui il loro chitarrista di allora, dopo aver ingurgitato otto tavolette di acido, si alzò per fare due passi e tornò dopo cinque anni, DOREMI FASOL LATIDO è il primo disco in cui gli Hawkwind raggiungono veramente quegli stati superiori di coscienza in grado di fargli scrivere pezzi pienamente rispondenti ai canoni dello space-rock: Brainstorm sembra introdurre un disco di hard rock, ma dopo pochi secondi gli spazi siderali occupano la mente dell’ascoltatore e la risucchiano in un trip dal quale è impossibile risvegliarsi, per essere trasportati attraverso buchi neri, vortici di polvere interstellare, per rallentare attratti dall’orbita di un pianeta ed essere da questa rilanciata verso irraggiungibili galassie a spirale volando sulle dodici corde di Brock e su linee di basso stranamente familiari, per raggiungere l’acme in Space Is Deep e Lord of Light.
Non c’è modo di uscire dal trip fino a quando l’ultima nota di The Watcher, scritta e cantata dal bassista, termina di risuonare ed anche qui ti accorgi che la voce è diversa da quella degli altri pezzi ed anche se non quadra, è anch’essa familiare, ma fluttuando tra blues, hard rock, dilatazioni melodiche che seguono tempi e battute che non sono di questa terra, Wah-Wah psicotici sul sax, è ben difficile accorgersene ed isolarla per riconoscerla.
Restando sugli Hawkwind rimane da dire, fra le innumerevoli altre cose che non posso scrivere per motivi di spazio, che sullo stage si muovevano anche altri personaggi oltre ai musicisti: un ballerino-mimo, una ballerina mignon e molto snodabile e, soprattutto, Stacia, una incredibile donna bionda, alta due metri, in possesso di una settima naturale, che ballava quasi completamente nuda e che doveva essere uno spettacolo…..singolare.
Era alta più di due metri, e faceva la rilegatrice a Devon, la prima volta che ci vide si tolse i vestiti, si dipinse il corpo da capo a piedi e cominciò a ballare attorno al palco. Finì per far parte del gruppo
Una altro elemento che si esibiva spesso con gli Hawkwind era Bob Calvert, un poeta che leggeva, se riusciva a reggersi in piedi, poesie sue o dell’autore della cover, tale Michael Moorcock, autore fantasy inglese in seguito molto noto per il ciclo dell’Elric di Melnibonè e che farà altre covers di gruppi metal, (l’ho già citato nella mia prima rece per Metallized, quella dei Cirith Ungol).
Era un grande, ogni tanto andavamo a casa sua in cerca di cibo gratis e trovavamo cartelli appesi alla porta con su scritto: "Se non rispondo al primo suono del campanello non suonate ancora, altrimenti esco e vi uccido. Significa no, non sono in casa o comunque non ho voglia di vedervi, andate a fare in culo, sto scrivendo, lasciatemi fottutamente in pace", era geniale.
A questo punto immagino che qualcuno di voi vorrà sapere chi era questo bassista che ho ripetutamente citato in queste righe, bè, vi darò qualche indizio:
Il giorno in cui entrai negli Hawkwind fu anche quello in cui cominciai a suonare il basso. Il bassista, Dave Anderson, non si fece vedere ad un concerto, ma come un perfetto idiota aveva lasciato il basso nel furgone, il che spianava la strada al successore.... “C’è qualcuno che suona il basso?” e DikMik, che intravedeva l’opportunità di avere nel gruppo un compagno di anfetamine mi indicò “Lui sa suonarlo”, “Bastardo” pensai io, Nik Turner si avvicinò e mi disse “Fai rumore in SOL, il pezzo si intitola "You Shouldn’t Do That” ed attaccarono un altro pezzo.
Dovevamo andare in Canada da Detroit, avevo un grammo di solfato di anfetamina.... al confine ci perquisirono.... “Questa è cocaina amico, sei nei guai”, “Non credo proprio”, ma mi misero in prigione.... ”Sei libero su cauzione”, la band aveva pagato per me, presi un aereo per Toronto, facemmo il concerto sotto un uragano di applausi ed alle quattro del mattino venni cacciato”
Quel bassista, dopo essere stato licenziato, verniciò i suoi ampli psichedelici di nero e fondò subito un gruppo suo, era il 1975 e volle chiamarlo Bastards, ma il manager si oppose ed allora scelse il titolo dell’ultima canzone scritta per gli HW, il gruppo prese il nome di Motorhead.
PS Tutte le frasi in corsivo sono tratte dall’autobiografia "White Line Fever" di Lemmy.
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P.S.: la biografia del LEMMY, assolutamente esilarante, e qui in rece ampiamente citata, rende l'idea dello stato di delirio generale che si respirava all'interno del carrozzone capitanato dal geniale DAVE BROCK. |
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Disco + maturo dei precedenti, in quanto i pezzi, pur mantenendo la formula del viaggio, si articolano in un modo + vagamente riconducibile alla forma "canzone", riprendendo un po' "Hurry Sundown". In coppia con In Search Of Space (il mio preferito), due capolavori del settore. NICK TURNER deve essere stato il primo a pensare al sax col Wah-Wah, almeno, non mi risultano precedenti. Fu assolutamente caratterizzante. /// Li metto sempre quando faccio i quadri spaziali con le bombolette. Ispirandomi agli HAWKWIND, che x dire, non sono neanche tra le mie Band del "cuore", ho fatto e anche inciso dell'ottima musica, e, anche di questo gli sono profondamente grato. |
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Mi sono rifatto un viaggio cerebrospaziale pomeridiano a bordo di uno dei capisaldi della storia del Rock creato da una comitiva di folli musichieri troppo spesso dimenticati dai più. Il voto utenti è vergognoso.....per me 90!
Ossequi! |
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Aspetto la recensione di Warrior On The Edge Of Time... |
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Gli inventori dello space rock nel loro miglior album! |
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Goduria piena. Ogni brano è splendido. Brainstorm e The watcher su tutte. Ma il resto non è da meno 85 |
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Ragazzi mancano tutti i loro lavori nel DB datevi da fare  |
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Un imbarazzato ringraziamento  |
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11
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Le recensioni e gli articoli del buon Raven mi mettono letteralmente la pelle d'oca... Giù il cappello, giovani come me hanno solo da apprendere. Band stratosferica e di un'importanza fondamentale. |
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10
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Molto d'accordo con Undercover. |
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Il voto dei lettori denota l'ignoranza della massa... detto questo, disco da possedere e custodire gelosamente. |
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8
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Bè, proponili come sai |
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7
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Un album splendido. Io possiedo anche due live memorabili che andrebbero recensiti!!!! |
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5
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Grandissimo...recensione splendida!!! |
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4
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Grande lemmy!!!!!!!!!!! |
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2
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Ti auguro altre 300 recensioni come questa.  |
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Grande rece.... I Domine dovrebbero fare una statua a Moorcock, visto che i loro primi 4 album sono basati su Elric Of Melnibone...  |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Brainstorm 2. Space Is Deep 3. One Change 4. Lord of Light 5. Down Through the Night 6.Time We Left This World Today 7. The Watcher
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Line Up
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Dave Brock (Voce, Chitarra, Armonica, Tastiera) Nik Turner (Sax, Flauto, Voce) Del Dettmar (Sintetizzatore, Tastiera) Dik Mik (Sintetizzatore, Suoni elettronici) Ian "Lemmy" Kilmister (Basso, Chitarra, Voce) Simon King (Batteria)
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RECENSIONI |
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