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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Powerwolf - Call of the Wild
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26/07/2021
( 2944 letture )
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Se c’è un settore appartenente al mondo del metal in cui è difficile emergere e poi restare sulla cresta dell’onda per lustri e lustri, si tratta probabilmente del power. Sostanzialmente cristallizzato nei suoi stilemi e incapace di evolvere verso forme espressive più fresche e varie e forse disinteressato a farlo, è il classico genere che suscita amore infinito oppure odio viscerale da parte del pubblico. Se però vi trovate a far parte di coloro i quali sono stati colpiti da una freccia di Cupido con punta in acciaio cromato e amate lo stile in questione, è probabile che qualche CD dei Powerwolf giri frequentemente nel vostro lettore.
Venuti fuori nel 2005 con Return in Bloodred, hanno costruito nel corso degli anni una condizione di estrema professionalità che si manifesta attraverso una serie di scelte precise che fanno di loro un punto di riferimento per chiunque voglia presentarsi sulla scena. Musica - composta in prevalenza da Matthew Greywolf - assolutamente priva di spunti di vera originalità, ma estremamente equilibrata e furba nel prendere quanto fatto negli anni passati dalle band di riferimento e da loro stessi tanto che anche in questo album vengono fuori più e più autocitazioni e capacità di costruire un suono perfetto per veicolarla al pubblico. Questi i loro atout principali. A proposito: Call of the Wild si giova della produzione di Jens Bogren e Joost van den Broek presso gli Swedish Fascination Street Studios, sempre una garanzia. A tutto ciò si uniscono azzeccate scelte di look (presentarsi in pieno ambito power metal del tipo più magniloquente con un trucco che è maggiomente associabile a situazioni estreme, ha funzionato) e testi contenenti pure vari riferimenti religiosi, li hanno portati a occupare un posto di primo piano alla tavola del metal contemporaneo. Sempre relativamente ai testi, da segnalare come di genere per l’heavy/power quelli di Beast Of Gévaudan, che parla di un leggendario predatore che diffuse il terrore nella Francia del Sud a metà del 18° secolo e Varcolac, che invece narra di un demone appartenente alla tradizione rumena. Call of the Wild è quindi un lavoro che date le premesse, non può che essere ciò la band e i suoi fan desiderano fare/ascoltare. Caratterizzati dalla voce di Attila Dorn, dalla perizia degli altri musicisti e dall’uso enfatico delle tastiere di Falk Maria Schlegel, le undici tracce che compongono la scaletta scorrono via impeccabili, tra pezzi più potenti (Faster than the Flame, Beast of Gévaudan, Dancing with the Dead - questa più catchy al pari di Undress to Confess - e Varcolac) o altri più anthemici come nel caso di Blood for Blood (Faoladh) e dei suoi sapori irlandesi a ricordare i licantropi di Ossory e il loro ruolo meno “lineare” rispetto alla versione della leggenda negli altri paesi. Poi spunti più soft (Alive or Undead) e altri epici e solenni ascoltando per esempio Glaubenskraft, in lingua madre, Call of the Wild, Sermon of Swords e Reverent of Rats completano il prodotto. Buona anche un’altra scelta, ossia quella di contenere tutto appena oltre i quaranta minuti, evitando quell’orrendo effetto mattone che sembra essere misteriosamente divenuto un obbligo per il 90% delle band metal odierne. Da notare, infine, la disponibilità di un bonus disc che prevede la presenza di una lunga lista di ospiti d’eccezione tra i quali Alissa White-Gluz, Doro Pesch e Jari Mäenpää, riportata per intero nei dettagli tecnici che potete leggere a destra di questa pagina.
Alla fine della fiera, Call of the Wild è ciò che vuole essere e ciò che ci si aspetta che sia. Nessuna sorpresa, solita efficace formula ben reiterata senza soluzione di continuità e tutti contenti. I fan del gruppo in primo luogo, che ritrovano tutto ciò che dei Powerwolf apprezzano e gli stessi Powerwolf, i quali piazzano un altro album che andrà certamente incontro al solito successo senza rischiare nulla. Niente di male in tutto ciò anche perché, lo ribadisco, tutto è pianificato ed eseguito a regola d’arte e questi ragazzi sono probabilmente tra le band più solide partorite dal genere negli ultimi anni. Eppure, non si può fare a meno di notare come osando un po’ di più, i tedeschi potrebbero passare dalla categoria "buoni continuatori della tradizione che non lasceranno tracce sui libri di storia" a quella dei gruppi in grado di dire qualcosa di più importante. Magari rivitalizzando un genere sempre più avvitato su se stesso. Al netto delle diatribe che ne deriverebbero tra accuse di tradimento, di non saper fare cose nuove come si deve, di non essere più power, di non essere più heavy, di non essere più tedeschi… (continuare a piacimento fino a morte del metal)
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7
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A me questo disco non prende propio... |
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6
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Oggi si è visto di tutto, mancava un po di intrattenimento e cattivo gusto in stile teutonico. Ovvero tutto già sentito ma più trash con una spruzzata di latino e, tutto già visto ma più trash con una spruzzata di trucco e photoshop.
Ad un loro live non ci andrei, sono un tipo pudico nei confronti di questa offerta di intrattenimento, proverei vergogna a trovarmi lì. |
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5
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Poche le band in giro in grado di regalarmi una dose di divertimento elevata come i Powerwolf. Il carisma della band si concentra tutto nella formula proposta che magari non cambierà, è vero, avrà i suoi difetti, ed è vero anche questo, ma continua a prendermi tantissimo ed un loro disco riesco ad ascoltarlo svariate volte senza che mi stanchi mai. In Call of The Wild qualche novità, se così vogliamo dire, si fa pure apprezzare, prendi Blood for Blood o Alive or Undead.
Lunga vita a questi ragazzacci tedeschi, spero di poterli applaudire live quanto prima! |
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4
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Soni finalmente riuscita ad ascoltare tutto l'album e concordo con raven dalla prima all'ultima riga. Solito album in salsa powerwolf che o stanca perché è la solita roba o esalta perché è la solita roba. A me ha esaltato anche stavolta. Perché han fatto qualcosa di innovativo? No: perché è la solita roba che acchiappa e ti si pianta nel cervello. Onestamente non faccio troppi sofismi sui powerwolf: non credo si prendano sul serio manco loro. Finché mi fanno venire voglia di scapocciare, bene; quando non me la faranno più venire, tanti saluti e amici come prima. Tutto questo dicendo che sono dei musicisti molto bravi, in primi Attila che ha una voce strepitosa. |
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3
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Premesso che tutte le recensioni del sempre notevole Monsieur Raven, vanno lette e ascoltato l'album. Così ho fatto. Qui, però, mi dispiace ma i pezzi sono brutti e tutti uguali tra di loro. Per carità, hanno una loro immagine ma è abbastanza scarsa. Jusqu'à la prochaine fois. |
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2
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rispetto al precedente The Sacrament of Sin mi è piaciuto un po' meno, la formula è la stessa e ci sono alcuni ottimi brani come Dancing with the dead, Varcolac o la title track, ma in generale il songwriting mi pare meno ispirato. Poi i suoni e la produzione mi ricordano troppo il sound dei Sabaton. Grande band sopratutto dal vivo ma la formula rischia di stancare |
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1
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Sono pomposi, egomaniaci, usano latinismi a caso e fanno sempre la stessa canzone. Ma hanno anche dei difetti
Mi piacciono troppo anche se sono ben consapevole dei loro difetti. Ottima recensione con cui concordo |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Faster than the Flame 2. Beast of Gévaudan 3. Dancing with the Dead 4. Varcolac 5. Alive or Undead 6. Blood for Blood (Faoladh) 7. Glaubenskraft 8. Call of the Wild 9. Sermon of Swords 10. Undress to Confess 11. Reverent of Rats
Tracklist e ospiti del disco bonus Missa Cantorem:
1. Sanctified With Dynamite w. Ralf Scheepers (Primal Fear) 2. Demons Are a Girl‘s Best Friend w. Alissa White-Gluz (Arch Enemy) 3. Nightside of Siberia w. Johan Hegg (Amon Amarth) 4. Where the Wild Wolves Have Gone w. Doro Pesch 5. Fist by Fist (Sacralize or Strike) w. Matthew Kiichi Heafy (Trivium) 6. Killers With the Cross w. Björn "Speed" Strid (Soilwork) 7. Kiss Of The Cobra King w. Chris Harms (Lord of the Lost) 8. We Drink Your Blood w. Johannes Eckerström (Avatar) 9. Resurrection by Erection w. Christopher Bowes (Alestorm) 10. Saturday Satan w. Jari Mäenpää (Wintersun)
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Line Up
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Attila Dorn (Voce) Matthew Greywolf (Chitarre) Charles Greywolf (Basso, chitarra) Falk Maria Schlegel (Tastiere) Roel van Helden (Batteria)
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