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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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27/10/2021
( 2165 letture )
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Nono album da studio con il debutto uscito nel 2001, vent’anni di carriera e un live editato lo scorso anno. Ecco gli Eclipse realtà fondata nel 1999, a Stoccolma, dal cantante Erik Mårtensson e dal batterista Anders Berlin, insieme al chitarrista Magnus Henriksson: primo contratto discografico siglato con l'etichetta inglese Z Records, per l’esordio The Truth and A Little More. Sempre presenti in formazione il vocalist e il guitar man, gli altri ruoli hanno subito mutamenti e rimpasti, non ultimo il titolare del ruolo al basso. A due anni di distanza da Paradigm, con alcune coordinate mutate rispetto agli album precedenti, i quattro ragazzi svedesi tornano con il qui presente Wired, capace di esibire una copertina focosa e suggestiva che incuriosisce ulteriormente. Anticipato a metà maggio dal primo singolo Saturday Night (Hallelujah), così illustrato dal cantante:
''Era un altro di quei sabati sera a casa. Ma per la prima volta da molto tempo c’era speranza'',
ovvero l’aspettativa e il fortissimo desiderio di uscire dal maledetto virus-lockdown per tornare a suonare e a vivere con ritmi pseudo normali.
L’apertura di Roses On Your Grave spacca l’attesa e si dimostra song carica e vitale, chitarre belle spesse, vocalità ottimali e melodie, come sempre, di livello per un ritornello invitante, cosiccome il solo della sei corde: pezzo di immediata ricezione. Dying Breed sfoggia le key e un attacco compatto con un basso bello poderoso, il chorus è super melodico e bellissimo, con chiare matrici nordiche e cori stentorei, centro pieno senza se e senza ma: solismo dilagante di Magnus Henriksson. Il primo singolo, dapprima citato, vola in direzione di armonizzazioni auree e tanta grinta hard rock, cosa che accade spesso in questo nuovo lavoro, pregiate le coralità che si incastrano le une con le altre mentre la sei corde segna il territorio ed esplodono musicalità e testi (ci trovo una somiglianza spiccata con alcuni brani degli Ammunition). Run For Cover è frammento di ampio respiro e partiture lucenti ma anche di vigore hard e atmosfere trascinanti, con quel break centrale che converge in un solismo chitarristico doppio, decisamente piccante e rovente, poi Carved In Stone parte in maniera angelica con coralità da brividi, chitarra acustica, tastiere e la voce evocativa e perfetta del singer, dipingono una traccia emozionante, delicata e intinta nella seta cangiante e sfarzosa: spaccato che dimostra la grande vena creativa del quartetto con citazione di merito nella salita di tono, dalla metà del playing, dove escono fuori chitarre e tastiere ondeggianti in un dialogo de luxe. Twilight ha un vago sapore medievale innestato sulla potenza delle chitarre e cori magnifici che entrano ed escono da qualsiasi spiraglio delle casse, perfetta la riuscita di una song che appare come uno dei migliori momenti dell’intero lotto, anche grazie all’ugola tenace e splendida del frontman e con la reprise di un classico che lascio a voi rintracciare sul finale. Poison Inside My Heart è tipicamente AOR nella struttura e negli sviluppi mentre Bite The Bullet appare durissima e richiama alcune sonorità dei primissimi Van Halen, ascoltate la guitar in apertura, nel bel mezzo si materializza un break di chitarra simil western su un tappeto di batteria secca e arrangiamenti modernisti; gran bella alabardata scagliata per non fare prigionieri. We Didn’t Come To Lose nasce da una batteria in pieno up tempo, le chitarre sgommano che è un piacere, il ritornello sega le gallerie e i cori si fondono a caldo con la struttura strumentale, senza dimenticare il cantato di Erik Martensson che merita, come sempre, un plauso a scena aperta: pezzo superbo. Things We Love accarezza la leggenda celtica con melodie smaglianti e che danno carica, poi la bonus track Dead Inside chiude un gran bel lavoro, tratteggiando un’altra stuzzicante composizione che vale la pena di essere ascoltata, un miscuglio di hard e AOR che rimembra altre band nordiche.
Un’opera che non può essere etichettata come puro AOR, anzi, in queste undici tracce spicca, trasuda e filtra un sano hard rock mutuato con gli inevitabili trascorsi dell’ensemble svedese: meno elementi soffici, più potenza e consistenza strumentale, poi la vena melodica fa la differenza ed eleva questo platter che, merita di essere riascoltato tante volte, per soluzioni, ingegno, doti tecniche e capacità di assemblamento, senza mai perder un grammo di interesse. E con un quadro compositivo che colloca la band nelle alte sfere, ormai da anni. Undici pezzi che non riscrivono la storia del genere ma sono atte a dimostrare che gli Eclipse sono un act che suona dannatamente bene e sa farsi apprezzare. Wired è consigliato a chi ama queste sonorità ed è attratto da melodie trasparenti, cristalline e di classe sopraffina. Altro che eclisse...
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10
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...ottimo disco......tutti i brani sono di alto livello.....lo ascolto molto spesso......no stanca mai.....voto 90...... |
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9
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Disco stratosferico suonato e cantato meravigliosamente…vero, siamo di fronte a 11 hits, è proprio il song-writing che distingue ed eleva gli Eclipse nell’Olimpo. Questa band meriterebbe ben altri riconoscimenti!! |
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8
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Complimentoni FANTASTICO CD PER ME UN MASTER GREAT VOCALIST E INCREDIBILE BAND 🤘🏼 SIETE UNICI 🎤❤💯💯💯💯💯💯 |
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7
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Tra le mie top band, ammetto pero' che questo album e' inferiore al precedente che e' tra i miei top album |
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6
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Voilà. Non posso che aggiungermi alle opinioni del recensore e dei commenti, nel valutare più che positivamente questo nuovo album degli Eclipse. Ho anche tutti gli altri loro album che ascolto sempre volentieri, soprattutto per l'ottimo songwriting. In altre parole, sono belle canzoni e non hanno quasi mai un pezzo debole. Qui si confermano alla grande. Faccio un po' fatica a mettere un pezzo davanti ad un altro. Ottime prospettive per le cavalcate d'autunno tra le vigne... Jusqu'à la prochaine fois. |
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5
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Altro centro di questi ragazzacci svedesi, non ho mai dubbi su Erik e nemmeno questa volta mi e ci ha deluso.
Avevo solo un pò paura considerati i mille progetti in cui sta lavorando, ma il suo estro creativo è talmente potente che non cala e tutto ciò è incredibile.
Questo Wired forse è un disco ancora più easy listening del solito, più diretto e "In your face" rispetto, per esempio, ad un Armageddonize che trovo più compatto e studiato, mentre qui siamo su lidi un poco diversi dati da canzoni con trame meno complesse (vedasi anche la batteria meno "funambolica") ma costruite in modo perfetto per colpire.
L'opener è strepitosa nel suo ritornello particolare, Saturday Night (Hallelujah) e Twilight sono pezzi strepitosi e adrenalinici con classici chorus Martensson-style e Run For Cover e Things We Love hanno delle parti di chitarra meravigliose e iper melodiche.
Tra le altre canzoni vale la pena citare Dead Inside, uno dei pezzi da 90 del disco al pari quasi di The Downfall Of Eden di Monumentum (pezzo strepitoso), con un ritornello che si apre alla grande, e We Didn't Come to Lose con un cambiamento di tonalità finale che sorprende. Carved In Stone è una ballad emozionante ma che non credo raggiunga il pathos di altre loro canzoni simili, e Bite The Bullet manca nel ritornello (per assurdo) ma ha una parte strumentale centrale splendida.
Nel complesso non si può dire nulla a questi ragazzi: sound potente e iper godibile, parti strumentali dirette e suonate alla grande, melodie anthemiche.
In definitiva, questa band veramente non sbaglia mai nulla. Erik è semplicemente uno dei più grandi songwriter del mondo hard/melodic rock degli ultimi 10 anni e più, un talento così raramente si vede. E poi, cosa che spesso non sento citare: ma che voce ha? Preciso e potente, tecnico ed emozionale. Grandissimo |
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4
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@Fabio @Shock tutti questi riferimenti ai dad mi hanno stuzzicato più della recensione me lo metto in lista d'ascolto subito |
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@Fabio @Shock tutti questi riferimenti ai dad mi hanno stuzzicato più della recensione me lo metto in lista d'ascolto subito |
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Ottima replica a Paradigm, band sempre sugli scudi, volevo sottolineare come siano in qualche modo anche depositari dei DAD con la vena 'morriconiana' che di tanto in tanto fa capolino |
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1
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Inutile girarci attorno: da anni in campo hard rock gli Eclipsed sono tra gli esponenti di spicco, grazie ad un Erik che in stato di grazia sforna ottime canzoni ed anthem come pochi sanno fare. E questo lavoro ne è la conferma: undici canzoni, undici potenziali singoli, non una canzone debole. Non saprei neanche indicare le migliori perché la qualità è altissima. Spezzo una lancia per Bite the bullet per via del riff che sa di Accept, e del "solo" che non può non ricordare quello di Sleeping my day away. Un ennesimo must. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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01. Roses On Your Grave 02. Dying Breed 03. Saturday Night (Hallelujah) 04. Run For Cover 05. Carved In Stone 06. Twilight 07. Poison Inside My Heart 08. Bite The Bullet 09. We Didn’t Come To Lose 10. Things We Love 11. Dead Inside (CD and Digital Exclusive Bonus Track)
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Line Up
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Erik Martensson (Voce, Chitarra) Magnus Henriksson (Chitarra) Victor Crusner (Basso) Philip Crusner (Batteria)
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