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Budgie - If I Were Brittania I`d Waive the Rules
29/01/2022
( 758 letture )
È impossibile intraprendere un qualsivoglia discorso sui Budgie senza ricordare la morte di Burke Shelley, avvenuta il 10 gennaio scorso. Purtroppo negli ultimi anni i due aneurismi all’aorta e la sindrome di Stickler (che peraltro colpisce anche l’udito…) hanno impedito a Shelley, e quindi al gruppo, di comporre nuovo materiale e di esibirsi dal vivo. Fortunatamente possediamo dieci lasciti appartenenti all’epoca d’oro della band: gli anni ‘70 e i primi anni ‘80. Il nostro solo modo di omaggiare il cantante, bassista e maggior autore dei brani dei Budgie è ricordare ed analizzare la sua opera.

Ebbene si parla spesso dell’importanza e influenza del sound di Shelley e soci sulla NWOBHM e su thrash metal band come Metallica e Megadeth, ma si parla molto meno del significato dei testi dei Budgie. L’album in questione, If I Were Brittania I’d Waive the Rules, è stato studiato dalla professoressa Irene Morra dell'Università di Cardiff. Nel suo saggio edito per la Routledge nel 2014 dal titolo “Britishness, Popular Music and National Identity: The Making of Modern Britain”, la Morra spiega che il titolo vuole essere un gioco di parole.
“L’Inghilterra che governa le onde” sta ad indicare un'essenziale mancanza di azione da parte del Galles all'interno della Gran Bretagna. Sempre secondo il suo parere, ciò ha contribuito a ritrarre un'identità controculturale, priva di ambizioni nazionali. Vero anche che il waive the rules del titolo può essere inteso semplicemente come “rinunciare alle regole”, argomento che torna a più riprese nel testo della title track e che sarebbe in linea col motto sesso, droga e rock’n’roll….

Ad ogni modo l’interesse del disco risiede nella curiosità musicale dei Budgie piuttosto che nei segreti del titolo. If I Were Brittania I’d Waive the Rules è caratterizzato tanto da ottimi e comprensibili innesti progressive rock, quanto da spiazzanti e soprendenti spunti funk. Ci dà il benvenuto Anne Neggen, assieme alla cover raffigurante gli immancabili pappagalli ondulati, stavolta all’interno di tute spaziali. La canzone è incalzante, i ritmi sono sostenuti e il sound si basa su un bel giro blues/rock. Le abilità chitarristiche di Tony Bourge e una forte alchimia fra i tre musicisti coinvolti rendono il pezzo meno rettilineo di quel che sembra. La title track, oltre a contenere il testo cripto-politico citato dalla professoressa Morra, offre musicalmente tanta varietà. In apertura spaventano le plettrate dure di Bourge, riff dai tratti heavy! Il brano si apre totalmente sulle strofe dove confluiscono elementi hard rock, prog e la fantasia vocale di un ispirato Shelley, che qui sembra un cantante della Motown. You’re Opening Doors sposta nuovamente il tiro offrendo una ballad levigata, smussata agli angoli dal rock duro. È resa particolarmente piacevole dalla consueta abilità dei musicisti di variare il proprio sound e dalla prova canora di Burke, il quale sembra un altro cantante rispetto alla traccia precedente. Quacktor and Bureaucats odora di blues e lascia i musicisti liberi di giocarsela un po’ come vogliono, non a caso Bourge si esalta facendo godere non poco con le variazioni sul tema. I suoi refrain e i suoi brevi assoli sono spettacolari e istruttivi, ma anche la sezione ritmica non si nasconde sull’energico ritornello. Sky High Percentage è il pezzo più “classico” del lotto, un buon garage rock edulcorato dall’abilità dei musicisti. La “beatlesiana” Heaven Knows Our Name oltre ad essere un bel brano di atmosfera è anche il momento Bourge: è lui a cantare e a reggere il brano sulla sua sei corde. Ma come avvenuto sull’album Bandolier, i Budgie il meglio lo lasciano alla fine. Black Velvet Stallion fa paura, in tutti i sensi…. Poteva fare tranquillamente da colonna sonora a qualche film horror di quegli anni, tant’è la cupezza del brano. Tetra, maligna e un po’ malinconica. I sonori rintocchi del basso di Shelley sembrano scandire il poco tempo rimasto all’ascoltatore; i riff e gli assoli di Bourge sono fantastici e contribuiscono ad appesantire l’atmosfera. Una chiusura dark eccezionale!

Avrete intuito che parlare di hard rock per descrivere questo prodotto è riduttivo.
Il fatto che questo album non sia entrato nemmeno nella top 100 britannica la dice lunga sulla poca considerazione nei confronti di questa band. Probabilmente la loro sfortuna è stata quella di essere troppo in anticipo sui tempi. Il funk col rock duro (o se preferite con l’heavy metal) inizierà ad essere proposto solamente nella seconda metà degli anni ‘80. Nel 1975 i nostri su Bandolier già pensavano a queste commistioni, sviluppate maggiormente nel 1976 in queste sette tracks, dove la presenza funk è marcata. In parte ciò fa capire quanto i Budgie fossero veramente troppo avanti per il mercato e per certi tipi di gusti, che ancora dovevano svilupparsi nel consumatore. Sarebbe bello che il tempo renda onore alla memoria di Shelley e alla sua creatura con un ingresso nella Rock and Roll Hall of Fame.



VOTO RECENSORE
78
VOTO LETTORI
78 su 1 voti [ VOTA]
claudio
Sabato 29 Gennaio 2022, 15.18.45
3
li sto colpevolmente scoprendo in ritardo, sono una bellissima sorpresa
Mic
Sabato 29 Gennaio 2022, 13.12.17
2
Epic, io li ho tutti fino a NIghtfly. Ogni tanti li ascolto con interesse. Di certo mancava la presenza scenica comunque.
Epic
Sabato 29 Gennaio 2022, 12.21.13
1
Grande band, penso di essere uno dei pochi che ha la discografia intera. Da sempre sottovalutati, ma i Budgie sono stati davvero forti. Questo è un bel dischetto, riascoltato proprio qualche giorno fa.
INFORMAZIONI
1976
A&M Records
Hard Rock
Tracklist
1. Anne Neggen
2. If I Were Brittania I'd Waive the Rules
3. You're Opening Doors
4. Quacktor and Bureaucats
5. Sky High Percentage
6. Heaven Knows Our Name
7. Black Velvet Stallion
Line Up
Burke Shelley (Voce, Basso)
Tony Bourge (Chitarra, Voce principale nella traccia 6, Cori)
Steve Williams (Batteria)

Musicisti Ospiti:
Richard Dunn (Tastiera)
 
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