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Therion - Leviathan II
07/12/2022
( 2657 letture )
Comfort zone: è questo essenzialmente il concetto che riassume, fino ad adesso, la trilogia Leviathan che Christofer Johnsson e i suoi Therion ci stanno proponendo, giunta quest’anno al secondo capitolo. Tutto ciò in apparente contrapposizione con una carriera volta quasi sempre a stupire l’ascoltatore non cadendo mai nello scontato o nel prevedibile e culminata nel 2018 con l’ambiziosa e divisiva opera Beloved Antichrist. Come ammesso più volte dallo stesso mastermind, i tre Leviathan si propongono di seguire un percorso a misura di fan, concentrandosi esclusivamente su un suono classico Therion al cento per cento, con poche, per non dire nulle, concessioni allo stupore. Detto così non sembrerebbe che ci si possa aspettare nulla di eccezionale ed invece il primo Leviathan è andato oltre le attese, poiché i Therion che suonano in perfetto stile Therion sono pur sempre tanta roba. Stiamo in fondo parlando di una band pioniera del symphonic metal, che con Theli e soprattutto Vovin ha letteralmente dettato le regole del genere. Ed allora le attese per questo Leviathan II sono divenute man mano più alte rispetto a quanto preventivabile, non relegando la nuova uscita ad essere intesa come un puro esercizio di stile, ma parecchio di più di questo.

L’album, come del resto il suo predecessore, è quindi una raccolta di canzoni, né più né meno, nessun concept apparente, nessun filo conduttore. Anche stavolta il mastermind Christofer Johnsson, il chitarrista Christian Vidal e il bassista Nalle Påhlsson si sono circondati della consueta squadra di vocalità di altissimo livello, a partire da Thomas Vikström e dal soprano Lori Lewis passando dal frontman degli Eclipse Erik Mårtensson, per un totale di una decina di meravigliose ugole a conferire ai brani quell’enfasi corale ed operistica che è sempre stato il peculiare marchio di fabbrica del combo svedese.
Il breve up-tempo Aeon of Maat, abbastanza fuorviante rispetto alle atmosfere essenzialmente malinconiche e a tratti depressive del disco, introduce una serie di brani prevalentemente melodici ed orecchiabili, con parti vocali a tratti splendide, che crescono ulteriormente con gli ascolti nonostante l’immediata fruibilità (ed anche questa è da sempre una peculiarità dei Therion). È così dopo diversi passaggi sul piatto che si apprezzano davvero le meravigliose melodie e i commoventi intrecci vocali di Litany of the Fallen e soprattutto di Alchemy of the Soul e dell’eterea e composita, velatamente prog Lunar Coloured Fields, l’ossessività minacciosa del canto di Thomas Vikström in Codex Gigas, le coinvolgenti influenze orientali in Marijin Min Nar, la coralità senza pecche della ballata Hades and Elysium, persino la hit radiofonica Cavern Cold as Ice, con la suadente voce di Rosalia Sairem a conquistare un ascolto solo apparentemente facile. E poi l’epilogo di Pazuzu, forse il pezzo più rappresentativo dell’album, dedicato all’antico demone babilonese reso famoso dal romanzo e dal film L’Esorcista e ottimamente interpretato da Erik Mårtensson, riproposto inoltre in coda alla tracklist in chiave AOR. Non che le cupe e minacciose Lucifuge Rofocale e Midnight Star, gli episodi più aspri e disturbanti del full-length, siano da meno, a dimostrazione dell’efficacia e del valore di una raccolta di canzoni che, è bene ribadirlo, non può essere definita originalissima - e del resto non vuole esserlo nelle intenzioni più volte rese note dalla stessa band - tuttavia risulta ineccepibile in quanto a qualità complessiva.

Non c’è nulla da fare, la classe non è acqua, e anche quando i Therion provano a svolgere il compitino, a proporre cioè una trilogia di album “poco impegnativi”, che potrebbe venire superficialmente derubricata a roba da fan insomma, sfiorano comunque l’eccellenza. Leviathan II si rivela anche superiore al predecessore proprio perché maggiormente caratterizzato da passi melodici davvero indovinati, alcuni dei quali hanno pochissimo da invidiare ai capolavori passati. Se a ciò aggiungiamo la solita spettacolare pulizia in fase di produzione che rende l’ascolto nient’altro che un piacere, ci si può rendere conto di come il disco si riveli in definitiva l’ennesima opera di grande livello di una band che da questo punto di vista rappresenta una reale garanzia. Se è pertanto questo il valore della cosiddetta comfort zone dei Therion, non possiamo fare altro che inchinarci ancora una volta al genio di Christofer Johnsson e compagni e godere dell’ascolto, possibilmente rilassati con un buon bicchiere di brandy in una fredda serata autunnale.



VOTO RECENSORE
80
VOTO LETTORI
73.65 su 32 voti [ VOTA]
SkullBeneathTheSkin
Giovedì 15 Dicembre 2022, 15.47.52
6
Anche a me quest\'album non ha lasciato nulla. Anzi, mi ha lasciato molto perplesso... il primo Leviathan non era un capolavoro ma aveva comunque qualche picco/punto di interesse che qui non trovo. Fin troppo elegante parlare di \"comfort zone\", non rende l\'idea di quanto sia piatta, noiosa ed a tratti banale questa sequenza di nuovi brani. Fra i loro peggiori, per me: 65
Le Marquis de Fremont
Mercoledì 14 Dicembre 2022, 14.01.19
5
Onestamente non so, ma forse perché è un po' troppo "comfort zone" ma è scivolato via come l'acqua sui sassi. L'ho ascoltato più volte ed è gradevole ma mi sa che finirà nel dimenticatoio molto presto. Voilà, erano altri tempi certamente ma mi ricordo l'emozione di dischi come Theli, Vovin, Deggial fino a Gothic Kabbalah. Siccome è una band che apprezzo, vedrò di darle altre chance, appunto, come suggerito da Monsieur Valjean, con un buon brandy anche se le serate, qui in Tirolo, sono decisamente invernali. Au revoir.
DEEP BLUE
Martedì 13 Dicembre 2022, 21.05.46
4
Era da tanto tempo che non ascoltavo i Therion e devo dire che il disco mi ha piacevolmente colpito, non me l'aspettavo. Se fossi in loro tornerei comunque ad una vena più sperimentale, proverei a cambiare marcia.
Aceshigh
Sabato 10 Dicembre 2022, 9.01.00
3
Alcuni pezzi di questo nuovo capitolo mi sono piaciuti molto, per esempio le due tracce conclusive Codex Gigas e Pazuzu, anche la stessa Litany of the Fallen. Aggiungo che tutti i musicisti coinvolti, che siano cantanti o strumentisti, offrono un’ottima performance. Non male sicuramente, però a me nel complesso è piaciuto un filo meno rispetto al precedente. Voto 77
JC
Mercoledì 7 Dicembre 2022, 21.34.42
2
Niente male
megna
Mercoledì 7 Dicembre 2022, 18.54.48
1
Devo dire che l'ascolto del pomposo singolo "Litany of the Fallen" non mi aveva convinto più di tanto. Invece nel complesso si tratta di un album molto buono, oserei dire tecnicamente quasi perfetto. Certo, le vituperate sonorità pop ci sono eccome (e questa cosa non farà piacere ai puristi) ma le canzoni si legano bene assieme, molto più che in Leviathan I e Sitra Ahra.
INFORMAZIONI
2022
Nuclear Blast Records
Symphonic Metal
Tracklist
1. Aeon of Maat
2. Litany of the Fallen
3. Alchemy of the Soul
4. Lunar Coloured Fields
5. Lucifuge Rofocal
6. Marijin Min Nar
7. Hades and Elysium
8. Midnight Star
9. Cavern Cold as Ice
10. Codex Gigas
11. Pazuzu
12. Aeon of Maat (Alternative Vocals Version)
13. Pazuzu (AOR Version)
Line Up
Christofer Johnsson (Chitarra, Tastiera, Organo, Voce)
Thomas Vikström (Voce, Tastiera)
Lori Lewis (Voce)
Christian Vidal (Chitarra)
Nalle Påhlsson (Basso)

Musicisti ospiti
Taida Nazraić (Voce su tracce 1, 3, 4, 7)
Rosalia Sairem (Voce su tracce 1, 3, 9)
Chiara Malvestiti (Voce su tracce 1, 5, 8)
Erik Mårtensson (Voce su tracce 1, 11)
Javier Povedano (Voce su traccia 1)
Chris Davidson (Voce su traccia 5)
Noa Gruman (Voce su traccia 5)
Yuri Zaplanov (Voce su traccia 7)
Ally Storch (Violino, Viola, Violoncello su tracce 1, 3, 6)
Cătălina Popa (Flauto su tracce 7, 9)
Björn Höglund (Batteria)
 
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