|
27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
|
|
Dodheimsgard - Black Medium Current
|
25/04/2023
( 3861 letture )
|
Il ritorno a casa dopo molto tempo è un evento che evoca in chi lo vive un turbine di sensazioni differenti, tutte potenti. La gioia di rivedere volti, oggetti, dettagli rimasti relegati solo nella memoria per anni; il dubbio di come potrà essere l’esperienza di casa propria, ora che si è un’altra persona; l’emozione rievocata dai flashback di ricordi vissuti entro quelle mura; il timore che tutte queste sensazioni, invece, non vengano evocate, che il loro posto venga preso da un’apatia straniante e disorientante. Ecco ciò che sto provando nello scrivere questo articolo, dopo il mio iato di due circa due anni, una separazione dalla famiglia e dal pubblico di Metallized. Ma soprattutto, questo è ciò che sono piuttosto certo abbia provato la grande maggioranza degli ascoltatori dei Dødheimsgard quando si sono approcciati a Black Medium Current. Si tratta del primo disco della formazione di Oslo otto anni (OTTO!) dopo il destabilizzante ed unico A Umbra Omega, per chi scrive il miglior lavoro della discografia dei Nostri.
Il percorso evolutivo della band, a distanza di quasi trent’anni dalla loro formazione, sembra non aver trovato ancora la sua forma definitiva. Ogni loro lavoro assume connotati differenti dal precedente, ereditandone dettagli e particolarità attraverso le quali esplorare nuove possibilità. Così, il quartetto guidato da Vicotnik offre al suo pubblico un’esperienza estranea a qualsiasi altra vissuta in precedenza ascoltando un loro lavoro. E, proprio per questo motivo, in perfetta sintonia con qualsiasi altra esperienza precedente. Si sentono le sfuriate black metal delle origini (durissima è Et Smelter, che apre il disco), come i gelidi impulsi cibernetici della sconvolgente accoppiata formata da 666 International e Supervillain Outcast; si sentono le spaventose dissonanze del già citato A Umbra Omega, così come si sentono stimoli sensoriali nuovi, esterni, alieni.
I Dødheimsgard amano giocare col fuoco, correre il rischio di ustionarsi, fin quasi incendiarsi completamente. Ogni loro lavoro è un guazzabuglio indecifrabile ai primi ascolti, un’opera che richiede attenzione, studio, apertura mentale ed una discreta cultura musicale che esuli dai confini del black metal (e del metal in generale). Poiché un track by track risulterebbe riduttivo per un disco di tali proporzioni -non solo di durata, che comunque sfiora l’impegnativa soglia dei settanta minuti-, cercherò nelle prossime righe di sottolineare alcuni dei momenti salienti, alcune delle peculiarità che rendono Black Medium Current l’ennesimo centro dei Nostri, nonché già da oggi serissimo candidato a disco dell’anno.
Cominciamo dalla produzione, cristallina e pulitissima, come d’altronde è sempre stata sin dai tempi di 666 International. A differenza dei lavori precedenti, tuttavia, i suoni sono più rotondi, più delicati, quasi ovattati. Come avvolti da uno strato di cotone, i brani di Black Medium Current celano dietro questa soffice superficie una durezza ed una cupezza raramente esperita durante la discografia dei Nostri. Attenzione a non confondere queste parole con chitarroni a zanzara e blast beat a profusione. Ovviamente ve ne sono in abbondanza ma la durezza di cui si parla in questo disco va ben oltre. Ad esempio, si addentra nel territorio di un’elettronica moderna, non necessariamente industrial. Anzi, quasi per nulla industrial. Quando i Dødheimsgard aggiungono in questo disco inserti elettronici, sembra quasi di sentire una versione estrema e terrificante di quanto fatto dai Radiohead in Hail to the Thief o In Rainbows (ascoltate Interstellar Nexus e subito dopo The Gloaming o 15 Steps, poi ditemi). In altri casi, come in Det Tomme Kalde Mørke i sintetizzatori e i suoni artificiali sono figli di una vena progressive e spaziale che riconduce ai fasti del rock intellettuale anni '70. Quando, invece, la band decide di porre il proprio accento su materie più propriamente metal, ecco che sfornano paesaggi sonori desolati e gelidi, come devastati da un inverno nucleare. Prendiamo come esempio il primo singolo, Abyss Perihelion Transit, collocato in penultima posizione in scaletta. I primi rintocchi di chitarra vibrano in cupa armonia con le corde del funeral doom più opprimente, come quello degli Esoteric, Bell Witch e Slow. Salvo poi virare verso gli oscuri lidi del black metal più cervellotico e posato, con un mid tempo che si trascina stanco, accompagnato da cori che riportano la mente agli Arcturus più fantascientifici, quelli di The Sham Mirrors e di Sideshow Symphonies. In effetti, non solo qui si possono sentire echi arcturiani: a dire il vero, ad ogni nuovo ascolto di Black Medium Current mi è capitato di scorgere un nuovo punto di vicinanza tra questo disco ed il lavoro dei colleghi. Come sagome che si stagliano nella penombra, dapprima sfuggono alla vista ma, strizzando gli occhi, eccole lì: lontane, eppure ben presenti; appena abbozzate ma innegabili. Si tratta di sussurri, echi appunto, richiami distanti: si possono sentire in alcuni passaggi di Halow, Et Smelter ed altrove, disseminati qua e là. Il vero colpo di scena, tuttavia, è rappresentato da Requiem Aeternum, un pezzo il cui titolo incarna alla perfezione il suo animo. Mai, nella discografia dei Dødheimsgard, avevamo mai sentito qualcosa del genere. Un brano dalla fortissima componente emotiva; un pianoforte delicato, con violoncelli che fanno capolino qua e là, qualche suono spaziale, cori. La voce di Vicotnik, espressiva come non mai, ora baritonale, ora acida. Non vi nascondo che in più di un’occasione, ascoltando e riascoltando il brano, la mia gola si è stretta in un nodo di commozione che da molto tempo non provavo.
Tiriamo le somme, dunque. Com’è questo ritorno? Familiare; totalmente nuovo. Come sentirsi ospiti a casa propria, o sentirsi a casa essendo ospiti di estranei. Con questo ennesimo lavoro straordinario, i Dødheimsgard si sono affermati una volta e per tutte come la band più trasformista del panorama estremo europeo e forse non solo. Black Medium Current è un disco che farà discutere: pretenzioso, ampolloso, magniloquente, difficile, stratificato, impegnativo. Un ascolto che risulterà ostico per molti, inviso a parecchi. Ma anche un disco necessario, un monito per chiunque decida di fare musica: ci si può sempre evolvere, anche dopo trent’anni. Musica è evoluzione
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
18
|
Non so perché me l\'ero perso... Ma cazzo che discone... Anche meglio del precendente, che già era ottimo. Bellissimo |
|
|
|
|
|
|
17
|
disco piu che notevole..siamo sopra i90 come del resto666 international,la differenza e\" che questo ha suoni piu delicati e ovattati percio anche meno labirintico del massiccio 666 che rimane comunque l apice di un percorso eccezionale |
|
|
|
|
|
|
16
|
Sembra non ne abbiano sbagliato uno questi Dodheimsgard, vedrò di ascoltarli!!!! |
|
|
|
|
|
|
15
|
Disco notevole. Voto giustissimo. |
|
|
|
|
|
|
14
|
Ottima recensione per un disco meraviglioso. Per me una droga, immensi! |
|
|
|
|
|
|
13
|
Ho ascoltato qualcosa, niente male, anche se dovrò approfondire. |
|
|
|
|
|
|
|
|
11
|
Ok, sono l\'unico a cui questo disco dice nulla. Pazienza. |
|
|
|
|
|
|
10
|
Album splendido! Ora non so se è meglio di A Umbra Omega, per me un discone a cui riesco a muovere ben poche critiche. Comunque, al netto dei gusti personali, quello che conta è che il valore di quest’ultima fatica è elevatissimo. Sicuramente un album impegnativo (quando mai i DHG non lo sono stati?), ma che mette in campo una varietà di soluzioni che mantengono alta l’attenzione per più di un’ora. Per me da top ten annuale. Voto 87 |
|
|
|
|
|
|
9
|
Questo album è semplicemente fichissimo, anche per me supera 90, sembra che abbiano trovato la quadra per ciò che hanno fatto prima e gettato le basi per quello che faranno. |
|
|
|
|
|
|
8
|
Decisamente un ottimo disco, migliore di A Umbra Omega. It Does Not Follow ha un giro di basso che mi fa impazzire. |
|
|
|
|
|
|
|
|
6
|
Bentornato Fede! La penna è sempre la stessa - ottima - e la recensione la condivido appieno. Per me che non ho mai seguito la band questo album è stata una vera rivelazione e ad oggi si gioca il podio tra le migliori uscite dell\'anno. Un meraviglioso trip decisamente stimolante. |
|
|
|
|
|
|
5
|
Qui siamo al capolavoro secondo me. |
|
|
|
|
|
|
4
|
Concordo con @dariomet. Non solo album dell\'anno per il momento, ma in generale era un pezzo che non sentivo un disco di tale portata, o bellezza, che dir si voglia. Di tale fantasia, freschezza, variegato, emotivo ed evocativo, e soprattutto, dannatamente fruibile e semplice, dettaglio assolutamente non trascurabile, dato che i brani durano 8-9-10 minuti all\'incirca. (Capo)lavoro che mi ha proprio fatto stare in pace col mondo intero. Propongo anche io almeno un novantello di valutazione. |
|
|
|
|
|
|
3
|
Con questa recensione diamo il bentornato a Federico in redazione!!!  |
|
|
|
|
|
|
2
|
Album eccellente, livello altissimo.. |
|
|
|
|
|
|
1
|
Per me qui si può già parlare di album dell\'anno..minimo 90 |
|
|
|
|
|
INFORMAZIONI |
 |
 |
|
|
|
Tracklist
|
1. Et Smelter 2. Tankespinnerens Smerte 3. Interstellar Nexus 4. It Does Not Follow 5. Voyager 6. Halow 7. Det Tomme Kalde Mørke 8. Abyss Perihelion Transit 9. Requiem Aeternum
|
|
Line Up
|
Vicotnik (Voce, Chitarra, Sintetizzatori) Tommy “Guns” Thunberg (Chitarra) L.E. Måløy (Pianoforte, Violoncello, Theremin, Basso) Myrvoll (Batteria)
MUSICISTI OSPITI: Sttng (Flauto nella traccia 1)
|
|
|
|
RECENSIONI |
 |
|
|
|
|
|
|
|
|
ARTICOLI |
 |
|
|
|
|
|