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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Blue Oyster Cult - Ghost Stories
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19/04/2024
( 2076 letture )
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Tra le band di grande interesse storico per quanto attiene all'hard rock e dintorni, sono da classificare certamente anche i Blue Öyster Cult. Nati nel 1970 a New York, sono stati infatti autori di vari album importanti e di successo, ma probabilmente non hanno davvero raccolto in proporzione a quanto seminato. Autori di un sorprendente ritorno nel 2020 con un album come The Symbols Remain, fanno adesso uscire Ghost Stories, un lavoro tecnicamente impossibilitato a bissarne il successo. Già, perché quello in analisi è un disco che, a parte la presenza di alcune cover, contiene musica solo tecnicamente nuova e qualche canzone già edita altrove in veste live.
In questo si intuisce lo zampino della Frontiers che, non potendo far uscire merce musicale composta da vere novità, occupa il vuoto di mercato con l'operazione Ghost Stories. La scaletta è infatti costituita per lo più da brani scritti nel periodo che va dal 1978 al 1983 non inseriti in un album, rivisti e corretti sotto l'occhio vigile di Steve Schenck e Richie Castellano, i quali hanno prodotto il tutto riprendendo completamente in mano il materiale esistente, aggiungendo parti strumentali per dare sostanza a canzoni a volte incomplete, ricorrendo alla tecnologia contemporanea quando utile. Tanto che bisogna partire dal presupposto che i suoni sono stati originariamente registrati su nastro analogico reel-to-reel. Successivamente sono stati trasferiti all'audio digitale, ed è stato allora che l'intelligenza artificiale moderna e i talenti musicali magici si sono incontrati e la raccolta di registrazioni multitraccia vintage è stata de-mixata, re-mixata e prodotta da Steve Schenck e Richie Castellano per diventare "Ghost Stories". Il resto, come detto, sono cover, tra cui una del 2016 di un brano dei The Beatles. Per quanto riguarda queste ultime abbiamo a che fare con una versione buona, ma non certo trascendentale di Kick Out the Jams degli MC5, una godibile e ancora lisergica We Gotta Get Out of This Place tratta dal repertorio dei The Animals e di If I Fell dei The Beatles, appunto. In questo caso eseguita per chitarra, percussioni e voci. Molto carina, ma che non lascia il segno oltre la curiosità storica verso i ragazzi di Liverpool nella loro versione ben pettinata. E il resto? Tutto piuttosto eterogeneo, con tante cose interessanti. So Supernatural è sinuosa e affascinante, The Only Thing scorre chic e quasi indolente, Shot in the Dark è un bel rock-blues americano che fa il paio con Money Machine. Il rock ('n roll) da classifica FM made in U.S.A. sempre misto al blues, viene invece fuori da Late Night Street Fight, Don't Come Running to Me, Cherry, Soul Jive e Gun. E alla fine dell'ascolto, si prova anche la sensazione che se all'epoca della loro stesura queste canzoni non avessero recato la firma Blue Öyster Cult, da questi scarti una band esordiente ci avrebbe ricavato un certo successo. Per la cronaca, versioni dal vivo di Kick Out the Jams e We Gotta Get Out of This Place erano presenti sul live Some Enchanted Evening, mentre Roadhouse Blues si ascoltava su Extraterrestrial Live.
Prodotto e pensato per essere “commerciale” - nel senso che era necessario fare uscire qualcosa ed è stato fatto- Ghost Stories assolve sostanzialmente al suo compito. In assenza di vero materiale importante da proporre questi recuperi/riproposizioni divertono, visto che sono concepiti ed eseguiti in maniera professionale e con classe. Certamente, queste storie di fantasmi non possono essere considerate davvero rappresentative di quanto i Blue Öyster Cult possono e devono fare, ma sono gustose e possono rappresentare un primo approccio alla band per chi non la conoscesse (con la raccomandazione di passare subito alla “ciccia”), o un modo per aumentare la collezione da parte dei suoi appassionati; in linea di massima, il pubblico cui questo album è diretto. Nulla di imperdibile, ma qualcosa di dignitoso, sfizioso e forse conclusivo, sì.
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13
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Album valido se lo si considera per quello che è, chiaramente gli album veri e propri sono di ben altro livello. Magari non è un disco che prenderei a prezzo pieno, ma avendolo trovato a 7€ e rotti, sono stato felice di poter ascoltare alcuni buoni brani, accompagnati da altri non epocali ma nemmeno orrendi, anche se trascurabili. Pienamento d\'accordo con la recensione. |
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12
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Comunque dopo mesi posso dirlo, album davvero brutto. 4 pezzi ottimi, tra i cui i singoli, il resto sono scarti brutti. Album insufficiente. |
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11
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Non ho mai amato questo genere di operazioni, scarti,cover e pezzi presi dal dimenticatoio.Questo tipo di operazioni ovviamente saranno imposizioni delle case discografiche . Interessante The only thing che mi ha fatto capire quanto Tobias Forge sia rimasto influenzato da questa storica band. La cover dei Beatles no, non mi piace per nulla. Sembra facile fare le cover dei Beatles ed emozionare...Una che mi era piaciuta tantissimo era dal live acustico dei Tesla, Five man acustical jam ,We can work it out |
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10
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Gli do un 65. Almeno ci fosse qualche scarto scritto da Buck Dharma, a mio avviso la vera marcia in più dell band... Da mettere su sullo sfondo mentre si fa altro |
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9
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Per me raccolta abbastanza piacevole. Chiaramente, trattandosi di pezzi scartati in passato, il tutto nel complesso risulta inferiore anche al meno bello degli album “ufficiali”, ma sarebbe stato alquanto strano il contrario. Ci sono comunque almeno 4/5 pezzi che sarebbe stato un vero peccato se fossero rimasti chiusi nel cassetto (So Supernatural è un gioiellino). Voto 73 |
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8
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Sembra che abbiano messo insieme gli scarti (peggiori) di tutta la loro carriera:tranne alcuni spunti , del tutto inutile e trascuarabile.
Per convincermi ancora di più, qualora ve ne fosse stato bisogno, mi sono risentito il penultimo, TSR, ..beh..altra storia! |
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7
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Ascoltato tanto in questi giorni, che brutto. Sono scarti, ok, però davvero, si salvano 3 pezzi. Per me neanche raggiunge la sufficienza. |
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6
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Secondo me dopo la morte di Lanier, dovevano lasciare, ma come si dice business is business. |
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5
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Disco brillante, si sente che i brani sono stati partoriti quando erano al top del top. Bello. Voto 80. |
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4
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Da grande fan dei Blue Oyster Cult dico che questo album è una cagata. Canzonette che erano già scarti del loro periodo peggiore e se non sono state pubblicate all\'epoca c\'è un motivo... The Symbol Remains è stupendo, se non hanno intenzione di fare altro sarebbe stato meglio che quello rimanesse il loro congedo. |
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3
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Salvo un paio di discrete canzoni, mi ha lasciato piuttosto indifferente. Non viene voglia di riascoltarlo. Proprio per die hard fans. Per me 65. |
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2
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Diciamo la verità, non se ne sentiva il bisogno, solo per completisti. È un album di b sides, va preso per quello che è, comunque ci sono 4 pezzi ottimi. Voto 65 |
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1
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ero pieno di bone aspettative...ma questo disco non mi convince molto...qualche buon pezzo...con sonorità d\'altri tempi...ma nell\' insieme deludente...non ci siamo questa volta...70 buon voto..comunque bella copertina. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Late Night Street Fight 2. Cherry 3. So Supernatural 4. We Gotta Get Out of This Place 5. Soul Jive 6. Gun 7. Shot in the Dark 8. The Only Thing 9. Kick Out the Jams 10. Money Machine 11. Don’t Come Running to Me 12. If I Fell
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Line Up
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Eric Bloom (Voce, chitarra, tastiere) Donald “Buck Dharma” Roeser (Chitarra, voce) Allen Lanier (Chitarra, tastiere) Richie Castellano (Chitarra, tastiere, voce nella traccia 12) Joe Bouchard (Basso, chitarra, tastiere, percussioni, voce) Albert Bouchard (Batteria, voce)
Musicisti Ospiti: Kasim Sulton (Voce nella traccia 12) Rick Downey (Batteria nelle tracce 2, 11) Jules Radino (Percussioni nella traccia 12)
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RECENSIONI |
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