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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 7427 letture )
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Gli inglesi Ten Years After, in attività dal 1965 (anche se già nel 1961 erano conosciuti come Jaybirds e gravitavano in Amburgo) ebbero molta popolarità tra la fine degli anni sessanta e l’inizio del decennio successivo. La loro parabola discendente iniziò nel 1973 allorquando il funambolico chitarrista e leader Alvin Lee abbandonò la formazione per dedicarsi alla carriera solista. L’ultimo lavoro in studio con la band risale all’anno successivo e si tratta di Positive Vibrations. Lee era un musicista molto quotato in quel periodo storico tanto da accostarlo anche ad un’icona come Hendrix I Ten Years After amavano un genere di cui oggi si parla troppo poco: il rock’n’blues. Si deve certamente a loro uno dei momenti più apprezzati in assoluto di questo stile musicale: in occasione della celeberrima esibizione nello storico palcoscenico di Woodstock, eseguirono una stupenda versione di I’m Going Home nella quale la prestazione alla sei corde di Lee fu strabiliante. Lo storico brano era già stato incluso nel live Undead del 1968 ma la performance in parola fu talmente incredibile al punto di oscurare (un po’ troppo a dire il vero) tutto il resto della carriera della band: in pratica si è trattato di una sorta di effetto boomerang.
Watt, quarto loro album in studio, fu pubblicato nel 1970 e segue cronologicamente l’ottimo Cricklewood Green dello stesso anno. Il disco contiene otto pezzi più orientati al rock che al blues, ben registrati e che, a distanza di quarant’anni, si lasciano ancora gradevolmente ascoltare. Si parte con la pregevolissima I'm Coming On dotata di un grande ritmo sorretto da un magnifico giro di basso di Leo Lyons; il lungo assolo con la Gibson del biondo Lee vale da solo l’acquisto dell’album. My Baby Left Me ha un inizio più pacato per poi aumentare efficacemente di intensità. Una soffusa tastiera di Chick Churchill introduce la dolce melodia di Think About The Times; si tratta di una track che costituisce uno degli apici del platter. Veramente bello in questa circostanza il vocalism di Lee. Discrete, nel complesso, la rockeggiante I Say Yeah e la strumentale The Band With No Name dove si sconfina simpaticamente nel country western con tanto di colpo di pistola finale. In Gonna Run si recupera la matrice blues con ancora un ottimo Lee sia alla voce che alla chitarra. Efficace anche la ritmica di She Lies In The Morning con stavolta sugli scudi il drumming di Ric Lee (nessuna parentela con Alvin). La chiusura è affidata allo scatenato selvaggio rock’n’roll di Sweet Little Sixteen, una composizione di Chuck Berry, qui eseguita in versione live durante il noto festival tenutosi all’isola di Wight nel 1970. Tutti i brani, esclusa ovviamente la citata cover, sono stati scritti dal solo Alvin Lee e registrati all’Olympic Sound Studios di Londra.
Watt, dall’inconfondibile cover con la mongolfiera, è un lavoro apprezzabile (forse non il migliore prodotto in studio dei Ten Years After) che risente inesorabilmente (e non potrebbe essere altrimenti) del tempo che passa; già all’epoca, peraltro, aveva l’ingrato compito di confrontarsi con la dirompente affermazione del neonato movimento hard rock. Personalmente, però, lo trovo tuttora piacevole; sa trasportarmi come pochi altri dischi nel magico mondo degli anni settanta, degli hippies, dei grandi concerti di fronte a folle oceaniche, degli artisti che liberamente esprimevano le proprie idee musicali senza essere ricattati dalle case discografiche: nell’epoca, insomma, dove imperava incontrastata la musica Rock con la R maiuscola!
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... allora, devo chiedere scusa xchè ho scritto una minchiata. L'ho riascoltata dopo tanto (I Say Yeah), ed ho immediatamente riconosciuto non il pedale menzionato, ma quell'affare che si mette nella guancia (non conosco il nome) che ho visto usare talvolta anche a GILMOUR e a RICHIE SAMBORA, con risultati tuttavia, almeno x me, molto meno accattivanti, tenendo comunque presente che si parla di performance distanti decenni. |
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17
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X me, dopo l'inarrivabile Ssssh, questo prende l'Argento. Ed è verissimo che c'è + Rock che Blues, ma ciò non snatura la Band, che, data l'intesa ancora una volta dimostrata, non sembrava affatto giunta al capolinea. Buonissimo il Sound. I Say Yeah, dove ALVIN LEE si cimenta inusualmente con il pedale Wah Wah, è la mia preferita. L'accostamento con JIMI HENDRIX, è fuorviante allora come adesso. L'uno adottava sempre un suono pulito e tradizionale, scale veloci ma limpide, e, quando raramente usava gli effetti, lo faceva col contagocce. Di HENDRIX invece si conosce la sua anima inquieta e sperimentale. La scelta delle chitarre testimonia ulteriormente l'impostazione diversissima dei due x sempre strabilianti Guitar-Heroes. |
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Questo è il loro album che prediligo: potente, poetico, di frontiera; classico. Un susseguirsi di emozioni nota dopo nota. 90 |
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15
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Fabio i Ten Years After sono immensi, 'Watt' è un album minore rispetto a 'Cricklewood Green' che hai citato; 'Love like a man' possiede un riff che farà scuola. 'Watt' è comunque uno dei lavori più 'metallici' della band di Alvin. Il mio preferito rimane senza dubbio 'Stonedhenge', un vero monolite che ha segnato molte fasi lunari del rock '70 ( anche prog! ); senza dimenticare l'incantevole feeling di 'Undead' registrato dal vivo inn un piccolo jazz club di Londra. Leo Lyons enorme, diventerà anche un ottimo produttore. Ha ragione Jek, sarebbe bello un legends of rock |
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E' tra quelli che vorrei fare |
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Mi inchino davanti al leggendario Alvin, e come dice l'ottimo Fabio siamo di fronte al Rock con la R maiuscola. Meritano un articolo "legends of Rock" |
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Semplicemente stupendo |
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...e già caro Richard è proprio così. Io adoro Alvin Lee e mi piacerebbe che i giovani lo ascoltassero è uno dei motivi per cui ho voluto fare questa recensione. |
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10
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solo mere questioni di logiche di mercato, la bravura non c'entra assolutamente anzi rividi Alvin Lee solista qualche anno fa e direi che magari è ancora meglio del Lee giovanile. E palese poi che il mercato supporta più favorevolmente i 15enni Jonas piuttosto che il 65enne Alvin... |
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9
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@ Richard: non c'è ovviamnete paragone con hendrix ma all'epoca Alvin Lee era talmente quotato da venire sovente accostato al mitico Jimi. Oggi la questione viene vista diversamente anche perchè le quotazioni di Lee sono andate via via scemando. |
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8
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Alvin Lee un grande. Improponibile il confronto con Hendrix perchè due stili chitarrisrtici e due scuole completamente diverse ma Alvin, ripeto, è sicuramente uno dei 3 migliori al mondo. |
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7
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Forse non il migliore dei TYA ma un ottimo disco. |
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6
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Sono uno dei giovani che li conosce e basta: grande gruppo. Album bellissimo. |
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Bel disco ed ottima riscoperta. |
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mmmh devo ammettere di non conoscerli in effetti.....ma se sono di fondamentale importanza, provvederò  |
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3
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è da gruppi cosi che è partita buona parte della musica buona di oggi!!! che signori |
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@ Raven: spero che i giovani si interessino a recensioni come questa perchè quello che dici tu è la pura e semplice verità "Nomi DA CONOSCERE, E BASTA". |
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1
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Nomi DA CONOSCERE, E BASTA. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1 - I'm Coming On 2 - My Baby Left Me 3 - Think About The Times 4 - I Say Yeah 5 - The Band With No Name 6 - Gonna Run 7 - She Lies In The Morning 8 - Sweet Little Sixteen
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Line Up
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Alvin Lee - voce, chitarra Chick Churchill - tastiere Leo Lyons - basso Ric Lee - batteria, percussioni
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RECENSIONI |
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