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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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Saille - Irreversible Decay
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( 3284 letture )
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L'alfabeto Ogham è un sistema di scrittura di origine celtica risalente al IV secolo dopo Cristo, in cui ogni lettera viene associata al nome di un albero e rappresentata come una linea centrale (base di ogni carattere rappresentabile secondo tale sistema di scrittura) a cui vengono applicate una serie di linee trasversali che differenziano i vari simboli, esattamente come fosse un fusto di una pianta che ramifica in modi differenti. Visivamente uno scritto in tale notazione appare come una serie di alberi stilizzati. È proprio facendo riferimento a questo antico codice che comprendiamo l'etimologia del monicker dei fiamminghi Saille: il salice rappresenta non solo la quarta lettera dell'alfabeto, ma anche la pianta simbolicamente associata al lutto e alla morte per i suoi rami pendenti: l’immagine si presta dunque benissimo a descrivere i paesaggi funerei e putrescenti dipinti in Irreversible Decay. La band belga viene fondata nel 2008 dal tastierista Dries Gaerdelen, che compone diversi brani per quello che avrebbe dovuto essere un progetto in studio. Radunando diversi musicisti della scena locale Gaerdelen completa la line-up, ora costituita da quattro elementi, con cui ultima gli arrangiamenti in modo iniziare le registrazioni del primo disco a fine 2009. A causa della complessità delle strutture e della varietà di strumenti impiegati, le sessioni di lavoro si protraggono fino a settembre 2010; nel frattempo la band decide di estendere la propria attività anche in sede live arruolando Didier Vancampo al basso e Yves Callaert alla chitarra.
Al primo ascolto di Irreversible Decay si comprende immediatamente il motivo del tempo impiegato nella registrazione del disco: sono presenti arrangiamenti di archi in grande quantità che si innestano nei brani senza mettere in ombra la componente più propriamente metal. Nonostante ciò contributo delle orchestrazioni riesce a creare sensazioni di inquietudine così come parti in cui è la melanconia a dominare sull'aggressività. L'ouverture spetta ad un arpeggio di chitarra classica che accompagna l'ascoltatore nelle lande dai colori seppiati del disco: con Nomen si ha la sensazione di tornare indietro nel tempo. La conferma arriva ben presto appurando che la registrazione si avvale di suoni molto naturali con strumenti dalla restituzione nitida e ben inserita nel contesto sonoro, ossia non stratificata o messa in ginocchio da una produzione eccessivamente pomposa. Ascoltando il lavoro nelle nove tracce sfornate dai Saille sembra di assistere ad uno spettacolo di metà anni ‘90, scritto all’epoca, chiuso in un baule e ripescato solo ora. Il risultato però rimane suggestivo ed evocativo come pochissimi prodotti odierni riescono a fare. A tratti l'impressione di essere entrato nel circo degli orrori di Dries Gaerdelen trasporta l'ascoltatore in una dimensione polverosa in cui si alternano momenti cupi e tetri ad attimi dal sapore più epico e nostalgico. In ogni brano emerge il drumming preciso e versatile di Gert Monden che, oltre a cimentarsi in ottime prove con il doppio pedale e precisi blast beat, arricchisce le canzoni con i suoi incastri e gioca con i piatti tenendo sempre alta la tensione e non facendo mai cadere alcuna linea strumentale nel deja-vu. Altro ruolo fondamentale è quello delle tastiere che, pur non essendo mai poste in primo piano, riescono a creare un clima al contempo freddo e saturo, giocando su temi di synth e tappeti atmosferici dal sapore più classico. Su queste basi si inseriscono le frustate delle sei corde con un suono caldo ed intenso, che si ritagliano uno spazio raschiando violentemente con il loro tremolo picking raramente discostato dalle alte velocità. Il basso, messo spesso in secondo piano – e svalutato – in dischi di questo calibro, è invece ben presente e distinguibile, seppure dia il proprio meglio nelle parti meno spinte e furiose. La presenza della chitarra classica lima le asperità sonore con l'ausilio di violini, violoncello e corno, miscelati in modo equilibrato alle chitarre e alle tastiere, rendendo ogni composizione ricca di spunti e non banale L'unica nota non all'altezza del contesto è a mio avviso la fase vocale, che dimostra buone capacità sia nello scream che nelle sovra incisioni, ma che a fatica si stacca da scansioni piuttosto banali. Sembra quasi che il cantato sia sottoposto alla parte strumentale quando potrebbe (e dovrebbe) esserne la ciliegina sulla torta. Il compito è tuttavia garantito. Dal lato stilistico, nel black sinfonico dei Saille, si avvertono echi (come la band stessa dichiara) dei primi Keep Of Kalessin e (aggiungo io) degli In Lingua Mortua: fortunatamente queste ricorrenze sono degli episodi sporadici ed evidenziati dal fatto che i suoni stessi della produzione risultino simili ai dischi dei sopracitati. Auspico quindi che nella prossima uscita dei fiamminghi sia presente un'ancora maggiore personalità che li consacri come unici, visto che le buone idee sembrano non mancare a questi musicisti. Non è facile segnalare dei titoli superiori agli altri perché sebbene ogni traccia goda di vita propria il disco suona molto compatto; detto ciò viene facile porre attenzione su Maere che si apre con un'angosciante melodia su cui il violino ricama con raffinatezza. Degne di nota anche Passage To The Nemesis e Tephra perché integrano molto bene il lato più malinconico dei Saille nella matrice più aggressiva che li contraddistingue.
Tirando le somme Irreversible Decay è un piacevolissimo esordio che, come una foto di molti anni fa, mi ha riportato a ricordi che sembravano non poter tornare, accompagnandomi attraverso i colori sbiaditi ed ingialliti delle sue architetture sonore. Un'edizione in vinile sarebbe il modo migliore per apprezzare questo disco, in modo da poter sentire esaltato il calore della produzione ed al tempo stesso il suo carattere anacronistico. Da verificare la tenuta a lungo termine.
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Nomen 2. Passage Of The Nemesis 3. Overdose Of Gray 4. Plaigh Allais 5. The Orion Prophecy 6. Revelations 7. Maere 8. Tephra 9. Tremendous
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Line Up
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Dries Gaerdelen – Keys, Vocals Jonathan Vanderwal – Screams, Guitar Gert Monden - Drums Reinier Schenk – Bass, Guitar
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