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Hellish Crossfire - Slaves of the Burning Pentagram
( 1783 letture )
Avete presente il thrash più letale, incazzato e lercio, magari di matrice tedesca? Sì, proprio quello che state immaginando: ragazzi sudati che pogano come pazzi, boccali di birra che si vuotano quasi con la stessa velocità con cui vengono macinati i riff assassini sul palco, gli smanicati con le toppe dei Sodom o degli Exodus, matasse di capelli agitate senza ritegno per i neuroni. Ok, lo scenario è quello adatto: ora accendete lo stereo ed ascoltate Slaves of the Burning Pentagram, debut album degli Hellish Crossfire, quartetto di Norimberga attivo fin dal 2002 e giunto sul mercato nel 2006, sotto la benedizione -il termine è utilizzato in maniera volutamente provocatoria, vista l’attitudine dissacrante dei Nostri- della I Hate Records. Un album dai risvolti ampiamente positivi, come andremo a vedere di qui a poco, e che soddisferà la fame di musica che rende bulimici i sostenitori più oltranzisti del filone tanto in voga nella California e nella Germania di metà anni ottanta. Riff pesanti e morbosi si succedono in un’atmosfera opprimente e folle, nella quale predominano velocità, violenza ed il vocalism urlato e graffiato di Thomas Werner; le chitarre hanno un suono brutale e quasi black in certi frangenti, così schiette e glaciali da produrre l’immagine di un tritacarne pronto a devastare un roseo tessuto cutaneo. Le ritmiche, feroci e martellanti, mantengono la tensione sempre alta e presentano un sound asciutto, compatto, esaltato da brani scroscianti come Eternal Tyranny, mentre sfuriate efferate come l’opener Conquerors of Black Souls garantiranno headbanging sfrenato al cospetto di riff killer e serrate picchianti. Per quanto grezzo e frenetico, il thrash del quartetto non è propriamente definibile “ignorante”, come si potrebbe pensare dopo un ascolto sommario, ma è sapientemente congegnato per essere trascinante, furibondo, spaccaossa, prodotto con suoni eccellenti e dotato di un songwriting convincente: va dato merito alla band di riuscire a scatenare l’agitazione pur restando semplice ed immediata, innescando rallentamenti e ripartenze brucianti, certo, ma senza bisogno di inventare nulla di dissacrante, senza costruire orpelli virtuosistici, senza la pretesa di riscrivere la storia del genere, ma non per questo dando l’idea di una musica banale o poco originale, anzi. Troppo spesso il recente revival thrash metal porta alla luce band contemporanee poco ispirate o capaci soltanto di scoccare una tracklist di pezzi identici e pedissequamente sparati ai mille all’ora, senza intervalli di sorta o ganci vincenti: non è certo il caso degli Hellish Crossfire, che per quanto veementi e irruenti arrangiano tracce capaci di spostarsi rapidamente attraverso ritmiche differenti e il bello è che questa operazione non li priva neppure d’un grammo di ferocia, come ascoltabile in brani più ragionati del tipo di Desecrate/Glorify the Sin (che decolla dopo tre minuti esclusivamente strumentali, in cui la band concentra tutti i suoi elementi tipici: velocità, riff insani, potenza dirompente) o nei rari tentativi di imbastire una sezione solista vagamente più melodica, per quanto costantemente intrisa di blasfemia e sinistra rarefazione (Demonic Sacrifice). Qua e là saltano fuori le reminescenze attribuibili alle principali influenze (naturali) del combo teutonico (anche Motorhead, Venom, in parte Kreator) e per l’ascoltatore affezionato alle sonorità più estreme del thrash sarà una vera goduria uscire indenne da mazzate virulente come Shadowcurse o Claw of the Reaper, uno degli episodi maggiormente imbevuti di malignità stordente e velocità urticanti, con tanto di assolo caotico (rimando evidente allo stile Slayer) e ripartenze pericolosissime, queste ultime abbondanti anche nella conclusiva Hallowed in Fire. Per quanto passato quasi inosservato, dunque, il disco può benissimo essere considerato decisamente migliore di tante uscite pubblicizzate oltre il loro reale valore, a conferma di una realtà che vede la scena thrash underground -quella vera, dunque- molto più florida di quella “spinta” dalle major e dalla stampa, sempre pronta ad incensare nuovi principi del genere ma che, sotto sotto, non possiedono il fuoco ardente dei veri thrashers. Gli Hellish Crossfire, inutile dirlo, non appartengono certo alla categoria dei raccomandati.


VOTO RECENSORE
75
VOTO LETTORI
20.76 su 13 voti [ VOTA]
rik bay area thrash
Martedì 23 Febbraio 2016, 14.22.06
1
Mi sono avventurato all' acquisto di questo cd, dopo aver letto la recensione. Quello che si ascolta è esattamente quello che riporta la recensione. Intanto grazie al recensore. Grezzi, veloci, veraci, ruspanti e soprattutto old school, il vecchio caro thrash old school made in germany. I riferimenti alla triade sono qui a dimostrarlo lungo tutto l'ascolto dell ' album, ma per me sono un pregio non un difetto. La produzione è quella di metà anni 80, e sembra veramente una relics uscita da chissà quale scaffale impolverato di vecchi dischi. Rispetto al thrash millennio 2.0, questo sembra un demo, ma questo per me suona ' vero'.
INFORMAZIONI
2006
I Hate Records
Thrash
Tracklist
1. Intro
2. Conquerors of Black Souls
3. Eternal Tyranny
4. Desecrate/Glorify the Sin
5. Demonic Sacrifice
6. Shadowcurse
7. Claw of the Reaper
8. Hallowed in Fire
Line Up
Thomas “Iron Tyrant” Werner (Voce)
Christian “Iron Incubus” Wachter (Chitarra)
Siggi (Basso)
Patrick “Evil Possessor” Tauch (Batteria)
 
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