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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 5672 letture )
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Conosciuti dagli appassionati grazie al loro secondo e strepitoso album Hard Attack del 1972, un disco di epic heavy metal creato quando né l’uno né l’altro esistevano ancora, i Dust sono una band che in pochissimo tempo e con appena due album all’attivo, rappresenta una delle ghiottonerie più prelibate per chi è in cerca dei pionieri del movimento metal. Innanzitutto, la loro provenienza geografica, dato che la band si è formata a New York, città che alla fine degli anni 60 produceva sicuramente moltissima musica, ma che in ambito di "alto voltaggio" pagava decisamente pegno alla ben più prolifica Gran Bretagna. In secondo luogo, l’assoluta originalità e l’alto livello tecnico del gruppo rappresentano senza dubbio un unicum anche nella nascente corrente statunitense. Il gruppo, formato probabilmente tra il 1968 e il 1969 da Richie Wise (voce e chitarra) con una sezione ritmica formata da due teenagers (Kenny Aaronson al basso e alla chitarra acustica, slide e steel e Marc Bell alla batteria), trovò in Kenny Kerner un manager estremamente coinvolto e partecipe, dato che sarà lui stesso a curare i testi delle canzoni e la produzione dei due album rilasciati nel 1971 e nel 1972.
Il qui presente debutto ci mostra una band ancora grezza e alla ricerca di se stessa, oscillante tra le prevalenti influenze hard e le numerose influenze country, folk, psichedeliche e proto-heavy metal, che troveranno poi la loro piena definizione nel successivo Hard Attack. Qui, le furenti parti di batteria di Marc Bell, vere e proprie dominatrici nel secondo album, sono leggermente più misurate e tipiche di un certo modo di intendere l’hard rock, mutuato senz’altro dall’esperienza inglese. Già riconoscibilissimo invece lo stile roboante e fortemente aggressivo di Aaronson al basso, vero e proprio precursore delle cavalcate alla Steve Harris e qui autore di una prova che ne testimonia il già vivacissimo e splendente talento. In questa prima prova si impone però il più “esperto” Richie Wise, autore di quasi tutte le composizioni, dotato di una voce acuta e molto particolare che ben si amalgama alla base rovente e tellurica offerta dalla sua chitarra e dalla sezione ritmica dei due compagni. Il gusto per l’assolo lungo e fluviale, come per il riffing aggressivo fino quasi al proto-heavy, è degno di menzione ed entrambe faranno presto scuola. Il disco si compone di sette canzoni, per una durata di poco superiore ai trentasei minuti, con la lunghissima From a Dry Camel suite psichedelica e proto-doom a torreggiare con i sui quasi dieci minuti di lunghezza. Il disco si apre all’insegna dell’hard rock venato di blues, già piuttosto sfrontato e arrogante da poter essere definito innovativo: Stone Woman presenta subito il conto con la rutilante e potentissima prestazione di Bell e un riffing hardeggiante che potrebbe ricordare i Grand Funk Railroad, sul quale si innestano le parti in slide e il basso pulsante e presentissimo di Aaronson. Le influenze blues si sentono, ma il linguaggio e le soluzioni ritmiche ci dicono che siamo già in zone ben più aggressive e diverse. Ancora hard rock di spessore con la seguente Chasin’ Ladies, nella quale la sezione ritmica fa il diavolo a quattro e Wise sfrange il tessuto filato dai compagni con due riff durissimi all’altezza del refrain, confezionando un brano che sarebbe piaciuto anche ai fratellini minori della NWOBHM. Fa un effetto abbastanza strano in effetti sentire le linee melodiche del cantato, ancora così tipicamente ancorate alla tradizione psichedelica dei sixties arroccarsi su una base così dura e proiettata verso il futuro, seppure con distorsioni chiaramente ancora non pronte per gli standard heavy; eppure, come non apprezzare anche il validissimo assolo conclusivo? Come tipico di molti pionieri, il richiamo alle radici, quasi a testimoniare un legame col passato che non si vuole rompere del tutto ma solo rinnovare, arriva sotto forma della successiva Goin’ Easy, dall’incedere country blues, che sfocia poi in un giro che più blues non si può. Irresistibile. Ma è tempo di mostrare i muscoli ed ecco puntuale una devastante Love Me Hard, compiutamente hard rock, con un riffing affilatissimo e la voce di Wise a dominare fino allo strepitoso e tesissimo break centrale, nel quale compare anche una sezione acustica, per poi lasciare campo agli scambi tra assolo e parti ritmiche che migliaia di gruppi metal svilupperanno almeno dieci anni dopo questa release (uno su tutti? La sezione finale di Hangar 18, per fare un esempio). Eppure, siamo ancora nella fase ascendente del disco e il vero capolavoro arriva a questo punto, con la citata From a Dry Camel, quasi dieci minuti di pura poesia: doom, stoner, psichedelia, vocals evocative e quasi epic, lunghissime sezioni strumentali con un’alternanza diabolica tra riff cadenzati e furenti accelerazioni, assoli turbinanti e ritmiche tritaossa. Una di quelle canzoni che da sole valgono un album e, in definitiva, un episodio musicalmente fecondissimo e da vero godimento. Dall’altra parte dell’Oceano i Black Sabbath dettavano legge, ma a New York qualcun’altro, seguendo un’ispirazione diversa ma non meno potente e innovativa, stava gettando le basi per il futuro. Dopo tanta splendente grazia, Often Shadows Felt, malinconica e notturna eppure dannatamente intensa, è un ottimo modo per staccare da tanta tensione accumulata e lasciarsi andare ad una seconda parte sognante ed evocativa, che ci porta nuovamente lontano. Il finale, interamente strumentale e composto dal solo Aaronson è di quelli che lasciano il segno: ancora una volta, se pensate che i grandi bassisti hard’n’heavy siano figli solo del decennio successivo, basterebbe questa Loose Goose per lasciare molti a bocca aperta e rivalutare questo immenso musicista.
I Dust sono uno di quei gruppi che dovreste portare nel cuore e Dust è uno di quei dischi che dovreste proprio conoscere, come il suo successore. Non solo per il loro grandissimo valore intrinseco e non solo perché opera di tre musicisti strepitosi; non solo perché testimoniano quanto il passaggio dall’hard all’heavy metal sia iniziato in realtà molto prima di quanto generalmente si pensi, ma anche perché, una volta ascoltato, capito e penetrato, la visione del mondo stesso della musica che molti si sono fatti, ne risulterà arricchita e rinnovata, cambiando la percezione di molti aspetti che si davano erroneamente per scontati. Nel complesso, non siamo al cospetto di un capolavoro, perché la sua oscillazione tra vecchio e nuovo e il valore di alcune composizioni, non sono ancora degne di questo pesante appellativo, che toccherà molto più consapevolmente e rivoluzionariamente al successivo Hard Attack, ma certo c’è di che restare a bocca aperta e godere anche sulla distanza dei tanti ascolti. Se vi state, infine, chiedendo che fine abbiano fatto questi tre pionieri, ebbene: Wise, assieme al fido Kerner, si ritirerà dalla musica suonata per arrangiarsi come compositore e produttore, ottenendo anche qualche discreta soddisfazione economica grazie ai primi due album dei Kiss; Kenny Aaronson diventerà uno dei session men più famosi e apprezzati degli States e suonerà con Stories, Billy Idol, Billy Squier, Bob Dylan, Foghat, Brian Setzer, HSAS, Leslie West, Rick Derringer, Edgar Winter, Joan Jett etc, ottenendo, tra l’altro, il riconoscimento come “miglior bassista” del 1988 dalla rivista Rolling Stone, attualmente è un membro dei New York Dolls; infine, Marc Bell. Lui lo conoscete praticamente tutti. No? Sì, fidatevi. Solo che lo conoscete col suo nome d’Arte: Marky Ramone. Buon ascolto.
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4
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Che band enormeeeee... troppo poco conosciuti |
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3
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Esordio più verso l'hard blues. Buono, ma il capolavoro lo scriveranno dopo 78 |
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2
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Mi era sfuggita questa recensione! Se non fosse stato per l'articolo "l'archivio della zine", credo l'avrei persa. Mi chiedo da tempo come mai le recensioni rientranti nell'archivio non compaiono negli elenchi selezionabili con il menù a tendina sotto la voce "recensioni"... In questo modo sono inevitabilmente destinate all'oblio, a meno che ad un lettore non venga l'idea di fare una ricerca specifica digitando il nome della band o dell'album (difficile, soprattutto per chi non conosce certi artisti e le loro releases). Premesso questo, non posso che rimarcare quanto scritto da Saverio il quale, ancora una volta, confeziona una splendida recensione, approfondita, competente e godibilissima. Chi ascolta metal dovrebbe almeno aver provato ad ascoltare dischi come questo, e nel caso non l'abbia ancora fatto, beh... Approfitti per rimediare!  |
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1
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Una macchina da guerra proto-metal (di casa Grand Funk) con deliziosi importi di psichedelia... Peccato non vengano ricordati spesso. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Stone Woman 2. Chasin’ Ladies 3. Goin’ Easy 4. Love Me Hard 5. From a Dry Camel 6. Often Shadows Felt 7. Loose Goose
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Line Up
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Richie Wise (Voce, Chitarra) Kenny Aaronson (Basso, Chitarra slide, Steel guitar) Marc Bell (Batteria)
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