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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 7094 letture )
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La storia dei Dust è davvero singolare ed interessante: questi tre talentuosi ragazzi, all'epoca poco più che adolescenti, si conoscono alla Erasmus Hall High School di New York City e decidono di formare una band heavy metal (nel 1970 in America i gruppi di questo genere musicale si contavano sulle dita di una mano); dopo l'uscita degli unici due album -l'omonimo Dust del 1971 e appunto Hard Attack dato alle stampe l'anno successivo- il trio si trova comunque vincolato a suonare nei locali solamente durante i weekend a causa degli impegni scolastici, ma nonostante questa limitazione ha l'opportunità di fare da opener a molti spettacoli di rilievo, tra cui alcune date di Alice Cooper, un'occasione davvero incredibile per questi giovani studenti. Se a ciò aggiungiamo che l'estroverso frontman Richie Wise di lì a poco produrrà i primi album dei KISS (all'epoca erano fan dei Dust), che il batterista Marc Bell nel giro di pochi anni si ribattezzerà nientemeno che Marky Ramone -divenendo appunto il drummer dei Ramones- e che Kenny Aaronson intraprenderà una brillantissima carriera che lo porterà a suonare -tra gli altri- con artisti del calibro di Bob Dylan, Billy Idol e Blue Öyster Cult, ecco che il nome della band rimane ancora oggi avvolto da un alone di magia. Fin dai suoi esordi il combo in questione sembra predestinato a imprese grandiose: ai giovani virgulti piace il rock di Jimi Hendrix, Cream, Led Zeppelin e compagnia bella; sono inizialmente evitati dai compagni di scuola e visti affatto di buon occhio dagli insegnanti in quanto "sporchi hippies capelloni", ma non appena il primo album si materializza nelle vetrine dei negozi di Brooklyn e dintorni la situazione cambia radicalmente; ora vengono additati a celebrità dell'istituto e cercati da tutti, prendendosi così una notevole rivincita nei confronti della società perbenista e bacchettona che li circonda.
L'artwork di Hard Attack (un'opera dal titolo Snow Giants) è un "regalo" fatto ai Dust dal notissimo illustratore Frank Frazetta, loro grande fan; non resterà un caso isolato nel campo musicale, dato che il disegnatore -per rimanere al solo ambito rock- creerà copertine per nomi altisonanti quali Molly Hatchet, Yngwie Malmsteen e Nazareth e, in tempi più recenti, la magnifica cover di Wolfmother. Registrato presso i Bell Sound Studios di NY e prodotto dal cantante/chitarrista della band in coppia con Kenny Kerner (che parteciperà anche alla stesura dei testi), l'album in oggetto si apre con Pull Away -dolce arpeggio di chitarra e voce ispirata di Richie Wise- ma è un inizio ingannevole: dopo un attimo di pausa, infatti, So Many Times esplode con tutta la sua irruenza in un drumming forsennato e ci trasporta in un vortice musicale grazie alle incontenibili sfuriate della sei corde, facendoci tornare alla mente le sonorità tipiche dei Jethro Tull e in particolare del contemporaneo (era uscito appena l'anno precedente) Aqualung, pur mantenendo una propria marcata personalità. Atmosfere leggermente più rilassate per la seconda traccia Walk In The Soft Rain dove comunque non mancano di farsi apprezzare alcuni pregevoli riff rock. La prima vera sorpresa si ha con il terzo brano, Thusly Spoken; si tratta di una ballad in piena regola con tanto di archi e pianoforte, pregna del sound tipico del periodo: una song tranquilla che inizialmente potrebbe risultare un po' spiazzante per l'ascoltatore, ma che conquista ascolto dopo ascolto. L'hard rock più duro torna a farla da padrone con la trascinante Learning To Die, un pezzo travolgente in cui spicca la sezione ritmica; oltre alla batteria di Bell è infatti il talentuosissimo bassista Kenny Aaronson a distinguersi per l'ottimo lavoro allo strumento in quella che risulta essere la traccia più lunga del platter. Il lato B del LP si apre con il riff di All In All, brano che si ispira chiaramente ai The Who in ogni nota che lo compone: la canzone appare più allegra e spensierata rispetto alle precedenti, anche grazie ai cori che potremmo definire piuttosto catchy; a seguire I Been Thinkin' e quindi la strumentale Ivory che con il suo potentissimo martellare carica ulteriormente il già di per sé soddisfatto rocker che abbia avuto il buongusto di mettersi all'ascolto dell'album. La seconda sorpresa di Hard Attack è rappresentata da How Many Horses, song dal sapore country che ben si adatta ad introdurre la conclusiva Suicide (a mio parere uno dei migliori brani del lotto). Qui troviamo di tutto: l'epicità della batteria, la potenza delle chitarre e un lunghissimo, sublime assolo di basso distorto del grandioso Aaronson che ancora oggi stupisce per la sua bellezza; così com'era iniziato, le ultime note sono affidate alla chitarra acustica di Wise che con Entrance cala il sipario su questo incredibile platter.
Hard Attack è un ottimo disco di heavy metal "primitivo", carico di fascino e ruvida classe, e ricco di sonorità pionieristiche per l'epoca. Nel corso degli anni è stato giustamente elevato allo status di cult (quasi di mito, si potrebbe dire), pezzo raro e assai ricercato nell'ambiente metallaro e non solo; chiunque ami la buona musica una volta ascoltatolo ne rimarrà estasiato. Stupisce che sia stato eseguito da elementi così giovani e dotati di genuino talento, questo fatto ne aumenta ancor più il valore. In una parola: storico.
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15
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Ennesima prova che la gente dovrebbe usare dita e cervello per votare, non il culo |
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14
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Voto lettori ridicolo! Facciamo salire questa media! |
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13
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interessanti . artwork molto Nordico e Viking . |
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12
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Grande album che anticipa sicuramente sia l'Epic Metal che lo US Power Metal. Certo il sound oggi suona datato. ma "Hard Attack" è invecchiato benissimo. |
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11
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Molto godibile anche se il sound è estremamente datato. Un album da avere comunque in collezione. |
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10
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Voto 90 Pull Away/So Many Times; Walk In The Soft Rain: l'epic metal nasce qui. Gruppo straordinario, per certi versi simili ai Warlord del debutto. Emozioni allo stato puro; classe immensa. Una riflessione: posto che ho letto solo commenti entusiasti, i 25/27 utenti circa che hanno portato il voto medio all'insufficienza hanno fatto per lo meno finta di ascoltare l'album? |
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9
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Ottima idea segnalarli, non li conoscevo e me li sto ascoltando un sacco sti giorni. Review pure ottima. |
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8
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EhEh! sei un grande, l'album dei T2 di cui parli nè ho sempre sentito parlare bene, ma non lo conosco, devo rimediare anch'io. PS: anche i Baker Gurvitz Army sono progressivi in qualche modo, poi c'è l'opener 'Help Me' ( voci alla ozzy epoca 'Sabbath Bloody Sabbath') che è una canzone da Nightcomer per davvero. Ci risentiamo presto. Intanto grazie a Matocc per aver ripescato questo gioiello |
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7
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Tra l'altro, nei Gun ha suonato il mitico batterista Pete Dunton, del quale adoro l'album "It'll All Work Out In Boomland", uscito nel 1972 a nome T2 (è uno dei miei gruppi preferiti del genere prog). |
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6
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Ciao Fabio, ogni volta mi stupisco per le grandi conoscenze che dimostri di avere... Dei Gun ho un album a casa, datato 1968, ma il lavoro del 1974 a cui ti riferisci non lo conosco; rimedierò quanto prima!  |
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5
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Ciao Nightcomer, sempre ottimi i tuoi interventi. A proposito di cover simili, e non distanti nel tempo dai Dust, ci sono anche i Baker Gurvitz Army ( strepitoso il debutto del '74 ) dove militavano appunto i fratelli Paul e Adrian Gurvitz ( fondatori dei Gun ) e Sua Maestà Ginger Baker. |
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4
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Che bella sorpresa trovare questa ottima recensione, doveroso tributo ad una grande band! Complimenti a Matocc. Inoltre, fa sempre piacere leggere commenti come quelli che sono stati lasciati, visto il loro livello (è come se fossero un'estensione della recensione stessa). Speriamo che le nuove generazioni di ascoltatori, grazie a questi contributi, si appassionino alle origini della musica che seguono attualmente! Altra cosa: imho è stupendo l'artwork della label, contraddistinto dall'inconfondibile stile di Frazetta. In passato rimiravo spesso le copertine dei dischi raffiguranti le sue opere (Molly Hatchet in primis). |
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3
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Gran bella recensione, il 72/73 lancia definitivamente in orbita l'hard americano di cui 'Hard Attack' non lesina di certo in 'basici attributi'; siamo appena all'inizio di un grande viaggio. Lizard e Matocc puntano sullo straordinario talento di Mr. Aaroson, di cui vorrei ricordare il suo contributo alla causa anche con 'Through The Fire', scorribanda in compagnia di Hagar, Schon e Shrieve, e nei Silver Condor del fantastico vocalist Joe Cerisano ( anche lui special guest con i B.O.C.) e di Steve Plunkett, poi negli Autograph. Intrecci su intrecci, per un'unica grande storia |
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2
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Marky Ramone/Bell ha suonato a CT a Dicembre, ma non sono potuto andare  |
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1
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Ecco che i Dust approdano su Metallized!! Band leggendaria, esatto! Disco leggendario, esatto!!!! Sono quasi incredibili la veemenza e l'epicità contenute in questo album, con un Aaronson al basso che getta le basi per le tipiche cavalcate alla Steve Harris, un Mark Bell tuonante ed iperattivo dietro alla batteria che anticipa tutto il movimento epic metal e la bellissima voce/chitarra di Richie Wise a declamare canzoni che a quarant'anni di distanza mantengono tutto il loro impatto devastante e la loro bellezza melodica. Da avere, assolutamente. Tra l'altro anche il primo, leggermente più blues e psichedelico è un grande album! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Pull Away/So Many Times 2. Walk In The Soft Rain 3. Thusly Spoken 4. Learning To Die 5. All In All 6. I Been Thinkin' 7. Ivory 8. How Many Horses 9. Suicide 10. Entrance
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Line Up
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Richie Wise (Voce, Chitarra Elettrica e Acustica) Kenny Aaronson (Basso, Steel, Dobro e Bottleneck Guitar) Marc Bell (Batteria) Musicisti Ospiti Fred Singer (Piano, Organo) Larry Wilcox (Arrangiamento Archi)
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