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27/04/25
THE LUMINEERS
UNIPOL FORUM, VIA GIUSEPPE DI VITTORIO 6 - ASSAGO (MI)
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Se l’intera scena Death Metal internazionale ha un giusto occhio di riguardo per l’emergente realtà italiana, d’altro canto le band nostrane sono all’altezza delle aspettative. Ma gli Ade, con questo Spartacus, hanno davvero superato ogni previsione. Sull’onda del Technical Death Metal tricolore di Hour of Penance e Fleshgod Apocalypse, per nulla scevro di epicità e melodia palpitanti nell’intreccio di brutalità e affondo tecnico, i romani Ade tentano un approccio originale e riuscitissimo al genere, mescolando a un Death Metal compatto e articolato melodie etniche (con l’ausilio di strumenti quali flauti, cetra, oud e darbouka) e atmosfere inedite, che richiamano il concept di Spartacus, interamente incentrato su avvenimenti storici dell’Antica Roma; qualcosa di molto simile a quanto fatto dai celeberrimi Nile e le loro melodie egizie, come hanno suggerito molti nell’udire la componente etnica e i cori assumere un ruolo così considerevole nel songwriting dei Nostri, e il paragone sembra essere ancora più azzeccato considerando che dietro le pelli su questo album siede nondimeno del monumentale George Kollias, disumano batterista degli stessi Nile. Invero però gli Ade conducono la ricerca musicale di Spartacus verso ben altri lidi rispetto al gruppo statunitense ai quali sono stati più volte accostati al momento di questa pubblicazione, trovando il compimento musicale nella formula complessiva dell’album.
Infatti Spartacus riesce ancor più prepotentemente ad amalgamare le atmosfere etniche ed epiche alla brutalità del loro approccio musicale, grazie a una non trascurabile flessibilità compositiva ed esecutiva, che permette di sposare adeguatamente il riffing e la batteria alle permeanti melodie. Non si tratta infatti di rari inserti strumentali, ma di un continuo intrecciarsi di aggressività e melodia, senza sacrificare la furia che questi Ade hanno in corpo e senza mai al contempo banalizzare la personalità del loro approccio al Death Metal. Un flessibilità, come dicevo, che si manifesta in una varietà interessante di tempi e di riff, da veri e propri muri ritmici, infallibilmente supportati dal rullante di Kollias, qui più che mai veloce, a ritmiche articolate, che sfruttano melodia e tecnica (di certo gli Ade non ne sono privi); non mancano poi affatto mid-tempo e riff che lasciano respirare l’architettura chitarristica, che non è mai affannosamente serrata, bensì ben soppesata nelle sue parti: velocità, pesantezza, melodia, atmosfera, tecnica, nonché la componente etnica, che gioca un ruolo chiave lungo l’intera durata dell’album. Non vi aspettate che Spartacus sfoci banalmente in un insipida esibizione di tecnica e di velocità su un tappeto batteristico monotono e disumanamente lanciato; gli Ade non sono affatto una pallida imitazione dello standard Tech Death, ma misurano adeguatamente gli ingredienti alla base di Spartacus, per cui né velocità né melodia vengono a mancare, ma nemmeno saturano i pezzi. A coronamento di ciò, la voce di Flavio rappresenta un ulteriore punto di consolidamento della brillante opera degli Ade, stabilizzandosi su un ruggito graffiante di tonalità media, ossia lontana dalla gutturalità, quindi ben scandita e comprensibile, così come distante da uno scream alto, che poco si adatterebbe allo stile musicale; una simile scelta vocale è invece efficace e potente, in grado di rendere giustizia a linee vocali articolate sia nella melodia che nell’incisività, eppure piuttosto facilmente memorizzabili, in favore dell’assimilabilità del disco. Ma sono davvero le chitarre di Messor e Fabio a spadroneggiare su questo disco grazie a una quantità impressionante di ottimi riff, articolati, ben strutturati e adeguatamente pensati nell’insieme del pezzo, in favore di quell’equilibrio compositivo di cui parlavo in precedenza. La sezione solistica non si ritaglia certo uno spazio di protagonismo vero e proprio, ma piuttosto i lead chitarristici per così dire isolati sono pochi, mentre la tecnica chitarristica è omogeneamente sfruttata lungo l’intera composizione. Se l’opener Betrayer From Thrace spiazza subito per la brutalità dell’insieme e per il riffing alla Nile o Hour of Penance, accoppiato con blast beat prorompenti, le successive Sanguine Pluit in Arena e The Endless Runaway dimostrano la capacità di mantenere tangibile la tensione musicale anche a velocità più contenute, sprigionando una epicità permeante, che ricorda decisamente l’approccio musicale dei Behemoth. Come non citare i devastanti riff e breakdown in stile Decapitated dell’impressionante Duelling The Shadow of Spartacus, che è al contempo uno dei più evidenti esempi di commistione con la melodia di liuti e flauti, mentre Mars Unpredictable Favour contrappone alla compattezza ritmica interi momenti di calma ed evocatività. Decimate the Coward è decisamente uno dei pezzi più aggressivi, Kollias si sbizzarrisce nei sui fill impressionanti e la ben oliata macchina degli Ade procede senza pietà, così come per tutto il resto dell’album, fino alla brillante chiusura con For Everything to Be the Same. Dunque, brutalità e velocità, ma anche flessibilità e un gusto nella sperimentazione atmosferica che sicuramente renderà questo ascolto degno di memoria per ogni amante di un Death Metal dinamico, potente e d’impatto su tutti i fronti, non solo su quello della brutalità.
In conclusione resta poco da dire, l’amalgama dell’album mostra una maturità e una personalità notevoli e ogni elemento fa la sua parte per rendere questo disco così solido: un lavoro chitarristico davvero ottimo, integrato con omogeneità quasi inscalfibile con l’intreccio atmosferico e i richiami etnici e musicologici del plotter romano di Spartacus e supportato da un drumming che si fa sentire e rende giustizia alla brutalità del disco, così come alla sua ricchezza di particolari. Insomma, un ascolto che non vi potete decisamente perdere.
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Rimesso su ieri dopo aver preso la copia originale al concerto. Ottimo album anche questo, sopra la media secondo me...Produzione potente e pulita che rende giustizia. La penso come Undercover che in Italia batteristi bravissimi non mancano di certo, pero' ad onor del vero Kollias qui e' un bel valore aggiunto. Maiuscola la sua prova ( anche se il nuovo batterista e' un bel mostriciattolo pure lui)...Effettivamente la parte solistica poteva essere incrementata, ma fortunatamente compensano con le atmosfere e i piccoli intermezzi etnici. Voto un bell' 8! |
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Di certo il gruppo con questo album è cresciuta, maturata, e la produzione (la pecca del primo album) è migliorata sensibilmente, però non so... il primo coinvolge appieno dalla prima all' ultima canzone, è atmosferico, epico. In Spartacus hanno un pò accantonato queste peculiarità a favore di un approccio più violento e brutale. Inizialmente prende di brutto, vero, ma col perdurare negli ascolti prende piede anche una sensazione di stanchezza, di incompiutezza: forse troppa violenza a scapito della componente epica. Resta un disco di valore, capace di rivaleggiare con la concorrenza internazionale, ma preferisco ancora il primo. 75 |
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Toni sarcastici a parte, rileggi anche te il messaggio che ho scritto visto che ho detto altra cosa e non c'è bisogno di conoscere a memoria il panorama mondiale, i siti di riferimento e le testate mica sono sessantamila, alla fine della fiera sono sempre i soliti quattro che tirano il carro o pensi seriamente che una recensione di Metalhammer possa avere la stessa risonanza (e parlo di risonanza non di qualità o ricchezza di contenuto) di una scritta su un blog come Autothrall. @Dico come semplici, e infatti ho scritto che ogni gruppo si merita il giusto in base a come suona.. Se fanno schifo avranno la loro, se sono come Ufomammut o Black Rainbow o altri dello stesso livello avranno altri riconoscimenti... Parli di un'oggettività di fatto che non esiste, le recensioni sono indicatorie, non verità assolute tant'è che anche gli ultimi Ufomammut un paio di sufficienze le han prese per l'ultimo lavoro, cosa che anche uno privo d'udito riterebbe bestemmia. |
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@Undercover: Carissimo ma leggi bene quello che scrivo.. Io a differenza di molti non ho la presunzione di conoscere a memoria il mondo estero.. Dico come semplici, e infatti ho scritto che ogni gruppo si merita il giusto in base a come suona.. Se fanno schifo avranno la loro, se sono come Ufomammut o Black Rainbow o altri dello stesso livello avranno altri riconoscimenti... |
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@Greatest_Tiz non so quali canali esteri tu segua, ma non è proprio come dici, a parte i soliti "che c'hanno l'amico", le band italiane a parte veri fenomeni prendono mazzate a valanga soprattutto dalle 'zine tedesche e scandinave, mentre per quanto riguarda quelle di settore americane meglio stendere un velo pietoso che i 9 e 10 li mettono neanche fossero i buongiorno al mattino a chiunque. Detto questo, dico la mia sul disco. Gli Ade sono un'ottima realtà e "Spartacus" è un buon disco, come nel primo però non mi aveva convinto a pieno la produzione, in questo sembra ci siano dei momenti di vuoto dovuti alla troppa violenza e al poco respiro che invece si poteva godere nel precedente proprio grazie al filtrare delle sezioni di stampo etnico chiamate in causa da Kriegsphilosophie. Altra cosa che non capisco é: ma mancano i batteristi validi in Italia? Kollias è un mostro, tuttavia c'era davvero bisogno di lui? Quest'ultimo punto però non incide sulla mia personale valutazione che si attesta intorno al 75. |
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Io invece la penso in maniera totalmente contraria a Radamanthis.. All'estero gli danno il giusto spazio, ne troppo ne troppo poco, in base poi alla qualità del gruppo in questione ovviamente. In Italia invece: TUTTI fenomeni... |
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Bel disco, anche se a me non ha convinto appieno, non tanto per sue colpe ma perché questo stile non mi è congegnale. E basta con sti discorsi del voto, leggetevi la recensione e lasciate che chi le scriva lavori in santa pace; tanto, in caso di giudizio positivo si è campanilisti, in caso contrario si è esterofili. |
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18
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il pezzo "six thousend crosses" è magnifico...anche se credo che magnifico non basti.. |
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Non lo so, non mi ha ancora convinto appieno, ora come ora sarei sul 70/75, ho preferito (e di molto) il primo. |
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@addo: a me sembra il contrario: le band italiane vengono spesso acclamate di più all'estero che qui da noi! (Purtroppo) |
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io volevo solo dire che (secondo me, sia chiaro) quando si giudicano band italiane si è un pò troppo di parte, poi auguro a loro tutto il successo possibile |
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10
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Addo@ voti gonfiati!?!? Magari!!!! Ci sarebbe più gente a comprare gruppi nostrani, stai sicuro, considerando che le persone sono molto influenzabili! Non è questo il caso di Metallized ma per la stragrande maggioranza delle riviste ed e-zines semmai è proprio il contrario! |
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Certo, poi quando bocciamo i gruppi italiani ci dicono che se erano stranieri avremmo gridato al capolavoro. Soliti discorsi triti e ritriti. |
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8
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come succede per quasi tutti gli album di band italiane, voto gonfiato di almeno 15 punti!!! |
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Onore agli Ade. Spero di vederli dal vivo magari con gli HoP. |
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Cazzo, dopo la recensione ordino immediatamente il disco! Sono veramente curioso! Appena lo prendo e lo ascolto torno a commentare! |
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Concordo,un buon album ,ma secondo i miei gusti avrei preferito più innesti,ovviamente ben amalgamati,con strumenti antichi,così da rendere il disco e la band più personale,quì si ,suonano bene è c'è molta energia,però come tanti altri ottimi gruppi di death metal tecnico e brutale.....75! |
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4
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Secondo me è molto buono, ed è anche leggermente diverso dal precedente che per ora rimane il mio preferito tra i 2. Il primo aveva più sezioni di musiche etniche, mentre questo è sicuramente più violento (ma ho come l'impressione che sia fatto apposta, proprio per rendere meglio l'atmosfera del concept). La personalità non gli manca, e spero vadano avanti tirando fuori un album con delle atmosfere ancora più riuscite in futuro. Per me è 75, avanti così. |
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3
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E li dovreste vedere dal vivo... che botta!!! |
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Non molto spesso esco dal mio mondo black metal/avant-garde, e di certo il death non è il mio genere preferito...eppure sono incredibilmente felice di essermi imbattuto in questo cd. Un' altra grandissima realtà italiana. |
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Mammamia che botta prepotente sto disco, disco dell'anno? Giudicherò tra qualche altro ascolto, ma per ora sono entusiasta  |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Betrayer From Thrace 2. Sanguine Pluit In Arena 3. The Endless Runaway 4. Cruxius Flags of Dishonor 5. Duelling the Shadows of Spartacus 6. Mars Unpredictable Favour 7. Decimate the Coward 8. Six Thousand Crosses 9. Divinitus Victor 10. For Everything to Be the Same…
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Line Up
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Flavio (Voce) Fabio (Chitarra) Massor (Chitarra) Caligvla (Basso) George Kollias (Batteria) Simone (Flauti, Cetra, Oud, Darbouka, Diambe)
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