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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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( 3397 letture )
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Forse non tra le band estreme più conosciute e nemmeno tra le più celebrate, gli inglesi Akercocke si sono scavati con gli anni un posto di rilievo tra gli amanti delle sonorità più brutali eppure raffinate, portando avanti una proposta tanto eclettica e proteiforme quanto intransigente, non solo dal punto di vista musicale. Se infatti da un lato il quartetto ama farsi ritrarre in abiti eleganti (indossati anche nelle esibizioni dal vivo), fumando sigari e sorseggiando pregiati liquori, dall'altro non ha mai fatto mistero del proprio credo, radicato tanto fortemente nel satanismo e nell'occultismo da intitolare Choronzon il terzo album, col nome del demone che secondo il credo Thelema è guardiano e giudice dell'abisso, un perverso Minosse dantesco. Pur avendo già dimostrato le proprie peculiarità nell'esordio Rape Of The Bastard Nazarene e nel successore The Goat Of Mendes, solo con il terzo disco i quattro gentlemen d'oltremanica riescono a dare una forma più convincente alla propria scultura, fluidificando il songwriting e sgrezzando quegli aspetti di produzione che rendevano più ostici i precedenti capitoli, mantenendo comunque la guida di Martin Bonsoir dei Goat Of Mendes Studios in fase di registrazione.
Un sample tratto dalla puntata “Guardian Of The Abyss” del telefilm Hammer House Of Horror apre il platter: si ode il suono spettrale di un organo accompagnato da canti celebrativi, che culminano nell'urlo disumano di una fanciulla accoltellata, agnello immolato durante un vero e proprio rituale occulto mirato all'evocazione del demone rappresentato dal numero 333. Una rullata di batteria dà fuoco alle polveri virando in un blast-beat, seguito dal feroce ingresso delle asce; il grido al vetriolo di Jason Mendonça raschia i timpani, mettendo subito sul tavolo le armi degli albionici con Praise The Name Of Satan. Quando l'esito dell'agguato sembra inesorabile, sorprendentemente gli Akercocke sfoggiano una vena melodica che mostra una grande cura anche nella scelta dei fraseggi, arpeggiando linee sinistre sulle sei corde. Proseguendo nell'ascolto, si scopre che l'imprevedibilità è una caratteristica essenziale della band, accompagnata da una sorprendente vena compositiva, che accosta in modo caleidoscopico le componenti più particolari nel processo di songwriting. Scorrendo la tracklist, si passa con estrema facilità dai riff che non stonerebbero in contesto brutal di Enraptured By Evil e Becoming The Adversary ai passaggi tecnici mutuati dal progressive di Leviathan, che a tratti riesce ad evocare la mano dei Cynic; si alternano le sezioni dissonanti e fast-picking di matrice black (vedasi Bathykolpian Avatar) a brani più thrashy (Scapegoat) e ad altri di maggior apertura atmosferica (Valley Of The Crucified). Non ancora del tutto soddisfatti del risultato, gli Akercocke ricorrono talvolta all'inserimento di elementi sinfonici, negli intermezzi Prince Of The North e Choronzon o nella conclusiva Goddess Flesh, ed infine non disdegnando nemmeno l'uso dell'elettronica, come in Son of the Morning. Mentre tutti i musicisti strutturano partiture poliedriche e danno vita ad illusioni cangianti pescando dall'ampio calderone dell'estremo, le linee vocali di Jason Mendonça rincarano la dose di imprevedibilità, passando da un growl che sembra uscire dalle viscere della terra ad un acido scream, mefitica nube che rende irrespirabile l'aria, utilizzando inoltre nebbiformi registri puliti e sfoderando una certa interpretazione nei passi in cui c'è il parlato, non mancano neppure episodi in cui le vocals filtrate in reverse sembrano echi remoti di un'altra dimensione popolata da orrori inimmaginabili.
Dare una definizione univoca che rappresenti questo tipo di proposta è quantomeno arduo, perché la band di David Gray (autore di tutte le liriche, chi desiderasse approfondirne le tematiche, può trovare un'utile guida all'argomento in questo articolo) e soci sembra voler sfuggire a tutti i costi alle etichette, esattamente come il guardiano degli abissi si mostrò in sembianze equivoche quando evocato da Aleister Crowley, ma al tempo stesso riesce a creare un'ambientazione schizofrenica e truculenta che si sposa alla perfezione con i temi delle liriche. In definitiva, gli Akercocke con Choronzon non riscrivono il paradigma del genere estremo, ma riescono nell'impresa di trovare un punto d'incontro tra filoni molto diversi, coniugando tutte le influenze in una miscela unica e sorprendente, abbinando raffinatezza e crudeltà come mai prima era stato fatto. Un ascolto consigliato a chi non si accontenta della sola incontrollata brutalità e cerca l'effetto sorpresa.
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4
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Album incredibile. Difficile anzi inutile definire il genere musicale. Estremo e violento, mai confusionario, presenta con semplicità soluzioni ricercate, melodie e dissonanze. Mi ha ricordato dischi come To Mega Therion, non legati a un genere particolare ma solo alla ricerca di atmosfere demoniache. Qui rispetto al capolavoro dei Celtic Frost tutto è però più semplice, e per questo più spaventoso. |
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3
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un ottimo album, splendido sotto molteplici sfumature, bravo giò per questa riscoperta e ottima la tua descrizione, voto giusto!!! |
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2
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Da non dimenticare il bellissimo "Words That Go Unspoken...". Comunque, non credo che torneranno "presto a farsi sentire" visto che si sono sciolti, purtroppo!! L'ennesima band di valore che nasce e muore in silenzio, senza che nessuno se ne accorga... |
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1
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Band poco nota ma dall'approccio estremamente affascinante. Questo è verosimilmente il loro miglior lavoro assieme ad Antichrist, speriamo che tornino presto a farsi sentire! |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Praise the Name of Satan 2. Prince of the North 3. Leviathan 4. Enraptured by Evil 5. Choronzon 6. Valley of the Crucified 7. Bathykolpian Avatar 8. Upon Coriaceous Wings 9. Scapegoat 10. Son of the Morning 11. Becoming the Adversary 12. Goddess Flesh
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Line Up
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Jason Mendonça (Voce, Chitarre) Paul Scanlan (Chitarre) Peter Theobalds (Basso) David Gray (Batteria)
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