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26/04/24
ELECTRIC VALLEY RECORDS FEST
BLOOM, VIA EUGENIO CURIEL 39 - MEZZAGO (MB)
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13/06/2021
( 1401 letture )
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Ci si aspettava un solo disco, AVOW. Ci si aspettava un solo disco e invece i mostruosi Portal hanno spiazzato tutti pubblicando in concomitanza col primo anche questo Hagbulbia. Una mossa imprevista, che ha sorpreso gli ascoltatori ed ha donato loro un totale di circa ottanta minuti di profondissima, incomprensibile oscurità. In questa sede ci occuperemo solo del disco “taciuto”, quello che, a conti fatti, risulta essere il più innovativo rispetto al percorso che, da due decenni ormai, la band australiana ha intrapreso.
Dimentichiamoci il terrificante death metal labirintico ed irrazionale. In Hagbulbia esso sopravvive solo come embrione di un’oscurità che evolve in tutt’altra direzione -ma non così distante, in fondo, da quella canonica. I cinque brani che articolano questi trentotto minuti di rumore, caos e terrore assumono i connotati di una entità ambient/noise/drone costruita con brandelli di stilemi death metal: abbiamo i tappeti di chitarre e bassi iper-distorti, abbiamo il growl metafisico di The Curator, abbiamo qualche accenno batteristico (nella seconda parte di Stow, ad esempio). Cionondimeno, risulta impossibile o quantomeno erroneo ricondurre quest’opera a coordinate death/black metal. È viscerale, la musica di Hagbulbia. In essa scorre sangue nero come l’abisso, sospinto da battiti di inguaribile nichilismo. In Of Straw and Cloth gli impulsi industrial sembrano simulare disumani battiti cardiaci che pompano caos e cacofonia in un corpo caotico e cacofonico di per sé, cadavere musicale ormai già da lungo tempo decomposto. Tutto ciò che concorre a generare questo oblio del Bello risulta egregiamente amalgamato e prodotto da un minuzioso labor limae in negativo: anziché andare ad erodere ed eliminare quanto di storto, fastidioso ed anti-estetico potrebbe esser rimasto nelle composizioni, i Portal, coerentemente con la propria poetica, estirpano ogni traccia, pure la più piccola, di melodia. Estremizzano l’estremo. Anche laddove sembra esserci un ritorno ai classici stilemi della band, come in Hexodeus, essi risultano abbandonati come in un deserto di orrore, per poi essere nuovamente inghiottiti nell’abisso senza forma del noise. Hagbulbia è un flusso che risulta penalizzato dalla sua razionalizzazione e dalla suddivisione in tracce. Esso è un flusso continuo che non vorrebbe essere interrotto. Esso è anzi IL flusso, quello che ha condannato l’umanità alla perdizione. Esso è il flusso di ogni male che infetta il mondo a seguito dell’apertura del mitologico Vaso di Pandora. E come nella leggenda esso viene richiuso, lasciando sul fondo la speranza, allo steeso modo l’album si conclude all’improvviso. L’ascoltatore è così abbandonato alla disperazione, alla perversione, al delirio: Hexodeus si interrompe lasciando parlare il silenzio che fa seguito al termine del disco. Un silenzio straniante ed alieno al corpus musicale di Hagbulbia che tuttavia ne diviene parte integrante ex post. Siamo davanti all’esasperazione di un’estetica già originariamente esasperata, cacofonizzazione della cacofonia. La materica violenza che da sempre anima la musica dei Portal evapora, lasciando ora solo uno spettro: come scrive la stessa Profound Lore Records, Hagbulbia è il compagno paranormale di AVOW. Laddove prima la coppia Horror Illogium-Aphotic Mote costruivano riff deformi, ora le loro sei corde risultano sciolte in un miasma di distorsioni prive di una struttura solida, oceano di rumori e stridori metallici.
L’orrore senza forma che anima questo disco taciuto lascerà interdetti molti ascoltatori, anche coloro che seguono ed apprezzano le imprese della band australiana. E che piaccia o meno, Hagbulbia è il disco di cui non si sentiva il bisogno ma del quale la band aveva necessità, onde evitare di scadere nella ripetizione.
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1
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A me che non apprezzo particolarmente le uscite precedenti dei Portal - pur riconoscendone le potenzialità - questo disco è piaciuto.
Adoro il noise e qui è declinato in maniera anche piuttosto leggerina per i miei ascolti abituali in quel campo. Avrei tolto la voce, che trovo in qualche punto "inadeguata" al contesto.
Comunque rimane un album "normalissimo" a mio parere e su questa falsa riga c'è di meglio. Bella come sempre l'analisi di Federico, forse io sarei stato anche un pelo più basso col voto. Interessante poi - anche se la band stessa ha smentito questo scopo - l'ascolto contemporaneo dei due dischi (questo e AVOW), per un'esperienza ancor più immersiva ed strema. |
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INFORMAZIONI |
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Tracklist
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1. Stow 2. Of Straw and Cloth 3. Grail 4. Weptune 5. Hexodeus
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Line Up
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The Curator (Voce) Horror Illogium (Chitarra) Aphotic Mote (Chitarra) Omenous Fugue (Basso) Ignis Fatuus (Batteria)
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