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Bob Dylan - John Wesley Harding
( 4007 letture )
Non è facile affrontare e recensire un disco di Bob Dylan. Il cantautore americano, dopo una carriera lunga una vita e tuttora in attività, si è giustamente guadagnato il titolo di leggenda del rock; rock considerato stile di vita e genere che abbraccia tutte le sfaccettature, avendo vissuto l’alba della nostra amata musica dagli anni 60 ad oggi ed essendo stato fonte ispiratrice per centinaia di migliaia di band ed artisti, oltre che colonna sonora di varie generazioni. Se però è vero che quasi chiunque su questa Terra abbia ascoltato e canticchiato almeno una volta qualche brano di Bob Dylan, è altresì vero che la sua musica non è di così facile assimilazione, soprattutto in confronto alla musica moderna, rock, pop o folk che si voglia, lontana dal mainstream, dalle melodie e dai ritornelli facili, profondamente introspettiva ed assente della componente tecnica come intesa ai giorni d’oggi.

John Wesley Harding è un album di transizione, un ritorno a sonorità acustiche tipicamente folk dopo alcuni dischi elettrici per l’epoca moderni, tra cui il capolavoro Blonde on Blonde. Il ritorno alle origini acustiche, ad un sound più intimista pare sia da ricondurre ad un episodio della vita del cantautore: il 29 luglio del 1966 fu coinvolto in un gravissimo incidente stradale a bordo della sua motocicletta e ci mise diversi mesi per ristabilirsi. Anche per le sessioni di composizione e registrazione impiegò molto più tempo del solito, il tutto avvenne negli studi privati presso la sua abitazione a Woodstock e come solito Bob Dylan si occupò della maggior parte degli strumenti, fra cui quelli dominanti sono la chitarra acustica e la fisarmonica.
John Wesley Harding era un fuorilegge del vecchio west, figura leggendaria ma realmente esistito, deceduto nel 1895 all’età di 43 anni, ed i brani del disco, pur senza essere un vero e proprio concept album, parlano dell’emblematico personaggio Harding, di fuorilegge, di religione, del bene e del male, accompagnati da una musica in cui è necessario immergersi totalmente per godere e comprendere l’album come si deve.
Tra i brani spiccano sicuramente le famosissime I Dreamed I Saw St. Augustine, All Along the Watchtower, che Jimi Hendrix coverizzerà l’anno successivo, The Ballad of Frankie Lee and Judas Priest, dal testo visionario e quasi sermonico (ispirazione fra l’altro per la leggendaria band heavy metal inglese) e la ballata conclusiva I'll Be Your Baby Tonight.
Un disco di storie, ballate, racconti e confessioni, che trova nelle liriche e nella voce di Dylan il proprio senso, la musica e gli strumenti sono solo un contorno, un disco che può fare da sottofondo ma necessita di entrare nelle parole dell’autore, di immergersi negli stati d’animo che evoca e vuole trasmettere. Ad onor del vero sono presenti anche brani più deboli e dimenticabili, che pesano sul giudizio globale dell’album ma che poco cambiano per le sorti di un personaggio come Bob Dylan che era già una star e diverrà leggenda.

L’album ottenne un gran successo, le recensioni furono positive nonostante qualche critica per il cambio di rotta stilistico, raggiunse la seconda posizione negli Stati Uniti ed il numero uno nella classifica inglese; il successo fu anche trainato dal fatto che John Wesley Harding segnava il ritorno sulle scene dell’artista dopo uno stop forzato dovuto all’incidente, e nonostante la scelta dell’artista di non effettuare una grossa campagna pubblicitaria l’album si guadagno il disco d’oro in pochissimo tempo, a dimostrazione di quanto Bob Dylan fosse amato (e lo è tuttora) da una sterminata schiera di fans in patria ed in Europa.
Un disco particolare, da non etichettare come i capolavori del cantautore americano ma sicuramente degno di attenzione.



VOTO RECENSORE
70
VOTO LETTORI
80.14 su 14 voti [ VOTA]
Fabio Rasta
Martedì 1 Ottobre 2019, 9.46.55
3
Questo LP contiene All Along The Watchtower, che da sola vale intere discografie di certi gruppi (chi non conosce la versione Hendrixiana), e una canzone che darà i natali nientemeno che ai nostri amati Metal Gods, ossia i PRETI DI GIUDA. /// Mauro Paietta si vede che sei un metallaro "a oltranza": la fisarmonica è quella di Raul Casadei. Quella di DYLAN è l'armonica a bocca. Scusa l'appunto ma fisarmonica nunsepovvede'. Un saluto!
Radamanthis
Mercoledì 8 Gennaio 2014, 15.55.35
2
Azz Mauro...ti sei cimentato con Bob Dylan!!!??? Chissà che strazio x le tue orecchie heavy metal! ...io non ci sarei riuscito, onore a te!
hm is the law
Lunedì 30 Dicembre 2013, 13.32.29
1
Le ultime due righe della recensione racchiudono bene il senso di questo buon disco
INFORMAZIONI
1967
Columbia Records
Folk Rock
Tracklist
1. John Wesley Harding
2. As I Went Out One Morning
3. I Dreamed I Saw St. Augustine
4. All Along the Watchtower
5. The Ballad of Frankie Lee and Judas Priest
6. Drifter's Escape
7. Dear Landlord
8. I Am a Lonesome Hobo
9. I Pity the Poor Immigrant
10. The Wicked Messenger
11. Down Along the Cove
12. I'll Be Your Baby Tonight
Line Up
Bob Dylan (Voce, Chitarra, Armonica, Pianoforte, Tastiere)
Pete Drake (Chitarra)
Charlie McCoy (Basso)
Kenneth A. Buttrey (Batteria)
 
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