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27/04/25
HEILUNG
TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI - MILANO
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BLIND GUARDIAN - # 1 - La biografia
07/09/2012 (6347 letture)
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Il clangore delle spade echeggia nel bosco, la battaglia impazza sotto un rosso tramonto, truppe a cavallo marciano nelle lande fantastiche, ai piedi di poderosi manieri, mentre negli antichi borghi paesani la vita scorre come ogni altro giorno: il sudore nei campi, i bambini che giocano attorno al pozzo, i menestrelli che intrattengono i popolani attorno ai focolari sotto le stelle. È in uno scenario del genere che potremmo collocare idealmente la meravigliosa eredità musicale dei leggendari Blind Guardian, tedeschi di Krefeld, nell’antica regione della Renania Settentrionale-Vestfalia. Icone dello speed-power metal teutonico, tanto devastanti nell’avanzata frontale a folle velocità quanto sopraffini nell’intessitura di pregevoli melodie medievali, i Blind Guardian hanno attinto a piene mani dal genere potente e veloce plasmato dai primissimi Helloween, prima rendendolo ancora più terremotante ed epico, quindi portandolo ad un successivo livello di eccellenza tecnica e reminiscenze melodiche dai tratti medievali, infine introducendo sottili nervature sinfoniche, nell’arco di una carriera longeva e ricca di masterpieces. Maestose ed intricate, le composizioni presenti nei loro primi sei album in studio restano ancora oggi spettacolari manifesti del power metal più ruggente, epico ed incontaminato: le chitarre sferrano riff granitici e tonanti, corrono a velocità elevate su ritmiche martellanti e attraverso assoli fluidi, di rara bellezza, sintomo di una capacità tecnica notevole, trame complesse ed articolate fungono da sfondo regale per linee vocali enfatiche, drammatiche e memorabili; l’immaginario fantastico su cui i cinque tedeschi hanno imbastito la loro grandezza, inoltre, rappresenta una sorta di magia nella magia, vertendo sui racconti letterari di autori come Tolkien, oltre che su altre suggestioni appartenenti a mondi lontani e realtà oniriche. Uno stile lirico e musicale che ha influenzato e continua ad influenzare generazioni e generazioni, vestigia di una band che non ha mai sbagliato un colpo e che rappresenta un vero e proprio patrimonio dell’intera comunità metallica mondiale. La storia inizia nel 1985 a Krefeld, anticamente annoverata nella contea di Moers ed elevata al rango di città nel 1373: un borgo costituito da diversi quartieri, uno dei quali sorto sui resti di un antico accampamento risalente all’Impero Romano. È in questa realtà intrisa di storia che sorgono i Lucifer’s Heritage, fondati dal chitarrista André Olbrich e dal bassista Hansi Kürsch, che sceglie di impugnare anche il microfono. All’altra chitarra arriva Marcus Dork, mentre dietro alle pelli si colloca Thomas Stauch: con questa line-up venne realizzato un primo demo assai rozzo, Symphonies of Doom, che però attira poche attenzioni; in questa fase iniziale i cambi di formazione erano ancora naturali, così che Hans-Peter Frey rilevò presto Stauch, mentre Christoph Theissen sostituì Dork, completando la seconda incarnazione della band. Così organizzati, nel 1987 i Lucifer’s Heritage pubblicarono il secondo demo, Battalions of Fear, ma si trovarono a dover cambiare moniker prima in Battery quindi in Blind Guardian poiché si accorsero che la gente disdegnava i loro concerti credendoli una black metal band, come testimonia Hansi Kursh: 'Lucifer's Heritage non andava bene, suonava troppo demoniaco e non c'entrava nulla con la musica che facevamo. Allora andava di moda il black metal e molti ci infilavano in quella categoria per colpa del nome. Già al momento di firmare il nostro primo contratto i responsabili della No Remorse avevano inserito la clausola del cambiamento del nome; scegliemmo proprio Blind Guardian perché già all'epoca eravamo tutti interessati a tematiche fantasy, e c'era un album dei Fates Warning che si chiamava 'Awaken the Guardian': questa idea del Guardiano continuava a girarci in testa, la trovavamo realmente forte, abbiamo cercato qualcosa che ci stesse bene assieme e siamo arrivati al guardiano cieco'! Battalions of Fear frutta un tanto agognato contratto con la No Remorse records e nel 1988 la line-up si stabilizza col rientro definitivo di Stauch e l’ingresso del valido chitarrista Marcus Siepen al fianco del rodato Olbrich. Carichi d’entusiasmo ed energia, i cinque ragazzi entrano in studio e danno alla luce il loro primo album, Battalions of Fear, che si rivela una roboante mazzata di speed metal dai tratti quasi thrashy: imbevuto di ottimi contributi melodici ed epicità a fiotti, il disco sembra subito prendere spunto dal power metal degli Helloween di Walls of Jericho, raddoppiandone però la carica, la possenza, eliminandone le sfumature più funny e costituendo un alone di serietà intimidatoria attorno a bordate irresistibili come la titletrack o la stupenda Run for the Night, quest’ultima caratterizzata da riffery tritaossa e da un refrain arioso da cantare in coro. Le chitarre macinano partiture telluriche ed incalzanti, mentre Hansi Kürsch interpreta alla grande l’atmosfera epica col suo vocione ruvido ed evocativo. Trascinanti erano anche The Martyr, con le sue vocals evocative, la stessa Guardian of the Blind o le pregevoli strumentali Trial by the Archon, By the Gates of Moria e Gandalf’s Rebirth, evidenti riferimenti a romanzi di derivazione fantasy; la sontuosa opener Majesty, una suite di sette minuti pregna di adrenalina, assoli da capogiro e riff letali sparati a folle velocità, incarna tutta l’essenza grezza e tipicamente teutonica trasmessa da una band ricca di idee, che inizia da subito a scrivere pagine memorabili nella storia del genere. Anche se questo, forse, non venne colto immediatamente. Hansi Kursh ricorda così la prima fatica della sua band: 'Grande nervosismo, soprattutto in studio, eccitazione, energia, molta energia, forse addirittura di più che negli anni a seguire. Inesperienza, ancora una forte ispirazione da parte degli Helloween, anche se non eravamo una copia,e poco tempo in studio, anche se rispetto alla media abbiamo avuto a disposizione abbastanza denaro. Ci fu un po' di delusione, anche, perchè le aspettative erano enormi, dopo il disco ci sentivamo delle rockstar ed invece non era cambiato niente. Facemmo un tour in supporto ai Grinder, con una trentina di spettatori in media a serata, e ci chiedevamo se un giorno o l'altro avremmo potuto vivere di musica, o anche solo se avremmo avuto la possibilità di realizzare un secondo album'. Non potevano immaginare quanto grandi sarebbero diventati nel giro di pochissimi anni. Schiacciando vigorosamente il piede sull’acceleratore e scoccando ulteriori fondate di melodia vertiginosa e potenza considerevole, i cinque di Krefeld tornano sul mercato l’anno successivo, forti di un disco più maturo e curato dal punto di vista tecnico come Follow the Blind, introdotto da una fuga irresistibile e compatta come Banish from Sanctuary, un piccolo gioiello di power tedesco nonché degno biglietto da visita per il disco: velocità, potenza urticante, ritmiche ancora una volta ultraspeed, vocals da brivido e colate bollenti di melodia. Impossibile non esaltarsi di fronte al riff squillante di Damned for All Time o per le sue vigorose accelerazioni, per le tinte fosche ed i ritmi pesanti di Follow the Blind, per la velocità disarmante ed il chorus irresistibile della scatenata Fast to Madness o per il capolavoro Valhalla, una gemma irruente e poderosa nella quale la band omaggia la mitologia norrena e si fregia addirittura del contributo di Kai Hansen, iconico chitarrista degli Helloween: il duetto con Kürsch è emozionante e la canzone, come tutto l’album e l’intera musica dei 'Guardiani', ha la straordinaria capacità di portare il pathos ed il flavour campale a livelli straripanti, nonostante la non indifferente violenza ritmica con le quali queste frustate di power teutonico vengano sferrate. Ricorda Hansi Kursh: 'Tre o quattro pezzi sono veramente buoni, il resto forse un pò più debole: avremmo dovuto stare qualche mese in più in sala prove prima di realizzare questo disco. Soprattutto certe linee vocali o cori non sono eccezionali, ma con questo disco siamo arrivati in Giappone, come curiosità underground tedesca. Nessun tour, solo concerti singoli, soprattutto nei weekend, ma con una buona affluenza. Musicalmente eravamo già migliorati, ma avevamo tutti un lavoro e non potevamo concentrarci totalmente sulla band. C'era un feeling più pessimista nel gruppo, a causa di questo doppio impegno che ci gravava sulle spalle'. La letteratura fantasy e le atmosfere medievali iniziano a far capolino con sempre maggior frequenza, mentre il drumworking pressa con insistenza e le asce scalpellano riff ciclopici: in particolare, la sezione solista di Olbrich matura e si affina vistosamente, suonando da subito avvincente e ricercata. Tutte queste peculiarità trovano la consacrazione in Tales from the Twilight World del 1990, il disco che vale il riconoscimento internazionale e rappresenta la conclusione del primo mini ciclo di una carriera splendida. L’imponente Traveler in Time, ispirata al ciclo di Dune dell'americano Frank Herbert (così come To Tame a Land degli Iron Maiden), è un’opener memorabile, sempre più imbevuta di melodia cavalleresca e acuminati fendenti rapidi; ma l’intera scaletta punta su autentiche mazzate ricche di potenza e musicalità, come l’irresistibile Welcome to Dying -un autentico classico del gruppo, una galoppata ultra-speed che si rifà al romanzo Folating Dragon di Peter Straub- e la fantastica e poderosa Goodbye My Friend, canzone epica e dirompente, incentrata sul capolavoro cinematografico ET di Spielberg. La prestazione vocale di Kürsch è ancora imperiosa e arricchisce con refrain trascinanti e gloriosi tutte le tracce in scaletta; le veementi stilettate di The Last Candle, Tommyknockers o della impetuosa Lost in a Twilight Hall fanno scuotere costantemente la testa, mentre la strumentale Weird Dreams approfondisce la direzione medievaleggiante che nei dischi successivi sarà sempre più marcata. Le citazioni al Signore degli Anelli iniziano ad emozionare attraverso la toccante Lord of the Rings; il full length è un capolavoro di altissima qualità tecnica, che lancia la band nell’elite delle metal band più rispettate del globo e rappresenta un punto di partenza verso un nuovo ciclo stilistico. Nonostante la velocità e l’irruenza rimangano elementi centrali ed esplosivi, gli arrangiamenti si fanno sempre più curati; fattore che si accentuerà di lì a poco, col passaggio dalla fallita No Remorse alla più celebre Virgin Records. Dai racconti del solito Hansi, mai parco di ricordi interessanti: 'Tanto divertimento in studio, in misura maggiore sia rispetto a prima che a dopo; le nostre canzoni erano più sfrontate e fresche, la produzione non ottima ma i cori restano ugualmente potenti. per la prima volta abbiamo registrato ad Amburgo, città che offre tante possibilità di divertimento, a livello di feste e birra. Grande atmosfera in studio, abbiamo conosciuto tanta gente simpatica e divertente. Fu il nostro primo successo commerciale in Germania e Giappone, rimanemmo a lungo in classifica e finalmente potevamo vedere il nostro futuro come band professionista. Fortunatamente la nostra label é fallita e noi siamo approdati alla Virgin, cosa che ci ha dato grandi vantaggi in seguito. Arrivò anche il nostro primo tour vero e proprio, assieme agli Iced Earth, altra esperienza molto divertente. Abbiamo fatto un sacco di feste assieme, e per questo abbiamo anche dovuto cancellare qualche data'! Con l’inizio degli anni Novanta, la band aveva creato una sala prove in un antico bunker antibombe risalente alla II Guerra Mondiale, che veniva anche affittato ad altri gruppi; già da allora, Hansi si distingueva anche nel ruolo di manager, con tanto di ufficio nel bunker: fu costruita anche una sala di registrazione, ove venivano incisi i promo-tape, ed era presente un piccolo magazzino dove accumulare birre, CD e merchandising. Non mancava un mini bar, sede di chiarimenti durante e dopo le prove. La trasposizione metallica dell’opera degli antichi cantastorie era evidente già da un bel po’, all’interno dello stile imposto dai metallers di Krefeld, ma si stava per accentuare ulteriormente, lasciando emergere riferimenti ed analogie con la cultura dei Bardi, antichi poeti e cantori dei popoli celtici, inizialmente facenti parte di una casta sacerdotale e istruiti per rappresentare e conservare il sapere collettivo. Presso le popolazioni gaeliche e galliche, i Bardi assunsero la forma di poeti professionisti ingaggiati dai Signori locali per comporre loro degli elogi, mentre nel Romanticismo il termine “bardo” venne reintrodotto per indicare dei poeti lirici: in ogni caso, erano dunque personalità importanti, tutt’altro che giullari, figure troppo affascinanti e mistiche per non suscitare l’interesse dei cultori più sofisticati dell’heavy metal epico. Come gli antichi bardi viaggiavano di corte in corte, sperando nell’ospitalità di qualche signore o di qualche oste che offrisse loro un posto-letto in cambio di liete novelle raccontate attorno al focolare, così i Blind Guardian stavano da tempo portando alla cultura metallica qualcosa di intenso e poco comune, costituito da musica elevata e contenuti profondi, distanti dalla solita accozzaglia di rozzi cliché e piatti stereotipi, spesso e volentieri accostabili al frivolo binomio donne & motori, abusato oltre ogni soglia di normale sopportazione. Nulla di più distante dall'intrigante universo dipinto dai cinque tedeschi. Se già nei precedenti dischi i Blind Guardian avevano reinterpretato il power metal con una potenza ed un’aura tutta personale e particolare, con Somewhere far Beyond (1992) danno al genere stesso uno scossone ancor più considerevole, prendendo una direzione unica, caratteristica, inconfondibile e forse irrevocabile. Le trame medievali ed i melodici arrangiamenti di derivazione neoclassica si fanno sempre più curati ed importanti nell’economia di un sound che resta epico, roccioso, prestante e veloce nei suoi assalti ultraspeed, ma che stratifica i propri orizzonti articolandosi in brani più complessi e variegati, nei quali la veemenza e la rapidità esecutiva acquistano maggior armonia, e si intersecano con più fluidità in trame non necessariamente sparate a ritmi forsennati. Aperta da un pregevole arpeggio acustico, Time What Is Time cresce in un imponente escalation di possenza, spiccando per i cambi di tempo repentini, le velocità comunque travolgenti, le linee vocali evocative ed una sezione solista ammaliante; il binomio d’apertura è assolutamente mozzafiato, rafforzato dal devastante e maestoso riffato di Journey Through the Dark, altra scorribanda vertiginosa dal chorus irresistibile: con due pezzi del genere, il disco già tuona importanti pretese di leggenda, e mostra sontuosi riferimenti melodici dai tratti enfatici, sapientemente mescolati alla consueta dinamica tellurica dello speed-power teutonico, eccellente quando si scatena col piede schiacciato a tavoletta sul pedale dell’acceleratore. La produzione dei “Guardiani” poggia su una gamma di riff marziali assolutamente memorabili, una sequenza di intuizioni vigorose e roboanti, che ben si intessono su trame affascinanti e avvolgenti. La breve ballata Black Chamber ed il solenne mid-tempo Theater of Pain spezzano i ritmi serrati e introducono cospicue sonorità medievali, tanto che la sensazione è proprio quella di trovarsi nella secolare fortezza di qualche castellano, arroccata su una rupe e circondata dai boschi. La sensazione permane durante The Quest for Tanelorn e Ashes to Ashes, magistrali nell’abbinare chorus evocativi a nervose accelerazioni da headbanging, ricolme di adrenalina: la tensione esplode cospicua nell’arco di questi altri due pezzi eccellenti, nei quali le scorribande a briglia sciolta si confermano eccezionale trademark del combo europeo. Si giunge così ad un classico da pelle d’oca, The Bard’s Song - Into the Forest, nuovo inno della band nonché ballata acustica di straordinario coefficiente tecnico dedicata alle vestigia dei Bardi; l’atmosfera è sacrale e densa di emozioni, per un brano che dal vivo tocca nel profondo le corde più intime degli amanti di questa grande band. The Bard’s Song - The Hobbit riprende il tema -ed, in parte, alcuni frammenti melodici, oltre che un passaggio vocale- della precedente traccia, dotandolo di arcigne chitarre elettriche e maggior carica musicale; la composizione scorre come un mid-tempo epico e ritmato fino ad una vigorosa e caratteristica accelerazione e si collega all’impareggiabile titletrack, Somewhere far Beyond, nella quale vengono condensati tutti gli elementi tipici del five pieces di Krefeld: si accelera, si rallenta, la melodia sgorga e si sublima attraverso assoli stupendi e chorus pregni di pathos. Uno stacco di cornamuse arricchisce la composizione e la rilancia verso un guitar solo avvincente e toccante, importante testimonianza del validissimo lavoro alle sei corde di Olbrich e Siepen: persino la bonus track Trial by Fire, con i suoi ritmi impellenti, i riff aitanti e l’assolo fulminante è talmente bella da poter eclissare da sola canzoni ben più celebrate di band meno dotate. Le parole di Kursh ravvivano la memoria: 'Grande lavoro di songwriting per questo disco, non più così spontaneo come in precedenza. Tecnicamente, Somewhere era motlo migliore dei dischi precedenti, anche a livello di complessità delle canzoni. E' il primo dei nostri album che ha un pò il carattere del concept, attraverso i bardi che concatenano i brani. Era un periodo difficile per me, mio padre stava per morire... Il disco ha riscosso un gran successo, ha aperto molte porte in europa per noi; seguì un altro tour con gli Iced Earth, in sale ancora più grandi, e la nostra prima visita in Giappone'. Il songwriting si fa maniacale e curatissimo anche nella stesura di testi di estrazione letteraria, esaltati dalla performance grandiosa del sempre ottimo Hansi Kürsch: Time What Is Time è ispirata al libro di Philip K. Dick Il Cacciatore di Androidi, The Quest for Tanelorn si rifà al libro di Michael Moorcock Elric di Melniboné, mentre The Bard’s Song: In the Forest e The Bard’s Song: The Hobbit sono ispirate al romanzo di J.R.R. Tolkien Il Signore degli Anelli, infine, Somewhere far Beyond si basa sulla serie di racconti de La Torre Nera di Stephen King. Questi rimandi letterari erano figli del comune interesse per le opere di grandi narratori fantasy, anche se i più accaniti divoratori di tali romanzi erano Hansi e Markus, determinati a creare qualcosa di nuovo che non sembrasse mai forzato. A tal proposito, Hansi Kursh una volta ha esposto un interessante parere: 'Questo tipo di testi é quello che meglio si adatta alla nostra musica, ne siamo tutti convinti, e poi crediamo di saperne qualcosa e di poter realizzare liriche che siano interessanti. Ogni gruppo sceglie di trattare certe tematiche, noi abbiamo deciso di cimentarci in questo campo; i testi li scrivo quasi esclusivamente io, anche se spesso mi arrivano idee ed inputs dagli altri del gruppo, che poi cerco di tradurre in un testo compiuto. Mi piace dare sfumature diverse alle storie che scrivo, ispirandomi ad una fonte 'classica' per poi costruire un'altra vicenda, che a volte non hanno nulla a che vedere col libro'. Grazie ad un’impennata qualitativa vertiginosa, il combo teutonico raccolse una notevole messe di consensi, raggiungendo un successo quasi insperato, soprattutto in Giappone: e proprio nel paese del Sol Levante fu registrato Tokyo Tales, un impeccabile live-album registrato durante il tour dell’ultimo full length: la poderosa accoppiata Inquisition-Banish from Sanctuary lasciava spazio alle fresche stilettate di Journey Trough the Dark e Time What Is Time, ben amalgamate con vecchie scorribande quali Valhalla, Majesty, Welcome to Dying, Lost in the Twilight Hall o Goodbye My Friend, consegnando alle voraci frange di fans un prodotto di primo livello ed ottima resa sonora, una splendida istantanea della prima importante porzione di carriera di questi infallibili Bardi, apparentemente incapaci di errori. Una tesi che avrebbe trovato ulteriori conferme. Ricorda Hansi. 'In quel tour avevamo tantissima energia da liberare sul palco, ma la produzione di Kalle Trapp ci ha un po' limitato su quel disco live. Voleva modificare un po' troppo il nostro sound: troppi overdubs, troppe correzioni, il suono non é malissimo ma avrebbe potuto essere molto migliore, più diretto. Abbiamo preso la decisione di non lavorare più con Kalle e di cercare qualcun altro per il disco successivo'. Quel 'qualcuno', ricercato in sede di produzione, si chiamava Flemming Rasmussen, aveva firmato i più splendenti capolavori ottantiani dei colossi Metallica e avrebbe dato vita al suono meraviglioso del nuovo disco in studio dei Bardi.
Sembrava avessero toccato il cielo, i Blind Guardian, eppure il meglio doveva ancora arrivare: superando anche se stessi, nel 1995 rilasciarono il cattedratico Imaginations from the Other Side, cupo, pesante, ridondante. Devastante e melodico, ancora più che in passato: un capolavoro di tecnica, ulteriormente accentuato nella sua perfetta sincronia tra dirompenti assalti rapidi ed armonie medievali, aggrappato liricamente ad un universo letterario fantastico che si pone come allegoria della vita: la lotta incessante tra il bene e il male, la voglia di fuga ed il sogno di un abbandono ad un mondo surreale ed utopistico. La coppia Olbrich-Siepen intesse una nuova messe di riff statuari e colossali, capaci di ritagliarsi da subito un posto rilevante nella storia dell’intero panorama heavy metal: nulla è lasciato al caso, le trame si fanno sempre più articolate e ricche di poliritmie, ed anche se la velocità resta centrale ed elevatissima è possibile godere di un campionario di soluzioni, ambientazioni, armonie e dinamiche assolutamente sterminato. Il disco era nato attraverso un processo lungo e travagliato: durante le registrazioni, infatti, Hansi fu colpito da alcuni problemi di salute, e Siepen si infortunò ad una mano, venendo successivamente operato; si pensava addirittura che dovesse appendere lo strumento al chiodo. L’atmosfera era tesa e silenziosa, senza scherzi né risate, la situazione sembrava dover precipitare da un giorno all’altro, ma i ragazzi tennero duro e alla fine ne uscirono più forti del fato, più forti di tutto, producendo l’album migliore della loro discografia, quello che la critica unanime tende a considerare l’apice di una ricchissima parabola evolutiva. L’immensa titletrack mette subito le cose in chiaro, con un drumworking asciutto, tellurico, ed atmosfere intimidatorie, guidate dal vocalism ieratico di Kürsch, alle prese con i soliti chorus pomposi e drammatici; le accelerazioni da capogiro ed un assolo convulsivo dai tratti spettacolari, gli stop con ripartenza e i continui cambi di atmosfera confezionano un brano ineguagliabile, che lascia subito il solco. Si corre a perdifiato e si scuote la testa senza sosta attraverso le galoppate sferzanti ed i riff magistrali di I’m Alive e The Script for My Requiem, episodi monumentali, altrettanto dotati di un riffery imperioso, chorus marziali, rallentamenti e sfumature emozionanti. Sembra difficile comprendere come si possa concentrare in singole canzoni così tante sfaccettature di derivazione epica, medievale, celebrando al contempo i tratti solenni di un sound ineguagliabile e le possenti accelerazioni speed metal necessarie a scatenare il fermento degli headbangers più fervidi; eppure i Bardi di Krefeld ci riescono superbamente, arricchendo la loro opera con episodi intrisi di magia e gloria campale come Mordred’s Song o Bright Eyes (pur dotata di una repentina accelerazione finale), oltre che con un’intensissima ballata dai tratti regali come A Past and Future Secret, che sembra celebrare l’avanzata compunta di un sovrano a cavallo, scandita dallo squillo di trombe ed accompagnata dagli sguardi timorosi dei popolani verso l’accesso al ponte levatoio. Il disco poggia su un sound definito e nitido nei suoni, quadrato e prestante, arroccato attorno al martellante lavoro di Thomas Stauch dietro le pelli; al resto pensano le rocciose chitarre, gagliarde e nerborute in fiondate ritmiche come Born in a Mourning Hall, erculea contrapposizione tra serrate da delirio e refrain che avrebbero potuto risuonare attorno ad un focolare in qualche corte dell’anno Mille, o Another Holy War, uno dei capitoli più avvincenti e convincenti dell’intera discografia dell’act tedesco: una dirompente sfuriata di speed-metal irresistibile, nel riffato quanto nei cori, un brano terremotante e maestoso, incentrato sulla vita di Gesù Cristo. La ricchezza melodica e la striatura armonica che si coglie in coincidenza con la sezione solista è degno contraltare di trame esplosive e riff efficaci, scoccati come frecce dall’arco dei due prodi chitarristi, una costante che si fa sentire in tutto l’album, un masterpiece completato dalla evocativa And the Story Ends, uno spettro di melodie, ritmiche ed ambientazioni talmente consistente da suonare commovente. A conti fatti, il disco rasenta la perfezione.
Non è un caso: praticamente tutte le composizioni di questo full length, così come quelle del precedente, sono mini-opere d’arte, nelle quali gli arrangiamenti sono sofisticati e variegati; il duello costante tra melodie acustiche e sciabolate elettriche raggiunge livelli stellari, articolandosi in trame complesse, assoli squisiti e riff indimenticabili, pesanti come macigni. Parola di Hansi Kursh: 'Fu il disco più difficile a livello di songwrinting, avevamo tante idee ma non volevamo fare un disco troppo simile a Somewhere; allora abbiamo provato e riprovato cercando soluzioni nuove. Ci abbiamo messo sei mesi a comporre la titletrack, e ci siamo resi conto che avremmo dovuto andare più veloci con gli altri pezzi, per un mese poi non siamo riusciti a scrivere nulla, e la cosa ci ha reso abbastanza insicuri; per fortuna con gli altri brani siamo riusciti ad andare più spediti. Il periodo in studio é stato molto lungo e continuamente interrotto da problemi familiari e malattie, alla fine é andato tutto il meglio ma é stato davvero stressante'. La sensazione è quella di trovarsi a cavallo, fasciati da lucenti corazze, lanciati al galoppo, a folle velocità: le chitarre sembrano attaccare contemporaneamente da tutte le direzioni, piovendo come dardi avvelenati da un cielo solcato dai falchi. E mentre l’avanzata incalza, all’interno di verdeggianti foreste, ci si avvicina ad un poderoso castello, alternandosi costantemente tra potenza e melodia: modulare la velocità e dare un break agli assalti frontali significa portare l’ascoltatore ora in mezzo a feroci ed eroiche battaglie cavalleresche, scandite dall’incrocio di spadoni e giavellotti, ed ora tra tranquilli villaggi ai piedi di minacciosi manieri, borghi contadini nel quale assistere agli avventurosi racconti dei cantastorie. Ritornando sull'argomento testi, in un'intervista del 1995 fu fatto notare ad Hansen che Chris Boltendahl, leader dei Grave Digger, considerava le tematiche fantasy quasi forzate ed obbligate per una metal bands, perché quei temi sono gli unici desiderati dai 'kids'; la risposta di Hansi fu pronta e stentorea: 'Non sono d'accordo per niente, dipende solo dal tipo di testi che si scrivono; prendi per esempio i Metallica, loro non hanno testi fantasy ma presentano ugualmente liriche stupende, e sono convinto che i loro fans diano giusta importanza anche ai testi, non solo alla musica. Anche i testi dei Grave Digger, per quanto ne so, non sono esclusivamente fantasy; se i testi delll'heavy metal dovessero essere solo fantasy, penso che mi metterei a cercare di proporre qualcosa di diverso, perché non mi piacciono i clichè e penso che ogni genere di testo, se ben concepito, possa essere adatto ad un pezzo metal. Il problema, semmai, é essere in grado di trattare in maniera esauriente un tema 'serio' all'interno di una canzone, cosa che non é affatto facile. Comunque, vorrei sottolineare la differenza tra il nostro approccio ai testi, che può senz'altro essere definito fantasy, e quello di bands come Grave Digger e Running Wild; se io fossi in loro forse cercherei di sperimentare qualcosa di nuovo, mentre noi abbiamo ancora un sacco di storie interessanti da raccontare. Ogni tipo di testo può funzionare, anche i Dream Theater ad esempio non toccano per niente la fantasy eppure hanno dei testi decisamente intriganti, li trovo anche migliori della loro musica'! Gli anni successivi porteranno i prodi bardi su territori più sperimentali, e così Imaginations from the Other Side resta il più fiero suggello ad una prima parte di carriera irripetibile.
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Anche le foto sono molto belle |
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Scusate volevo dire i loro 4 album prima di NIME!!!!!! Cioè Tales from the Twilight World, Somewhere Far Beyond, Imaginations from the Other Side e Nightfall in Middle Earth, specifichiamo 😅. Non che i primi due siano brutti (dove la mettiamo Majesty, giusto x citare un esempio a caso? 😉 ma non li trovo al livello di questi 4 |
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Grandissima mitica band, i miei preferiti su tutti. Li ho visti live nel 2006 in Spagna e dire che ho pianto cantando "The Bard's Song" descrive l'emozione 😃....mi vengono i brividi al solo pensiero... Qualcuno dice che un loro concerto rappresenta "le migliori due ore della mia vita": sì, vabbè, è esagerato ma ci siamo quasi 😉. Adoro alla follia i loro primi 4 album, e le produzioni posteriori non mi piacciono, una pompa magna che non mi dice nulla, ma sono innegabilmente un mito comunque, sembra che si impegnino sempre al massimo. Mi piace tutto di loro, la voce di Hansi (che col tempo migliora dal vivo, come Peavy e Fabio Lione, boh, mistero), lo stile di Andrè (che non è un virtuoso in senso classico ma è unico, a parte l'abuso del wah wah che non mi piace), la compattezza di Marcus e poi purtroppo mi dispiace molto che Thomen se ne sia andato (disperazione pura all'epoca!) perchè è uno dei miei batteristi preferiti, fantasioso e potente, capace di sviluppare un controtempo improvvisando dal vivo 😱. A proposito dei live devo dire che i pezzi post NIME li preferisco dal vivo perchè li trovo più semplificati (non menomati, anzi) mentre su disco mi sembrano ultra complicati da ventimila sovraincisioni e nel 2006 non ho sentito nessun campionamento. Un'ultima cosa, pur ascoltando altre bands che hanno testi fantasy, secondo me Hansi è l'unico che riesce a scriverli in una maniera profonda ed elegante senza scadere nel banale |
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Grandissima band.Io non vado pazzo per il Power,ma ci sono 3 album di loro che mi fanno impazzire;specie Immaginations from the other side...quello è un album che non mi stanca mai,anche se lo avro' ascoltato non so quante volte. |
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Grande Band ! Pienamente d'accordo con molti voi che i veri BG sono nati con TFTW seppur i primi due album non sono da buttare(Valallha a Banish From Sanctuary sono fra i migliori pezzi di tutta la loro carriera), ma è da lì che loro acquisiscono quel sound che poi è il loro marchio di fabbrica.Sebbene Imagination è a detta di tutti o quasi il loro picco di carriera, io gli preferisco NIME e SFB. |
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@maurilio: tanelorn non ti piace? |
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Sottoscrivo in pieno quanto detto da Sambalzalzal. Da tempo auspico un ritorno allo stile e alle sonoritá potenti di Immaginations.., ma invece niente, vanno sempre di piú verso canzoni infarcite di cori pomposi e di melodie difficilmente seguibili e distinguibili. Dopo le delusioni di A night at the opera e Twist in the myth li ho abbandonati sperando in un loro ritorno al passato. |
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Master@ io li vidi dal vivo all'epoca di IFTOS e li di campionamenti e cori registrati non ne usavano (fortunatamente), poi ho solamente potuto constatare la cosa sul dvd in questione e sentito pareri di persone che invece li hanno potuti vedere in sede live nell'ultimo periodo di attività. la mia critica alla svolta "ultra coristica/complicataa" è proprio dettata da una osservazione che giustamente fai tu: che senso ha riproporre dal vivo un pezzo "menomato"? Dopo IFTOS il suono si è fatto pomposo in maniera devastante e sono proprio i cori e le tastiere che "riempiono". Dal vivo non potendo riproporre la stessa cosa (se escludiamo i campionamenti o almeno 50 elementi a fare da coro oltre loro) sono costretti a riarrangiare le canzoni con risultati che non aumentano la qualità nè del suono e nè dei pezzi stessi ma anzi. Poi per carità, sono gusti personali ed io reputo il loro nonplusultra IFTOS con qualcosa su Nightfall ma il resto è da colonna sonora, non da concerto metal tradizionale. |
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É uno dei pochi gruppi che mi piacciono che per varie coincidenze non ho ancora visto dal vivo, magari nei prossimi giorni riguardo il dvd e ti dico... |
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beh painkiller, non sono un esperto di suoni, questi al concerto non mi hanno soddisfatto pienamente ma non certo per i cori, quanto perchè rimbombava un po' (ma la vera delusione per quanto riguarda la resa sonora l'ho presa con i symphony x), non noto neanche quanto dici riguardo al dvd avendolo sentito solo su youtube con casse di bassa qualità, ma quello che mi pare di ricordare anche da interviste ecc è che dicono che essendo loro in 6 sul palco sono costretti a riarrangiare quanto composto in studio per poterlo proporre dal vivo, credo quindi che non usino tracce registrate (, altrimenti non credo ci sarebbe tanto da riarrangiare)! |
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@Master: se è così è una buona notizia, perchè sul dvd in questione è chiaro il contrario, con una resa sonora che definire da dilettanti è dir poco... |
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@sambalzalzal: può darsi che io mi sbagli, ma i BG dal vivo li ho sentiti solo una volta a Milano nel 2010 e di cori campionati non mi è parso di sentirne, i rhapsody li usano da quello che so, i blind non penso...ci sono tastiere di sottofondo come nei pezzi in studio, ma i cori sono eseguiti totalmente dai 6 componenti sul palco per quel che ne so... |
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painkiller@ ahahahahahahahah! Ahia, spero ti rimetterai presto in forma! le influenze estive sono le peggiori! Si, appunto dicevo proprio della sede live e mi accorgo ora di essermi espresso male (avrei voluto dire *una di quelle situazioni alle quali mi riferisco io*). Magari in una sede più "teatrale" e pacata alcuni inserimenti ci starebbero anche bene ma in un metal gig che di per sè è già scalmanato portarsi dietro campionature sfrenate di cori non fa altro che caoticizzare il tutto. Cori che coprono le linee degli altri strumenti e voce e quantaltro. Il suono e l'atmosfera soprattutto ne escono massacrati! Come dicevo al post numero 3, sembrano a questo punto più cmponimenti realizzati per fare da colonna sonora che per essere portati in ambiente prettamente live. Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensano i membri del gruppo di questa cosa qua... |
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@Samba: se ci incontreremo al party di metallized ti faro sentire io come si seguono le melodie di Nightfall ... . ahimé dopo quanto ti ho scritto sul mio modo di cantare me la sono gufata di brutto, e sono steso dall'influenza . Scherzi a parte, lavorandoci un po' su Nightfall si può cantare molto bene e tutto, il mio giudizio sull'album in sede live è dovuto ai cori, che se non cantati in diretta ma con parti campionate davvero sono un casino ed il risultato è quello pessimo del dvd live "imaginations through the looking glass" che citavo...da A night ate the opera, e soprattutto con quell'album, concordo con te, la melodia è spesso difficile da seguire... |
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Al post 19 ho chiuso con un "immensi" perchè ero un pò preso ma ora due parole per i BG le spenderei...Questa band figlia degli Helloween di Walls of Jericho (i primi due dischi sono delle ottime riproposizioni del debut album delle zucche) si sono poi evoluti creando qualcosa di molto particolare nel panorama power teutonico grazie a orchestrazioni vincenti, arrangiamenti ricercati e grande classe dei due chitarristi. Poi la voce di Hansi ben si adatta al tutto rendendoli riconoscibili dalle prime note e il lavoro di Tomen dietro le pelli è da orgasmo sonoro! I testi / concept sono stati poi uno dei punti di forza della band e la ricerca dell'analesi di certi argomenti non possono non piacermi da amante del fantasy! Dischi come Imagination e Nightfall sono semplicemente l'ABC del power metal teutonico, di quel livello posso ricordare i 2 Keeper, la Metal opera di Avantasia e il duo Land - Somewhere dei Gamma Ray. Come già detto prima immensi BG... |
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Painkiller@ esatto è proprio uno di quei brani ai quali mi riferisco io e stavolta sei tu che mi hai rubato letteralmente le parole di bocca ahahahahahah! Arrivo in determinati pezzi del dopo IFTOS ad avere serie difficoltà a "seguire" la melodia perchè ci sono un sacco di elementi di "disturbo" non parlo di cacofonia ma qualcosa che per sovraccarico di elementi ci si avvicina parecchio! Certo, sanno il fatto loro su come "drammatizzare" le atmosfere ma alcune volte è veramente troppo... io sono veramente impaziente di ascoltare qualcosa di nuovo, non so veramente cosa aspettarmi ma gradirei davvero un ritorno ad una certo "minimalismo", se capisci ciò che voglio dire... |
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Li considero grandissimi fino a Nightfall, mettendo Immaginations fra i 10 migliori dischi metal di sempre! Peró dopo non mi sono piú piaciuti: troppi coretti, troppe orchestrazioni e troppe canzoni mosce. Secondo me il meglio lo hanno giá dato da tempo. |
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L'unico gruppo che conosco che riesce a portarmi letteralmente indietro nel tempo come descritto all inizio della recensione, in un fantastico medioevo tra re e feudatari, terre abbandonate e menestrelli. Epici è dire poco, e pur faticando sempre ad ascoltarli, per via della complessità dei brani, le loro atmosfere e i loro cori mi hanno fatto sognare per anni, meglio di una macchina del tempo. E con la loro Nightfall, ho conosciuto il power metal. E dice tutto. PS: bella biografia Rino, ma attendiamo la continuazione, la parte di NIME e i dischi successivi non possono non essere citati e descritti  |
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Al pari di helloween e Gamma Ray il top assoluto del power metal mondiale! Leggendari è dir poco! |
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numeri uno...anche se preferisco la seconda parte della loro carriera, da imaginations ad ora, escludendo a twist in the myth, che considero un buon album, piacevole da ascoltare anche perchè vario e diverso da quanto proposto abitualmente dalla band, ma non un capolavoro! |
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*Imagination through the looking glass è persino fastidioso a causa dello squilibrio dei suoni tra voce e CORI campionati, una vergogna. |
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concordo con Vichingo su Nightfall, per me capolavoro assoluto, ma anche con Samba: Imaginations è forse l'ultimo a poter essere ben riprodotto dal vivo, poi i cori si sono fatti troppi e troppo complessi. Dovrebbero pensare di portarsi dietro almeno sei coristi, 3 maschi e 3 femmine, ed evitare i cori campionati. Imagination through the looking glass è persino fastidioso a causa dello squilibrio dei suoni tra voce e cosi campionati, una vergogna. |
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Ammetto di essere tremendamente di parte, ma per me Nightfall in Middle Earth è uno dei migliori dischi non solo del Metal, ma della musica tutta. In tutta sincerità una canzone come Mirror Mirror (o come Time Stands Still, potrei citarne tante) devono ancora scriverla. Amo follemente anche Imaginations from the other side (uno dei primi album metal che ho acquistato, per la cronaca), soprattutto per la presenza di Another holy war, stupendo pezzo che ad anni di distanza è ancora presente nella mia personalissima top ten. Nonostante abbia ricevuto molte critiche, apprezzo moltissimo anche A Night at the Opera. Certamente non è al livello dei due capolavori appena citati, ma And then there was silence è da brividi, e lo stesso si può dire di Battlefield. I primi due all'inizio non riuscivo ad ascoltarli ma con il tempo li ho rivalutati ed ora li considero due lavori molto buoni, in particolare Follow the blind che contiene l'incantevole (ed epica) Valhalla. Stesso discorso per Somewhere far Beyond e Tales from the twilight world. L'unico disco che non riesco a digerire è A Twist in the myth, per me da 60 politico ma alla fine stiamo parlando di un grandissimo gruppo, a mio avviso i migliori nella scena Power europea. Al solito, complimenti al Thrasher per il lavoro svolto. |
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Painkiller@ Hansi è un grandissimo compositore ed artista ma ha problemi di salute (fu in trattamento per problemi di sordità e non è dotato di una voce eccelsa). Secondo me quello è il problema fondamentale delle loro performances dal vivo. Secondo me dei cori fiaccherebbero non poco i loro spettacoli considerando che in sede studio due voci possono essere modificate veramente a piacimento e che dal vivo non potrebbero presentarsi su palco ogni volta con 50 persone. Secondo me, ripeto, dopo IFTOS hanno alzato un pò troppo il tiro... oggi come oggi per loro è praticamente impossibile riprodurre in sede concerto ciò che fanno in studio. IFTOS rimane l'album magnifico ed eccelso che è ancora possibile rappresentare anche in sede live e spero veramente che il loro prossimo segua quella linea... non quella pretenziosa di NIME e seguenti... |
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dal mio punto di vista da tales a nightfall i Guardian hanno sfornato quattro capolavori, inutile discutere su quale sia il preferito dell'uno a dell'altro...unici, tecnici, potenti, epici. Ritengo che le partiture di Nightfall sianoperfettamente funzionali al concept, forse il migliore che io ricordi insieme e Nostradamus. Da a night at the opera invece fatico a trovare un album che mi piaccia nella sua interezza, alcune canzoni troppo prolisse, altre un po' troppo uguali tra loro. L'ultimo at the edge of time risolleva inparte il songwriting, anche se a tratti mipare un po' forzato, comunque parliamo sempre di album di alto livello. Grande grande gruppo che, come scrive Nightblast, dal vivo non mi ha ancora convinto. Però credo sia possibile che facciano meglio, occorre regolare al meglio i volumi, magari dotarsi di un piccolo coro, ed ovviamente sperare che Hansi sia in buona... |
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Gran bell'articolo, che rende onore alla carriera di uno dei migliori gruppi metal in circolazione. I Bardi, musicalmente e liricamente, non si discutono davvero! Un'unica precisazione che mi sento di muovere al buon Gissi è che il nome della città è Krefeld, non Krefen. |
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@Flagof Hate: Metallized è grande anche per la qualità dei lettori...eheheheh... |
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Grande gruppo i Blind Guardian |
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Grande gruppo, grande articolo. Il mio preferito resta NIME, seguito da IFTOS. Resta una domanda: cosa ha trattenuto il Vichingo dal lanciarsi sulla tastiera a scrivere poemi per i BG? (si scherza eh!) |
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Cazzo Nightblast, abbiamo detto in pratica la stessa cosa  |
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Senza togliere nulla a "Battalions Of Fera" e "Follow The Blind", due dischi più che buoni che contengono ottimi brani, ma ancora troppo acerbi, secondo me i Blind Guardian "veri" iniziano da "TFTTW", continuano in crescendo con SFB, raggiungono la vetta insuperata con IFTOS e una vetta leggermente più bassa con NIME. In questi 4 meravigliosi dischi, a mio modesto parere, è racchiuso il meglio del Power europeo. "A Night In The Opera" il loro punto più basso, gli ultimi due invece sono buoni dischi, da 75/80. La cosa bella dei Blind è che riescono a mettere d'accordo la maggior parte dei metallari, pure quelli che il Power dei nanetti e delle fatine in generale non lo reggono. personalmente li ritengo i migliori del genere, insieme a Grave Digger, Kamelot e Gamma Ray. Concludo facendo i complimenti a Rino per il buon articolo (come sempre ) |
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@Flip Flop FLap: grazie della segnalazione, ho provveduto a correggere il lapsus! grazie agli altri per i complimenti, naturalmente la seconda parte della biografia arriverà..  |
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Se tralasciamo i primi due album che in pratica sono le copie di Walls of Jericho, i BG sono diventati una vera band da Somewhere far Beyond...Nella loro carriera hanno pubblicato 4 dischi di eccezionale fattura: SFB, IFTOS, NIME ed il sempre troppo criticato ANATO...Di sicuro hanno il merito di aver saputo rinnovare la loro proposta musicale, arricchendola di svariati elementi, provando sempre e comunque a proporre qualcosa di diverso...Alla fine della fiera sono l'unica band Power Metal che si possa dire innovativa e dotata di una vera e forte personalità. Purtroppo a causa delle prestazioni vergognose di Kursch sul palco, rimarranno sempre una perfetta band da disco ma una appena decente band dal vivo, anche perchè non è che il resto del gruppo sia composto da chissà quali fenomeni... |
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uh il cinepanattone del metal |
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Occhiom che Frank Herbert era americano! |
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Bellissimo articolo! COmplimenti! Immagino che a breve seguirà la seconda parte anche se secondo il mio parere da Immaginations i BG andranno incontro ad una progressiva perdita di grinta e si avviteranno in composizioni troppo prolisse che somiglieranno più a colonne sonore che agli inni epici a cui ci avevano abituato fino a quell'album. Non sto dicendo che Nightfall sia un brutto album ma onestamente non è mai riuscito ad entusiasmarmi come hanno fatto i precedenti. Il dopo Nightfall sempre a mia detta vede albums "filler" probabilmente proposti dalla band in attesa di ritrovare quella ispirazione che li aveva resi celebri... le ultime dichiarazioni della band riguardo l'incognita della release del futuro album hanno contribuito a convincermi di questa cosa... speriamo bene... |
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I Blind Guardian dei tempi di Tokyo Tales e Somewhere Far Beyond erano qualcosa di unico... |
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grazie a rino per l'articolo! Questa sera me lo leggo con piacere... |
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RECENSIONI |
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