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ENTOMBED A.D. + GRAVE + IMPLODE - Circolo Colony, Brescia - 05/10/2014
13/10/2014 (3024 letture)
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Gli Entombed, o meglio Entombed A.D., tornano finalmente a calcare i palchi europei in un tour de force che rompe finalmente il periodo di silenzio forzato degli ultimi tempi, che li aveva tenuti occupati in questioni legali successivamente alla dipartita del chitarrista storico, Alex Hellid, che aveva peraltro riunito una tantum i vecchi membri del gruppo per una data in Svezia, celebrativa dell'album Clandestine. Quelli che abbiamo davanti, in un senso che capirete a breve, sono gli Entombed veri e propri: nonostante il cambio di moniker, si tratta dei musicisti che hanno deciso di proseguire il percorso del gruppo continuando a suonare in tour e a pubblicare musica. Infatti, il 2014 è stato l’anno del ritorno discografico del quintetto svedese capitanato dal cantante Lars Goran Petrov, e quello concertistico non poteva che riprendere sotto il buon auspicio del nome Back To The Front, che è lo stesso, certamente significativo, dell’album. Insieme a loro, i Grave, un’altra delle realtà più importanti nella storia del death svedese, pronti a dare man forte ai compari di Stoccolma.
IMPLODE
L’onore e l’onere di aprire le serate di questo tour spetta agli emergenti svedesi Implode, sebbene data l’ora il Colony sia letteralmente vuoto, con circa una decina di persone a seguire lo show del gruppo, per lo meno nei primi frangenti. Certo, data la proposta, il gruppo non è esattamente scelto ad hoc in fatto di compatibilità con i veterani che fanno da headliner. Il metal degli Implode è infatti tinto di sensibili influenze moderne, udibili soprattutto nello stile vocale prettamente metalcore, che si mescolano a una base di groove e riff sostanzialmente post-thrash, piuttosto trascinanti, comunque, e con qualche sprazzo più oscuro e qualche melodia più vicina al melodeath scandinavo. In generale, il plotter dei pezzi è apprezzabile, e anche le linee solistiche sono degne di nota; più estesamente, si può dire che la preparazione esecutiva del gruppo era certamente considerevole, con la prova del batterista a svettare su quella di tutti gli altri per intensità e precisione. Ho molto apprezzato i passaggi più orientati verso l’estremo, mentre ho trovato vagamente meno solidi quelli più groove metal, che direi più anonimi, sebbene tirati. Certo è che dato l’orario non sono stati in molti a vederli, ma non si sono scoraggiati, suonando comunque con passione per i pochi presenti.
GRAVE
Mancano pochi minuti alle 9 quando i Grave, una delle maggiori band nella storia del death metal svedese, attaccano a suonare. Freddamente capitanati dal fondatore, chitarrista e cantante Ola Lindgren, i quattro iniziano con uno dei classici della loro discografia, Turning Black, la opener del terzo album Soulless, seguita dalla title track del secondo lavoro in studio, You’ll Never See, uno dei pezzi migliori del set. Il sound è quello inconfondibile della croce oro su campo azzurro: distorsioni zanzarose, voce abrasiva e tupa-tupa in piena velocità, così come anche groove più low-end e mid-tempo da frattura della cervicale. Con la loquacità che lo contraddistingue sul palco, il buon Ola spende davvero pochissime parole per annunciare i pezzi, che parlano da sé, d’altra parte; la prima metà del concerto è interamente dedicata ai classici della discografia della band, con anche l’accoppiata Deformed ed Extremely Rotten Flesh a rispolverare il seminale album d’esordio Into The Grave.
L’audience del Colony è ancora stranamente rarefatta, anche se la risposta alle bordate del gruppo svedese, da parte della settantina (approssimativamente) di presenti è piuttosto pronta. Certo, suonare davanti a un pubblico che pur non stando troppo schiacciato riempie a fatica lo spazio davanti al palco, non fa lo stesso effetto che suonare davanti a un locale gremito: gli stessi Grave, lo scorso dicembre, sempre nello stesso locale, ma di supporto ai Marduk con il loro pubblico ben più numeroso (forse complice il sabato sera), si erano mostrati molto più energici, mentre questa volta l’esibizione mi è sembrata un po’ più scarica. Certo, non al punto da inficiare il risultato finale, dopotutto si tratta sempre di un’istituzione del genere, ma basti rapportare la loro esibizione con quella degli Entombed A.D. per avere l’impressione che non abbiano giocato esattamente tutte le loro carte. Dopotutto anche la scaletta di esaurisce abbastanza rapidamente, e dopo l’inizio eccellente e un paio di pezzi dall’ultimo Endless Procession of Souls, caratteristicamente piuttosto oscuri, si arriva subito a uno dei cavalli di battaglia della band, tipicamente usato come closer dei loro concerti, ossia la storica Into The Grave.
Un moshpit piuttosto violento scoppia subito a ridosso delle transenne, coinvolgendo chi non stesse già scapocciando animatamente. I palm-mute corposi delle due asce, ronzanti e incisive, rappresentano il punto d’impatto del sound swedish death, riportato alla luce con l’esecuzione di questo classico oramai ventitreenne. Inaspettatamente il concerto non termina qui, ma si conclude con un ultimo pezzo, Morbid Ascent, tratto dall’EP omonimo dell’anno scorso, una canzone veloce e pienamente old school, anche se è piuttosto legittimo chiedersi se sia stato il modo migliore per chiudere il set, preferendo quella a un classico meglio conosciuto dal pubblico. In effetti, a conti fatti, anche a livello di setlist, devo preferire lo show dello scorso inverno. Certo, fa sempre piacere seguire dal vivo un gruppo qualitativamente così interessante come i Grave, nonché influente per la scena e anche per la concezione di death metal del sottoscritto. La voce di Ola è riuscita a smuovere buona parte degli astanti, e anche la prestazione strumentale è stata, come auspicabile, eccellente. Un filo di grinta in più non avrebbe guastato, forse, anche se l’addensarsi del pubblico sul finale ha riscattato una scintilla ben più ardente nella presenza dei nostri sul palco.
SETLIST GRAVE
Turning Black You'll Never See... Deformed Extremely Rotten Flesh Amongst Marble and the Dead Winds of Chains Into the Grave Morbid Ascent
ENTOMBED A.D.
Date le parole del buon L.G. Petrov nell’intervista prima di cena, mi aspetto grandi cose dagli Entombed A.D., a di scapito di chi abbia espresso, più o meno giustamente, qualche dubbio circa l’effettiva prestanza della line-up (in cui rimane solo il vocalist come membro originale), o addirittura di chi abbia messo in discussione la legittimità della scelta di continuare ad usare il moniker (seppur con una minima variazione) di una band che con il passato sembrerebbe avere poco a che fare. Ma rincuorato dalle trasperenti parole di Lars, poche ore prima, circa la genuinità dell’intenzione sua e degli altri musicisti, da più o meno tempo di casa Entombed, di rappresentare la naturale prosecuzione della band death metal svedese che tutti conosciamo (come d’altronde mi aspettavo), mi appresto a vivere senza riserve il concerto dei cinque, attendendomi qualcosa in pieno spirito metal e old school.
Il pezzo scelto per l’apertura è effettivamente uno dei brani già targati A.D., l’opener dell’ultimo album Back To The Front, intitolata Kill To Live, riconoscibilmente in linea con lo stile degli Entombed di Mourning Star e Serpent Saints, che si fa forte di un chorus immediatamente memorizzabile e di un incedere piuttosto trascinante che ci porta in un batter d’occhio al cuore pulsante della musica dei nostri. Il primo pezzo da novanta non si fa attendere ed è l’immancabile Revel In Flesh dal primo e indimenticabile Left Hand Path, uno degli album che, secondo il sottoscritto e molti, ma molti altri, rappresentano meglio l’idea di perfezione nel death metal classico. I riff incisivi, il suono grezzo e corposo delle chitarre e il basso tuonante percosso senza sosta dal plettro dell’altissimo Victor Brandt sono supportate dal drumming di Olle Dahlsted, che violenta cassa e rullante al ritmo serrato del gruppo. Con la sua inconfondibile trascuratezza e il suo totale agio sul palco, il buon Lars, tra un po’ di headbanging, una scatarrata per terra e un sorriso ai maniacs in visibilio, vomita nel microfono come se fosse il 1990, e l’effetto è da pelle d’oca. Devo avvalorare la mia asserzione, prima di essere accusato di peccare di entusiasmo? Un’accoppiata come Living Dead e Stranger Aeons non fa prigionieri, e il pit si fa piuttosto scomodo e sudato, come è giusto che sia. Riporto la divertente introduzione al primo dei due pezzi citati, fatta dallo stesso Petrov, o qualcosa di molto simile: "Questo pezzo critica la mentalità di chi è assuefatto dalla religione e dalla chiesa… E a quanto mi hanno detto, qui voi di Brescia non siete proprio in buoni rapporti con l’andare in chiesa" – qualcuno convalida l’affermazione con un paio di bestemmie, prima che il muro sonoro dei nostri diventi assordante. Nella parte centrale del set, poi, vengono proposti anche alcuni dei più riusciti e cantabili pezzi della parte più rockeggiante della loro carriera, tra cui molti dall’ottimo Wolverine Blues.
Certo, dispiace un po’ che l’affluenza sia piuttosto mediocre. Lungi da fare qualsiasi critica a qualcuno, devo assolutamente ribadire che lo show degli Entombed A.D. regge alle mie aspettative, e credo che sia stato all'altezza anche di qualcuna più severa o intransigente, ma è appurato che dopo le ultime vicende, comunque meglio spiegate da Petrov nell’intervista, la formazione debba riguadagnarsi un po’ della fiducia del pubblico, sebbene il responso per il disco e per il tour sia stato generalmente molto buono. Ora, credo che l’appoggio dei presenti, almeno, se lo siano conquistati eccome: a me sarebbe bastata l’intro di Chaos Breeds, il resto è grasso che cola, se volete farmi contento. Ma dato che non finisce qui, i brividi arrivano con la magistrale Left Hand Path, che vede il picco nel coinvolgimento fisico del pubblico e dei musicisti, con Petrov che dà prova di un’energia inesauribile anche dopo aver superato i primi sessanta minuti dell’esibizione. Lo stacco e l’assolo finali (l’ultimo, improvvisato, non suonato esattamente come su disco) permettono al gruppo, e soprattutto al vocalist, di riprendere fiato dal set non esattamente riposante. Comunque, i nostri si concedono una pausa abbastanza lunga prima dell’encore, che riprende con l’energica Chief Rebel Angel.
Dopodiché, accettando l’ovvia risposta affermativa a ogni ripetizione della domanda "Volete un altro pezzo", si passa con nonchalance a Supposed to Rot e la meno prevedibile Abnormally Deceased, due schegge impazzite direttamente dal debutto. Per la chiusura invece, scelgono la più ignorante e avvincente Serpent Speech, non esattamente un classico del gruppo, ma comunque bene accetta: trattasi del diciottesimo pezzo in setlist, l’ora e mezza di esibizione è stata raggiunta e la maglietta di Black Metal dei Venom indossata da Petrov è più simile a una spugna che ad un capo di abbigliamento. Non contenti, si prendono il tempo per stringere quante più mani possibili, mentre i due chitarristi Nico Elgstrand (già da tempo in casa Entombed) e Johan Jansson (direttamente dagli Interment, adottato dopo l’uscita di Alex Hellid) distribuiscono plettri. L.G. scambia un paio di battute con un fan che gli regala la copia di una foto di sé con il cantante svedese, datata 1994: Petrov si compiace della sua bellezza giovanile, commentando "Ero pressochè un feto", e promettendo che si sarebbe poi masturbato su cotanta grazia fanciullesca. Parentesi demenziali a parte, i nostri lasciano vincenti il palco, dimostrando che una cosa non manca loro di certo: l’attitudine!
SETLIST ENTOMBED A.D.
Kill to Live I for an Eye Revel in Flesh Second to None Eyemaster Living Dead Stranger Aeons Pandemic Rage To Ride, Shoot Straight and Speak the Truth Out of Hand Wolverine Blues Damn Deal Done Chaos Breed Left Hand Path
---- ENCORE ----
Chief Rebel Angel Supposed To Rot Abnormally Deceased Serpent Speech
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